Revisione dei prezzi tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto: il rischio è perdere tutto!

Revisione dei prezzi tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto: il rischio è perdere tutto!Una recente sentenza del TAR Lombardia ha posto l’attenzione sul tema della revisione e degli adeguamenti dei prezzi che intervengono nella delicata fase tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto.

La sentenza è di particolare interesse perché oltre ad affrontare il tema dell’aumento dei prezzi in vista della sottoscrizione del contratto, offre un particolare punto di vista in merito all’escussione della garanzia provvisoria.

IL CASO

Nel gennaio 2021 la società ricorrente aveva partecipato ad una gara per la fornitura di ausili per disabili ad alcuni enti sanitari regionali. Già all’atto della pubblicazione del bando la ricorrente si rendeva conto che i prezzi posti a base di gara erano decisamente inferiori a quelli previsti per l’omologa gara indetta tuttavia nel 2017. Pur sottoponendo all’attenzione della stazione appaltante tale circostanza, l’amministrazione riteneva di non dover addivenire ad alcuna modifica della base d’asta.

Nel marzo del 2021, la società ricorrente aveva proceduto comunque a formulare un’offerta, consapevole dell’inadeguatezza della stessa in ragione dell’aumento dei prezzi delle materie prime, dei noli e della logistica verificatosi nell’ultimo periodo. La ricorrente era poi risultata aggiudicataria di 16 lotti (dei 51 previsti dalla gara).

In vista della stipula della convenzione, la società aveva chiesto alla stazione appaltante di adeguare i prezzi previsti in considerazione delle circostanze imprevedibili verificatesi nel periodo successivo alla presentazione dell’offerta e, dunque, di variare gli importi in deroga alle disposizioni contenute nello schema di convenzione.

Nel novembre 2021 l’offerta della società era ancora vincolante e, dunque, a fronte del rifiuto di sottoscrivere la convenzione, la stazione appaltante aveva disposto la revoca dell’aggiudicazione, con il conseguente incameramento della cauzione provvisoria.

Nel ricorso presentato innanzi al TAR Lombardia, la società ha sostanzialmente censurato il comportamento tenuto dalla stazione appaltante che, a fronte dell’illegittimità dei prezzi fissati a basa d’asta nonché del mancato adeguamento degli stessi alla situazione di mercato, aveva preteso comunque la stipula del contratto. Secondo la ricorrente, la pretesa di stipulare il contratto in simile condizione era da ritenersi contraria a buona fede e correttezza traducendosi, inoltre, in un vantaggio economico per la stazione appaltante a danno dell’operatore.

L’erroneità dei prezzi posti a base di gara e le differenti condizioni di mercato tra la data di presentazione dell’offerta e la data di aggiudicazione dell’appalto avrebbero peraltro comportato la carenza di remuneratività dell’appalto.

Nel caso di specie, infatti, secondo la ricorrente, la stazione appaltante avrebbe dovuto adeguare il corrispettivo dovuto all’operatore economico facendo applicazione dell’art. 106, comma 1, lett. c), del d.lgs. 50/2016 nonché dell’art. 1664 c.c., e dunque predisponendo una variante.

Di qui l’illegittimità anche del provvedimento di incameramento della cauzione provvisoria, in quanto non sarebbe stato imputabile all’operatore la decisione di non stipulare il contratto alle condizioni indicate nell’offerta.

Il TAR ha tuttavia rigettato il ricorso in relazione alla revoca dell’aggiudicazione, mentre ha dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario con riferimento all’escussione della cauzione.

LA REVISIONE DEI PREZZI

Con riferimento alla revoca dell’aggiudicazione, il Collegio ha osservato che, nello schema di convenzione, la stazione appaltante aveva precisato che i corrispettivi dovevano restare immutati nel corso dell’esecuzione. Partecipando alla gara, la società aveva accettato simile condizione, salvo poi chiedere all’Amministrazione di mantenere l’aggiudicazione dei vari lotti ma di mutare i corrispettivi dovuti, osservando come l’offerta formulata non potesse ritenersi più congrua e remunerativa a causa dell’incremento dei prezzi medio tempore registrato.

Secondo i giudici, il rifiuto dell’amministrazione di accogliere tale richiesta era del tutto legittimo e conforme a quanto previsto dalla lex specialis, sul punto chiara nel prevedere l’impossibilità di adeguamento dei prezzi, avvertendo i partecipanti alla gara che l’alea ricade necessariamente sugli stessi operatori: tali previsioni costituiscono un “auto-vincolo dell’azione amministrativa e non possono, quindi, derogarsi obliterando la par condicio tra i vari contendenti che partecipano alla gara (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 2.3.2021, n. 1788)”.

Accanto a ciò, i giudici hanno precisato che le tempistiche della gara non erano tali da poter sostenere “la non prevedibilità da parte di un operatore economico accorto e diligente dell’aumento dei prezzi con conseguente attenzione e prudenza nella modulazione delle offerte”.

L’accoglimento della pretesa avanzata dal ricorrente prima della stipula del contratto (e, quindi, in una fase differente dall’esecuzione) avrebbe prodotto l’effetto di alterare il confronto tra gli operatori, finendo per “premiare” il concorrente che indica il prezzo maggiormente competitivo e che successivamente ne invoca l’insostenibilità delle condizioni originarie del contratto.

Nella delicata fase tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, le mutate condizioni del mercato che rendono non remunerativa l’offerta possono legittimare un ritiro dell’operatore dalla gara o la non accettazione della stipula, ma non possono supportare la pretesa ad ottenere la commessa a prezzi differenti e senza riapertura di un nuovo dialogo competitivo. In tale fase, dunque, non risultano invocabili “gli istituti posti a governo delle sopravvenienze contrattuali che, per l’appunto, riguardano la fase di esecuzione del contratto e le alterazioni che possono generarsi nel corso della durata del negozio ma non si riferiscono, invece, ad una fase antecedente alla stipula ove l’eventuale insostenibilità si traduce nella possibilità di non sottoscrivere il contratto”.

Richiamando un precedente del TAR Brescia, i giudici hanno precisato che “l’istanza di revisione del prezzo formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto risulti non supportata da alcuna previsione legale in quanto effettuata in un momento in cui, non essendo ancora in essere alcun rapporto contrattuale, non è giuridicamente ipotizzabile né ammissibile alcuna ipotesi di revisione del prezzo, che per sua natura presuppone un contratto (ad esecuzione continuata e periodica) già in corso; e così come nel corso del rapporto contrattuale l’impresa appaltatrice è tutelata, in caso di un esorbitante aumento dei costi del servizio, dall’istituto della revisione del prezzo (ove previsto dagli atti di gara) ovvero dalla possibilità di esperire i rimedi civilistici di risoluzione del vincolo sinallagmatico, nel diverso caso in cui l’evento imprevisto e imprevedibile si verifichi prima della stipulazione del contratto, l’impresa aggiudicataria è tutelata con la possibilità di rifiutare la sottoscrizione del contratto, una volta cessata la vincolatività della propria offerta (T.A.R. per la Lombardia – sede di Brescia, Sez. I, 10.3.2022, n. 232)”.

L’ESCUSSIONE DELLA GARANZIA

Con riferimento invece alla domanda di annullamento dei provvedimenti di escussione della garanzia, il Collegio ha declinato la giurisdizione in favore del giudice ordinario.

Secondo i giudici, infatti, nel caso di specie la società aveva chiesto di accertare l’insussistenza dei presupposti per l’escussione della polizza stante la mancata stipula del contratto conseguente al rifiuto della stessa alla conclusione del negozio. In altre parole, la ricorrente aveva invocato l’accertamento negativo dei presupposti della pretesa indennitaria fatta valere dall’Amministrazione.

Secondo il TAR, tale domanda non rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo per due ordini di ragioni.

La prima, in quanto l’escussione della polizza non è una conseguenza automatica di un provvedimento amministrativo autoritativo. Nel caso di specie, infatti, la revoca dell’aggiudicazione non sarebbe espressione di un potere di natura pubblicistica, né un provvedimento di secondo grado con il quale l’Amministrazione rivede le proprie determinazioni, ma costituirebbe semplicemente la conseguenza del rifiuto della parte di stipulare il contratto. Precisa, infatti, il Collegio che “nel caso all’attenzione del Collegio, l’aspetto fondamentale non è tanto la collocazione della vicenda nella c.d. “fase deliberativa dell’aggiudicazione” o nella fase esecutiva del contratto quanto la constatazione che l’escussione della polizza non è atto conseguente all’esercizio di un potere pubblicistico ma al rifiuto della stipula e, quindi, alla mancata conclusione del contratto. In sostanza, nel caso di specie non vi è quel “nesso di automaticità tra l’escussione della fideiussione ed un provvedimento amministrativo” a cui fanno riferimento le Sezioni unite della Corte di Cassazione (Cassazione civile, Sezioni Unite, 31.3.2021, n. 9005)”.

Precisa ancora il Collegio che la giurisprudenza è costante nel ritenere che la cauzione provvisoria assolve alla funzione di garanzia del mantenimento dell’offerta. In particolare, da un lato, presidia la serietà dell’offerta e il mantenimento di questa da parte di tutti i partecipanti alla gara fino al momento dell’aggiudicazione; dall’altro, garantisce la stipula del contratto da parte della offerente che risulti, all’esito della procedura, aggiudicatario: “pertanto, la cauzione:  i) “si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa ad una gara pubblica”; ii) ne presidia “l’obbligo di diligenza” e va ricondotto alla caparra confirmatoria “perché è finalizzata a confermare l’impegno da assumere in futuro” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 10.12.2014, n. 34; Consiglio di Stato, Sez. IV, 22.12.2014, n. 6302; Id., Sez. V, 27.10.2021, n. 7217; nella giurisprudenza del Tribunale, cfr.: T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. IV, 11.2.2022, n. 325; nella giurisprudenza civile, cfr.: Cassazione civile, Sezioni unite, 4.2.2009, n. 2634)”.

Accanto a ciò, i giudici hanno ritenuto che la giurisdizione del giudice ordinario deriverebbe dalla stessa natura della cauzione in esame. La polizza in questione offriva copertura nel caso di mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione, prevedendo che il garante corrispondesse l’importo dovuto, nei limiti della somma garantita, entro il termine di quindici giorni dal ricevimento della semplice richiesta scritta della stazione appaltante.

Nel caso di specie, poteva parlarsi di un vero e proprio contratto autonomo di garanzia, che mira a tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale (nel caso di specie, la stipula del contratto). A fondare tale assunto le clausole stesse del contratto e, in particolare:

i) la previsione che individua la prestazione dovuta, consistente nel pagamento di una somma di denaro in caso di inadempimento all’obbligo di stipula del contratto;

ii) la previsione che impone l’obbligo di versamento dell’indennizzo dovuto in conseguenza delle inadempienze a “semplice richiesta scritta” del beneficiario;

iii) la mancata previsione dell’obbligo di preventiva escussione;

iv) la rinuncia al termine di cui all’articolo 1957 c.c.;

v) la surrogazione della Società garante nella posizione del beneficiario in tutti i diritti, ragioni ed azioni verso il contraente nei limiti delle somme pagate al beneficiario.

Osservano a tal proposito i giudici che “mentre con la fideiussione è tutelato l’interesse all’esatto adempimento dell’unica prestazione principale (per cui il fideiussore è un “vicario” del debitore), l’obbligazione del garante autonomo è qualitativamente altra rispetto a quella dell’ordinante, sia perché non necessariamente sovrapponibile ad essa, sia perché non rivolta al pagamento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore. In questo caso si è dinanzi ad una garanzia di tipo indennitario che mira a tutelare il creditore per l’inadempimento all’obbligo di stipula e non, al contrario, dinanzi ad una garanzia di tipo satisfattorio caratterizzata dal rafforzamento del potere del creditore di conseguire il medesimo bene dovuto (cfr., Cassazione civile, Sezioni unite, 18.2.2010, n. 3947)”.

Rilevante tra i vari aspetti evidenziati dai giudici, sarebbe proprio la possibilità di ottenere un pagamento in tempi brevi, che assimila la garanzia ad una sorta di cauzione e che, dunque, fa emergere il carattere autonomo della garanzia che abilita alla riscossione delle somme, a prescindere, quindi, dal rapporto garantito.

Il carattere autonomo della garanzia fonda, secondo i giudici, una ulteriore ragione autonoma per declinare la giurisdizione in favore del Giudice ordinario, in ragione dell’autonomia dei rapporti in questione, nonché del fatto che nel rapporto di garanzia viene coinvolto un soggetto terzo e la P.A. non interviene neppure mediatamente quale soggetto titolare di pubblici poteri. Per questo il rapporto resta estraneo alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.

(TAR Lombardia, Milano, 10.6.2022, n. 1343)