L’indicazione separata dei costi della manodopera ex art. 95, co. 10, d.lgs. 50/2016 e le migliorie.

Nell’ambito di una procedura di gara per la realizzazione di un’importante struttura sanitaria di notevole interesse economico -da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economica più vantaggiosa sotto il triplice profilo tecnico, temporale ed economico-, l’operatore secondo classificato ha impugnato i provvedimenti di aggiudicazione in favore di altro concorrente deducendo una serie di motivi, tra cui, la violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs n. 50/2016.

Si tratta, come condivisibilmente ha dedotto il Consiglio di Stato, della previsione del Codice appalti la cui ratio è quella di consentire alla stazione appaltante, in un’ottica acceleratoria e di massima tutela e protezione dei lavoratori, di procedere alla verifica della congruità del costo della manodopera proposto dai concorrenti in base alle previsioni contenute nelle tabelle ministeriali e nei contratti collettivi applicabili.

In particolare, la contestazione operata in giudizio è fondata sul fatto che i costi della manodopera relativi alle migliorie proposte nell’ambito dell’offerta tecnica sarebbero stati esplicitati dall’aggiudicataria solo in sede di verifica dell’anomalia, e non invece indicati nel modulo dell’offerta economica alla voce “costi della manodopera”.

Il primo giudice, respinte le ulteriori censure, annullava tanto l’atto di ammissione alla gara del Rti ricorrente, quanto la declaratoria di congruità dell’offerta dell’operatore primo classificato e la consequenziale aggiudicazione, facendo salva sul punto la successiva riedizione del potere da parte della stazione appaltante.

Il giudice d’appello, nel riformare la sentenza impugnata, ha operato una ricostruzione puntuale della fattispecie normativa, rilevando l’errore logico e giuridico commesso dalla parte ricorrente nel ritenere violata la prescrizione di cui all’art. 95, co. 10, Codice appalti, ovvero quello di attrarre la fattispecie all’esame nel genus casistico dell’omessa indicazione o della non consentita variazione del costo della manodopera.

Rileva, il Supremo Consesso amministrativo, che il tratto peculiare che connota in senso distintivo il caso in oggetto dalle fattispecie chiamate a raffronto è rappresentato dal fatto che i costi del lavoro di cui qui si discute afferiscono ad interventi di miglioria e che gli stessi costi sono stati autonomamente considerati e contabilizzati dall’offerente ab initio, sia pure in una distinta parte dell’offerta poiché ricomprese nelle spese generali.

Secondo il Giudice amministrativo, quindi, “la mancata inclusione nel costo complessivo della manodopera dei costi del lavoro relativi alle sole opere di miglioria ed il loro inserimento nelle spese attinenti” non costituisce violazione della disposizione di cui all’art. 95, co. 10, d.lgs. 50/2016 e della lex specialis di gara poiché  l’art 95, comma 10, Codice appalti, impone all’operatore di  indicare nell’offerta economica “i propri costi della manodopera”, senza risolvere i dubbi concernenti la portata di tale indicazione, poiché non chiarisce se tale formulazione debba intendersi riferita anche alla componente dei costi relativi agli interventi migliorativi, da includersi necessariamente nella voce unitaria dei costi del lavoro dell’offerta economica.

Nel caso di specie, dunque, tanto la lex specialis, quanto la ratio dell’art. 95, co. 10, d.lgs. 50/2016, potevano legittimamente indurre a ritenere che “gli oneri della manodopera per l’esecuzione degli interventi migliorativi, esclusi dal progetto a base di gara, non dovessero essere indicati specificatamente nel modulo dell’offerta economica“.

(Consiglio di Stato Sez. III, 5.6.2020, n. 3573)