La Super League e le concessioni per l’uso degli Stadi

super leagueLa notizie della creazione della Super League ha avuto un effetto dirompente sul mondo calcistico e non solo. Tale effetto investe, quantomeno nel contesto italiano, anche i rapporti fra lo Stato e il mondo del calcio, a partire dai rapporti concessori riguardanti l’utilizzazione degli Stadi.

La competizione Super League e la “privatizzazione” delle competizioni sportive.

Come noto, la nuova competizione Super League è stata fondata e organizzata dai club più ricchi d’Europa: si tratta chiaramente di un’operazione commerciale, volta a creare un prodotto estremamente appetibile per il pubblico e dunque di maggior valore da vendere sul mercato. In un tale contesto, i meriti e i risultati sportivi  finiscono per divenire del tutto marginali, a fronte della maggiore importanza che riveste il peso economico del Club.

Fin qua, nulla di troppo diverso dai tornei estivi e dalle amichevoli precampionato: la novità risiede nel fatto che tale nuovo torneo prescinde dagli organi istituzionali dello sport continentale e mira a sostituirsi alle competizioni organizzate da questi ultimi. Addirittura, la rilevanza di questa nuova competizione è tale da investire anche i campionati nazionali, che sono in tal senso destinati a passare in secondo piano.

In sostanza, i club più ricchi sono fuoriusciti dalle competizioni e dai tornei organizzati dagli organi istituzionali per fondare un loro torneo “privato”, organizzato secondo le proprie regole,  ove godere in via esclusiva di tutti i benefici economici, senza l’intermediazione della Uefa e delle federazioni Nazionali e dunque senza l’ingerenza ovvero il controllo di  tutto ciò che attiene all’interesse pubblico.

Una tale operazione di “privatizzazione” sembra tuttavia dimenticarsi, quantomeno nel contesto Italiano,  della rilevanza che assume il gioco del calcio (e le relative competizioni istituzionali) ai fini dell’interesse e della funzione pubblica; per l’effetto, si dimentica anche del ruolo e della posizione che riveste in tale ambito lo Stato.

Particolarmente significativi in tal senso sono i rapporti concessori in forza dei quali i club sportivi utilizzano gli stadi.

Le concessioni in forza delle quali i Club utilizzano gli stadi e l’interesse pubblico sotteso ai rapporti concessori.

E’ noto come in Italia gli stadi di proprietà dei club siano un’eccezione. La regola infatti vede istaurare fra l’amministrazione e i Club sportivi un rapporto di natura concessoria per l’uso dell’impianto: rapporto che negli anni è divenuto sicuramente sempre più complesso e articolato proprio per via delle evoluzioni che hanno caratterizzato  il mondo del calcio. Tuttavia, nonostante la sempre maggiore complessità dei rapporti, è comunque rimasto immutato lo scopo e la rilevanza pubblicistica del rapporto concessorio, sebbene declinato in nuove e molteplici forme.

Deve precisarsi come anche gli stadi che “sembrano” di proprietà, come quello della Juventus, non sono in realtà completamente tali. Questo club è infatti titolare di un diritto di superficie su un’area comunale per un periodo di tempo prestabilito: il che lascia emergere anche in questo caso il “fumus” pubblicistico. Il tutto senza voler considerare gli obblighi derivanti dalle convenzioni urbanistiche che hanno disciplinato la realizzazione dell’impianto e che regolano l’uso dello stesso, ove risulta forte anche il perseguimento di un interesse pubblico.

In questo contesto appare dunque evidente la rilevanza del ruolo dello Stato nell’istituzione e nella gestione di  questi rapporti concessori. Ed appare altresì rilevante l’interesse e la funzione pubblica sottesa a tali rapporti.

Occorre in tal senso precisare che l’interesse e la funzione pubblica alla base del rapporto concessorio per l’uso di uno stadio, non può ritenersi limitato a quello relativo alla gestione e alla valorizzazione dell’impianto. Si tratta invece di un interesse e di una funzione pubblica ben più ampia direttamente proporzionato alla rilevanza che assume il gioco del calcio. In tal senso, l’interesse pubblico sotteso al rapporto concessorio  trova la sua ragione nel valore che assume il gioco calcio nel contesto nazionale e nel significato che esso assume anche per l’Ordinamento: si tratta in tal senso di un interesse e di una funzione pubblica che risponde e che diviene espressione di quell’insieme di principi e valori che incardina lo sport e che assumono rilevanza finanche costituzionale.

Questo spiega la costante presenza nel mondo del calcio dello Stato che, con organismi istituzionali a ciò deputati, non solo fornisce le linee di indirizzo, ma interviene direttamente “aiutando” ovvero “agevolando”  gli operatori. In estrema sintesi, la rilevanza pubblicistica che assume il gioco del calcio, per via di tutti gli aspetti e le sfaccettature che lo caratterizzano, spiega l’intervento costante dello Stato in questo mondo.

Le concessioni forza dei quali viene consentito l’uso ai club degli impianti sportivi sono una delle tante espressioni di tale intervento.

L’operazione Super League e la sua incidenza sui rapporti concessori

In un tale contesto deve essere esaminata l’operazione Super League.

La totale privatizzazione di una competizione sportiva e la chiara volontà di sostituirsi alle competizioni istituzionali, estromette inevitabilmente lo Stato e gli organismi istituzionali sia nazionali, sia europei, da ogni forma di controllo, organizzazione ed indirizzo.

Indipendentemente da ogni discussione circa la legittimità ovvero circa la bontà di una tale operazione, è evidente come essa incida radicalmente sui presupposti alla base dei rapporti concessori relativi all’uso degli stadi.

In primo luogo, non può non osservarsi come l’uso dello stadio per la partecipazione ad una competizione calcistica a tutti gli effetti “privata” come è la Super League, posta al di fuori degli organi istituzionali dello sport Europeo e Nazionale, appare del tutto incompatibile con la rilevanza pubblicista del gioco del calcio, così minando i presupposti  sulla base dei quali è stato  istaurato un rapporto concessorio per  l’uso dello stadio.

In altre parole, la concessione in uso di un bene pubblico per la partecipazione ad una competizione assolutamente “privata”, e svuotata di ogni rilevanza pubblicistica, appare del tutto incompatibile con la sostanza dei rapporti concessori che, come noto, presuppongono la sussistenza dell’interesse pubblico. In tal senso, lo scopo del rapporto concessorio finisce per assumere una valenza del tutto privatistica, totalmente estranea dall’ambito pubblico ove esso è sorto

Oltre a ciò, la totale estromissione dei soggetti istituzionali dall’organizzazione e dalla gestione di un tale torneo, limita (se non proprio priva) lo Stato del potere di controllo pubblico e dunque di indirizzo nel perseguimento delle finalità pubbliche legate a tale attività.

Tale limitazione del potere dello Stato investe anche l’uso dello stadio, atteso che la limitazione del potere di controllo e di indirizzo della competizione si riflette in modo assolutamente proporzionato anche nel rapporto concessorio e in particolare nel perseguimento e nella tutela dell’interesse pubblico mediante l’uso dell’impianto.

Sotto altro profilo non possono ignorarsi gli effetti di una tale competizione sul torneo nazionale e dunque sul resto della collettività di sportivi e tifosi: infatti, se da un lato la partecipazione alla Super League per le tre squadre italiane potrebbe rappresentare un momento di elevazione e di scatto di livello, dall’altro determinerebbe un impoverimento e un abbassamento di livello del campionato nazionale al quale continuano a partecipare le altre squadre. Ad un vantaggio di appena tre club conseguirebbe un pregiudizio di tutte le altre squadre e di tutti gli altri tifosi e più in generale del torneo nazionale.

Tutto ciò è chiaramente inconciliabile con l’interesse pubblico perseguito dallo Stato in relazione al gioco del calcio. E tutto ciò è altrettanto chiaramente inconciliabile con l’interesse pubblico sotteso ai rapporti concessori in forza dei quali i club sportivi utilizzano gli stadi.

Infine, non può ignorarsi come l’operazione Super League sia assolutamente inconciliabile con la funzione pubblica del gioco del calcio: in tale senso il modello di competizione sportiva ove prevale il dato commerciale a scapito della merito sportivo e ove il dato economico sia assolutamente divisivo, appare incompatibile con i valori e i principi dello sport recepiti e promossi dall’Ordinamento ed espressione dell’interesse pubblico che informa il rapporto concessorio.

Proprio tale incompatibilità preclude l’instaurazione e il mantenimento dei rapporti concessori legati all’uso di impianti sportivi, i quali non possono costituire lo strumento per la partecipazioni a competizioni assolutamente incompatibili con i principi dell’Ordinamento.

Gli sviluppi dell’operazione Super League e la rilevanza delle sanzioni applicate.

Le ultime considerazioni in ordine a tale spinosa questione riguardano, inevitabilmente, gli effetti delle minacciate sanzioni ai club “scissionisti”, anche rispetto ai rapporti concessori.

E’ infatti evidente che, qualora fossero effettivamente applicate ai club le sanzioni invocate e in particolare quelle relative all’esclusione dal campionato italiano e dai tornei internazionali, verrebbe chiaramente meno un presupposto fondamentale dei rapporti in ragione dei quali viene concesso l’uso degli stadi: l’esclusione dal campionato “istituzionale” pregiudicherebbe definitivamente e formalmente la funzione e lo scopo alla base della concessione per l’uso degli stadi, tale addirittura da giustificarne la revoca.

In questo contesto, non ci può esimere da un’ultima considerazione relativa alle molteplici iniziative per la realizzazione di nuovi stadi e nuovi impianti: in tal senso, se la realizzazione dello stadio diviene uno degli strumento mediante il quale partecipare ad una competizione privata, priva della benché minima rilevanza pubblicistica, allora viene meno – o quantomeno viene compromesso  – l’interesse pubblico che giustifica il ricorso a procedure agevolate per favorire la realizzazione dei nuovi impianti.

Conclusioni

Tali prime considerazioni a caldo, frutto probabilmente della passione per tale sport (e pertanto inevitabilmente compromesse dalla stessa), ci mostrano tuttavia la rilevanza che assume una totale privatizzazione delle competizioni sportive: privatizzazione tale da compromettere quei rapporti, in particolare quelli relativi alle concessioni per l’uso degli stadi, ove è invece forte e assolutamente rilevate la componente pubblicistica.

Da qui, la necessità di una nuova discussione dei rapporti concessori, in ragione di questo nuovo assetto totalmente privato del mondo del calcio.