Normativa statale e regionale in materia di rinnovabili: come comporre l’eventuale contrasto?

Normativa statale e regionale in materia di rinnovabili: come comporre l’eventuale contrasto?

Lo Stato prevede un regime autorizzatorio semplificato in relazione ad alcune tipologie di impianti FER. Qual è la sorte della normativa regionale previgente? Prevale la legge sopravvenuta dello Stato o resiste quella antecedente della Regione?

È quanto ha stabilito il T.A.R. Umbria, sez. I, 14.6.2024, n. 473, il quale ha annullato un provvedimento di “irricevibilità” di una comunicazione di inizio lavori (CIL) presentata da un operatore intenzionato a installare un impianto fotovoltaico ai sensi dell’art. 22-bis, d.lgs. 199/2021.

La vicenda

Un operatore economico invia al Comune una CIL per la realizzazione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico di potenza pari a 18.960,48 kW in un’area a destinazione industriale. Data la tipologia, la potenza e la localizzazione dell’opera, l’operatore ritiene di poter procedere proprio tramite CIL, in base all’art. 22-bis, d.lgs. 199/2021, il quale dispone che “[l]’installazione, con qualunque modalità, di impianti fotovoltaici su terra e delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati” fatte salve le valutazioni ambientali di cui al Codice dell’ambiente. Si tratta di una disposizione introdotta nell’ordinamento dall’art. 47, co. 1, lett. b), del d.l. n. 13/2023.

Dal canto suo, però, il Comune non è d’accordo: in base ai regolamenti regionali previgenti (l’ultimo è del 2022) l’intervento in questione dovrebbe essere assoggettato ad autorizzazione unica, rilasciata ai sensi dell’art. 12, d.lgs. 387/2003. Si tratta, infatti, di un’opera di potenza superiore a 1000 kWe e, pertanto, il regime della CIL non è sufficiente.

Alla luce di ciò, il Comune notifica all’operatore economico un provvedimento nel quale viene dichiarata “irricevibile” la CIL presentata da quest’ultimo. Tale provvedimento viene così impugnato dinnanzi al T.A.R. dall’interessato, il quale denuncia, tra le altre cose, una violazione dei principi che regolano il riparto di potestà normativa tra Stato e regioni in materia.

Contrasto tra normativa statale e quella regionale: le coordinate nell’ambito degli impianti FER

Il T.A.R. ha accolto il ricorso presentato dall’operatore economico, facendo il punto su alcuni principi importanti in materia di fonti rinnovabili. Per fare ciò, il giudice ha percorso alcuni passaggi fondamentali.

In primo luogo, nel caso di specie erano incontestate le condizioni di fatto dell’impianto, circa la potenza, la localizzazione e, soprattutto, la vocazione d’uso del terreno dove avrebbe dovuto essere installato, ossia una zona industriale.

Preso atto di ciò, il T.A.R. ha rilevato un oggettivo contrasto tra le disposizioni in materia: da un lato, infatti, la legge dello Stato introdotta nel 2023 faceva ricadere tali tipologie di impianti nell’edilizia libera, assoggettandoli quindi al semplice regime della CIL; dall’altro lato, invece, la Regione aveva disposto nel 2022 che tali impianti fossero realizzabili soltanto previo rilascio di un’autorizzazione unica.

Per risolvere l’antinomia, il T.A.R. ha guardato all’art. 117 Cost., che disciplina il riparto della potestà normativa tra Stato e regioni. In particolare, le due disposizioni rilevanti nel caso di specie prevedevano un differente titolo edilizio per il medesimo intervento. Chiarito questo aspetto, il T.A.R. ha richiamato la giurisprudenza costituzionale stratificatasi in materia, precisando che “la definizione delle categorie di interventi edilizi a cui si collega il regime dei titoli abilitativi costituisce principio fondamentale della materia concorrente “governo del territorio”, vincolando così la legislazione regionale di dettaglio”.

Pertanto, la legge dello Stato che fissa un nuovo principio fondamentale, anche se sopravvenuta, abroga la legge regionale in contrasto con essa. Anche se non richiamato espressamente, in questo caso il T.A.R. ha chiarito che si applica il criterio della lex posterior.

Laddove lo Stato contempla un regime semplificato per il rilascio di un titolo edilizio, quindi, le regioni non possono prevedere procedure più gravose, pena la violazione dei “principi fondamentali” della materia. Ciò è coerente, peraltro, con la prassi del legislatore statale che conferisce la facoltà alle regioni di prevedere ulteriori semplificazioni in materia, innalzando, per esempio, le soglie per utilizzare la CIL o la procedura abilitativa semplificata. Non è legittimo, però, il contrario.

La pronuncia è importante perché chiarisce ancora una volta i principi che regolano il riparto di potestà normativa nell’ambito delle procedure per il rilascio dei titoli abilitativi per l’istallazione degli impianti FER. Si tratta di principi sempre più importanti, data anche la mole di interventi del legislatore, sempre più frequenti, volti ad accelerare il ricorso a tali tipi di tecnologie.