L’istituto della revisione prezzi negli appalti di servizi di igiene urbana: il Consiglio di Stato “boccia” l’automatismo.

Nell’ambito degli appalti di servizi, una delle problematiche che non di rado investe la fase esecutiva, riguarda l’istituto della revisione dei prezzi.

In questa precedente news è stato affrontato il tema attuale della mancata stipula del contratto sempre all’interno dell’affidamento di un servizio di igiene urbana.

Nella pronuncia oggetto della news, il Consiglio di Stato offre una disamina ben precisa e puntuale dell’istituto in occasione di una lite insorta tra un operatore economico privato ed un’amministrazione locale a fronte della richiesta di pagamento formulata dall’impresa dell’ulteriore corrispettivo a suo dire dovutole per i maggiori costi sostenuti per la prosecuzione del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani imposto con ordinanza sindacale nelle more della conclusione dell’iter di affidamento dei servizi con procedura ad evidenza pubblica.

Nel corso del primo grado del giudizio, il Tribunale amministrativo adito, premessa una sintetica ricostruzione della vicenda sottesa al ricorso e rilevato che si verteva in controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. q), del codice del processo amministrativo (sia per l’an, sia per il quantum della pretesa), respingeva il ricorso, ritenendo che nella fattispecie oggetto di causa non sussistessero gli estremi dell’illecito extracontrattuale posto a base della domanda risarcitoria, tanto più che l’ordinanza sindacale di proroga del servizio non era stata impugnata dalla società.

Deve precisarsi, infatti, che il codice del processo amministrativo devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie che, seppur inerenti la fase esecutiva del contratto (e, dunque, attinenti al rapporto paritetico tra le parti), riguardano “… le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili ed urgenti, emanati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale, d’igiene pubblica e dell’abitato …“.

Avverso la sentenza, la società ha interposto appello sull’assunto che il primo giudice avrebbe qualificato erroneamente la domanda risarcitoria di parte, laddove con essa si rivendicava il diritto ad un indennizzo adeguatamente remunerativo dell’imposizione –ex se legittima– di prosecuzione del servizio, riconducendo la fattispecie ad un’ipotesi tipica di illecito di natura contrattuale e non extracontrattuale, come contrariamente era stata qualificata dal giudice di primo grado,

Il Consiglio di Stato, nel dirimere la questione, ha acclarato l’infondatezza nel merito dell’appello nonostante l’impresa avesse dedotto in giudizio di aver subito un danno dal mantenimento delle originarie condizioni economiche per carenza della remuneratività nell’esecuzione del servizio imposto con ordinanza sindacale dall’Ente civico.

Il Supremo Consesso amministrativo, tuttavia, prima di esaminare nel merito la vicenda, ha rimarcato la legittimità e la ratio sottesa all’imposizione della prosecuzione del servizio di raccolta dei rifiuti urbani da parte delle amministrazioni, qualora si avvalgano del precedente gestore.

Censurando la condotta posta in essere dall’Ente civico sotto il profilo della mancata pianificazione tempestiva dei provvedimenti necessari alla definizione delle procedure, la questione infatti, come deduce il Giudice amministrativo, è stata più volte affrontata in giurisprudenza, la quale ha affermato i seguenti principi “… deve ritenersi legittimo il ricorso allo scopo all’istituto della ordinanza contingibile ed urgente, finanche laddove il Comune non si sia tempestivamente attivato per la indizione della gara per l’affidamento di tale servizio, in quanto la situazione di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente connesse alla gestione dei rifiuti, non fronteggiabile adeguatamente con le ordinarie misure, legittimano comunque il Sindaco all’esercizio dei poteri extra ordinem riconosciutigli dall’ordinamento giuridico e, di fronte all’urgenza di provvedere, non rileva affatto chi o cosa abbia determinato la situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere … non potendo ammettersi l’interruzione del servizio di igiene urbana per le intuibili gravissime conseguenze dannose che essa comporterebbe sul piano igienico-sanitario … e su quello ambientale … oltre che sulla vita dei cittadini”.

Prima di esporre le argomentazioni alla base della motivazione della sentenza, il Consiglio di Stato ha sottolineato, in generale, i limiti che incontra il potere di ordinanza, stabilendo espressamente che “l’esecuzione del servizio, disposta in forza di ordinanza contingibile ed urgente, non può essere imposta a condizioni non remunerative, determinandosi altrimenti un contrasto con l’esigenza del giusto compenso e con il principio secondo il quale l’esercizio del potere di ordinanza … deve limitarsi in linea di massima ad imporre misure tali da comportare il minore sacrificio possibile per il destinatario. Per poter contestare tale imposizione, tuttavia, la Società avrebbe dovuto tempestivamente impugnare l’ordinanza, non dolersi successivamente degli effetti della sua applicazione“.

Successivamente il Giudice di secondo grado si sofferma sull’istituto della revisione prezzi, deducendo che essa si applica ai contratti di durata, ad esecuzione continuata o periodica, trascorso un determinato periodo di tempo dal momento in cui è iniziato il rapporto e fino a quando lo stesso non sia cessato ed eventualmente sostituito da un altro.

Con la previsione dell’obbligo di revisione del prezzo, chiarisce il Consiglio di Stato, “i contratti di forniture e servizi sono stati muniti di un meccanismo che, a cadenze determinate, comporta la definizione di un “nuovo” corrispettivo per le prestazioni oggetto degli stessi, con beneficio per entrambi i contraenti: se, per un verso, l’appaltatore vede ridotta, anche se non eliminata, l’alea propria dei contratti di durata, per altro verso la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento della qualità o quantità di una prestazione, divenuta per l’appaltatore eccessivamente onerosa o, comunque, non remunerativa … Si vuole cioè evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto … e nel contempo alteri l’equilibrio contrattuale in ragione delle modifiche dei costi sopraggiunte durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurre ad una surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni …”.

Tuttavia, premesso quanto innanzi, il Consiglio di Stato chiarisce che la clausola di revisione prezzi non opera automaticamente: “È stato tuttavia anche chiarito che l’inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, non comporta il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto l’obbligo che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti … In tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza, rilevando altresì che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante … che deve effettuare un bilanciamento con l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato. La giurisprudenza ha infine affermato che l’istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, modello che sottende l’esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale dell’Amministrazione nei confronti del privato contraente, potendo quest’ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con la prima solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa. Ne deriva che sarà sempre necessaria l’attivazione – su istanza di parte – di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l’attività istruttoria volta all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo … il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge … “.

Le argomentazioni appaiono chiare ed esaustive: anche nell’ipotesi in cui un contratto ad esecuzione continuata e periodica (quale quello di cui si discute ovvero il servizio di igiene urbana) preveda una clausola di revisione prezzi, essa non opera in virtù di un automatismo, bensì presuppone un’input del privato volto a sollecitare l’avvio di un procedimento amministrativo nel quale confluiranno le decisioni (discrezionali) dell’Amministrazione circa la revisione.

Non può sottacersi che tale scelta, se per un verso opera in favore dell’Ente onde scongiurare un rischio di aumento costi e/o riduzione qualitativa-quantitativa dei servizi resi, per altro verso pone il privato in una posizione di aspettativa di mero fatto, certamente tutelabile nelle forme di legge.

(Cons. St. Sez. II, 14 giugno 2021, n. 4563)