Occupazione abusiva di demanio marittimo: la proroga delle concessioni balneari.
La proroga di cui al d.l. 88/2001 (e successive) si applica alle concessioni balneari “nuove” ossia successive all’entrata in vigore del d.l. n. 88/2001 quindi rilasciate successivamente al 18.4.2001.
Così ha precisato la recente sentenza della Terza Sezione penale della Cassazione del 22.4.2022.
Il caso
La pronuncia della Suprema Corte è stata resa nell’ambito di un giudizio di impugnazione avente ad oggetto il reato di occupazione abusiva di spazio demaniale marittimo ex art. 1161 del Codice della navigazione.
Ai fini cautelari, lo stabilimento balneare in questione era stato posto sotto sequestro.
La difesa dell’imputato aveva sostenuto in giudizio che le pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del novembre 2021 costituissero un “fatto sopravvenuto”, idoneo ex art. 321, comma 3 c.p.p. a far venir meno le condizioni di applicabilità del sequestro dello stabilimento balneare disposto dall’autorità giudiziaria.
Nell’ambito della propria decisone, la Corte ha avuto modo di ripercorrere l’evoluzione della normativa nazionale ed europea in materia di proroghe dei termini di durata delle concessioni dei beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative, soffermandosi, in particolare, sulla portata applicativa delle ultime pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nn. 17 e 18 del novembre 2021.
La decisione della Corte
Al fine di escludere l’applicabilità delle pronunce nel caso di specie, la Corte ha in primo luogo ricordato il contenuto delle sentenze.
Con le sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la proroga delle concessioni demaniali, da ultimo disposta dall’art. 1, commi 682 e 683, Legge 30.12.2018 n. 145, è da ritenersi illegittima. L’Adunanza Plenaria ha altresì sostenuto che in assenza di un apposito intervento legislativo di riordino della materia – e noto l’impatto economico e sociale che l’immediata disapplicazione delle proroghe in vigore comporta – a far data dal 1° gennaio 2024 le concessioni debbano intendersi come scadute e che un eventuale nuovo provvedimento di proroga dovrà intendersi come privo di effetto, in quanto contrastante con le norme comunitarie in materia, confermando la necessità di affidare tali concessioni balneari all’esito di procedure ad evidenza pubblica.
Secondo i Giudici della Corte di Cassazione, le pronunce dell’Adunanza Plenaria hanno inciso in via temporanea “solo ed esclusivamente sulle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative rientranti nell’ambito di applicativo della normativa nazionale di proroga”, e non sarebbero applicabili nel caso di specie.
Secondo i giudici, infatti, la concessione rilasciata al proprietario dello stabilimento posto sotto sequestro era stata rilasciata nel 1998 e risultava definitivamente scaduta il 31.12.2009.
Alla concessione in parola, infatti, non sarebbe applicabile la proroga tacita introdotta dall’art. 1, comma 18 del d.l. n. 194/2009 (Legge 26.2.2010, n. 25) e successivamente reiterata dalla Legge n. 228/2012 e dalla Legge n. 145/2018. La proroga disposta dalla normativa in esame era infatti riferita alle concessioni nuove, ovvero agli atti ampliativi che sono stati disposti successivamente all’entrata in vigore del d.l. n. 88/2001 e tale non poteva dirsi, secondo le pronunce già rese in merito dalla Cassazione, il provvedimento di rinnovo disposto dal Comune in favore del titolare della concessione giacché andava a rinnovare una concessione rilasciata prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 88/2001.
Solo dunque le concessioni o gli atti ampliativi soggetti alla disciplina della proroga automatica introdotta dal d.l. n. 88/2001 hanno potuto beneficiare delle proroghe che a partire dal 2009 il legislatore ha introdotto e reiterato. Solo queste ultime, infatti, sono rimaste valide grazie agli interventi del legislatore, a prescindere dall’abrogazione del meccanismo della proroga automatica di 6 anni introdotta proprio con il d.l. n. 88/2001 all’art. 1, comma 2 del d.l. n. 400/1993, e definitivamente abrogata con il d.l. n. 217/2011.
Di conseguenza, i Giudici hanno ritenuto non applicabili al caso in esame le pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che hanno rinviato al 31.12.2023 la disapplicazione della normativa nazionale di proroga delle concessioni.
Di qui, i Giudici della Cassazione hanno ravvisato l’occupazione del demanio marittimo come abusiva ed integrante il reato di cui all’art. 1161 del Codice della Navigazione, ravvisabile ogni qual volta vi sia un’occupazione di uno spazio demaniale marittimo non legittimata da un valido ed efficace titolo concessorio o quando il titolo in questione sia scaduto o divenuto inefficace.
Confermando le osservazioni del Tribunale del Riesame, i Giudici di Cassazione hanno infine precisato che le pronunce dell’Adunanza Plenaria non legittimano alcuna proroga generalizzata delle concessioni ma varrebbero a riaffermare l’illegittimità delle leggi nazionali di proroga rispetto alla direttiva Bolkenstein del 2006.
Quindi, in definitiva, la proroga delle concessioni balneari trova applicazione solo per le concessioni “nuove” dovendosi ritenere tali solo quelle successive all’entrata in vigore del d.l. n. 88/2001.