Il privato può chiedere al giudice ordinario la condanna della PA ad un ”facere”
Con Ordinanza 23 settembre 2021, n. 25843 la Suprema Corte di Cassazione, VI Sezione Civile, ha affermato che il privato può chiedere al giudice ordinario la condanna della P.A. ad un “facere”, poiché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell’amministrazione, bensì attività soggetta al rispetto del principio del “neminem laedere“.
La decisione, riafferma un principio già ampiamente esposto dalle Sezioni Unite (Cass. Civile Sez. Un. del 03/02/2016 n. 2052; del 04/10/2012 n. 16848; del 21/06/2012 n. 10285; del 14/03/2011 n. 5926; del 21/11/2011 n. 24410; del 22/12/2010 n. 25982; del 13/12/2007 n. 26108; del 21/04/2006 n. 9342; del 14/01/2005 n. 599; del 28/11/2005 n. 25036).
Nel caso de quo un cittadino interpellava il Giudice Ordinario per chiedere non solo la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento di un danno causato dal difetto di manutenzione dell’opera pubblica, ma, altresì, per richiedere la condanna ad un “facere” della stessa pubblica amministrazione, a prescindere dalla richiesta del risarcimento del danno.
Gli Ermellini hanno affermato che la pubblica amministrazione gode sì di un potere discrezionale nella scelta delle opere da eseguire (non censurabile dal giudice ordinario) nella sistemazione e manutenzione di aree o beni pubblici, delle regole tecniche, ovvero dei comuni canoni di diligenza e prudenza; tuttavia, l’inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un “facere“, giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell’amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del “neminem laedere“.
Infatti se è pur vero che ai sensi dell’art. 7 della Legge 21 luglio 2000, n. 205 (Legge di riforma della giustizia amministrativa) “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia”, è pur altrettanto vero che a seguito della Sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale, tale giurisdizione esclusiva non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non eserciti alcun potere autoritativo finalizzato al perseguimento di interessi pubblici alla cui tutela sia preposta, come nel caso di specie.
Ove la natura di manutenzione non sia ordinaria, bensì straordinaria (e quindi il carattere di straordinarietà amplierebbe il c.d. potere discrezionale della P.A. nella scelta delle opere da eseguire), sia pure rilevante per impegno di costi e di opere, ebbene, questa peculiarità non fa, tuttavia, venir meno la funzionalità dell’intervento alla gestione e conservazione del bene appartenente alla pubblica amministrazione, allo scopo di rispettare il precetto del “neminem ledere“.
La rilevanza ed imponenza della manutenzione, della quale il privato lamenta l’omissione a tutela del proprio diritto, non vale a spostare la fattispecie nell’orbita dell’esercizio del potere autoritativo, posto che è sempre in questione il rispetto del precetto del “neminem ledere“.
(Cass. Civile VI Sez. Ordinanza 23 settembre 2021, n. 25843)