Rigenerazione urbana nel Lazio e a Roma: le novità della L.R. 19/2022 e della Circolare DPAU del 24.10.2022.

Rigenerazione urbana nel lazioTorniamo a trattare di rigenerazione urbana nel Lazio (e a Roma). Negli ultimi mesi, infatti, si sono susseguite significative novità. Il “motore” dei recenti sviluppi è da individuare, in parte, nella dialettica tra Roma Capitale (DPAU) e la Regione Lazio.

I. Vincoli di quote/percentuali di destinazioni d’uso.

In tal senso il tema più “rumoroso” è stato quello, prettamente romano, del mix funzionale imposto dall’art. 45, co. 6, NTA PRG per la Città consolidata.

La questione – che abbiamo in passato ampiamente approfondito, peraltro, come si vedrà, anticipando le evoluzioni che andiamo qui a commentare – era essenzialmente se una norma di PRG che preveda, in caso di cambio, d’uso una certa quota di SUL vincolata a determinate funzioni, sia da intendersi derogabile per effetto dell’art. 6, co. 2, L.R. 7/2017 sulla rigenerazione urbana,

Chi scrive aveva manifestato varie volte l’opinione che norme del genere dovessero intendersi derogabili ai sensi della disciplina speciale in questione.

Ad agosto scorso, tale tesi ha trovato autorevole conferma in un parere della Regione Lazio – “Ufficio speciale per la rigenerazione urbana” , secondo il quale disposizioni recanti percentuali di SUL da destinare a specifiche destinazioni, integrando l’ipotesi di “altre prescrizioni”, sono suscettibili di deroga in caso di interventi ex art. 6 L.R. 7/2017.

A tale parere ha fatto “eco” prima la Circolare DPAU  del 24.10 , che ha “preso atto” della indicazione regionale e, poi, la modifica della stessa norma in sede di collegato alla legge di stabilità regionale (L.R. 19/2022), disposizione che ha così modificato l’art. 6, co. 2, L.R. 7/2017:

Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1 sono consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti, indipendentemente dalle percentuali previste dagli strumenti urbanistici comunali per ogni singola funzione nonché dalle modalità di attuazione, dirette o indirette, e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti incondizionatamente i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche.

La genesi della questione è abbastanza chiara – ossia: il dibattito sulla derogabilità dell’art. 45, co. 6, NTA PRG – ma indubbiamente la novella normativa è idonea ad incidere, a Roma, anche all’infuori della norma sulla Città consolidata nonché, nel resto del territorio laziale, su analoghe previsioni pianificatorie di altri comuni.

 

II. La monetizzazione degli standard.

Una seconda questione che è stata interessata prima da un parere regionale e poi dalla modifica della L.R. 7/2017 è quella della disciplina della monetizzazione degli standard in occasione degli interventi di rigenerazione urbana.

In questo caso la norma di riferimento, ante L.R. 19/2022, era l’art. 8, co. 1, L.R. 7/2017, nella parte in cui così disponeva circa la possibilità di monetizzare le aree a standard ex artt. 3 e 5 DM 1444/68:

Qualora sia comprovata l’impossibilità di cedere le aree per gli standard urbanistici ovvero, nei comuni con popolazione residente superiore a 40 mila abitanti, l’estensione delle aree da cedere a titolo di standard sia inferiore a 1000 mq, gli standard dovuti possono essere monetizzati”.

La Regione Lazio, interpellata sul punto, con un parere del luglio scorso [https://www.regione.lazio.it/sites/default/files/2022-07/Parere-649510-Monetizzazione-Terracina-01-07-2022.pdf] aveva interpretato la disposizione nel senso che la monetizzazione era consentita in due (alternative e non congiunte) ipotesi: (i) impossibilità di cessione di aree a standard e (ii) nei comuni sopra i 40.000 abitanti, in presenza di aree a standard inferiori a 1.000 mq. E ciò con la precisazione, sempre nel parere in questione, che la regola della “impossibilità” opera anche per i comuni sopra i 40.000 abitanti.

Ulteriormente il parere evidenziava che “stante la prevalenza della legge sulle fonti regolamentari comunali, la monetizzazione degli standard in attuazione degli interventi di cui alla l.r 7/2017 sia consentita esclusivamente nelle fattispecie previste dall’art. 8, comma 1, e con i limiti da esse previste, restando irrilevanti e non applicabili differenti casistiche, con esse confliggenti, individuate dai regolamenti comunali”. Da ciò, quindi, la conseguente inoperatività – in caso di interventi di rigenerazione urbana – di discipline locali differenti (fossero esse più o meno restrittive).

Tuttavia, con la L.R. 19/2022 la Regione è tornata sull’argomento per “riconsegnare” alla disciplina comunale la regolazione di modalità e limiti della (facoltà di) monetizzazione degli standard: infatti, il novellato art. 8, co. 1, L.R. 7/2017 dispone che

Qualora sia comprovata l’impossibilità di cedere le aree per gli standard urbanistici ovvero, nei comuni con popolazione residente superiore a 40 mila abitanti, l’estensione delle aree da cedere a titolo di standard sia inferiore a 1000 mq, gli standard dovuti possono essere monetizzati previa valutazione del comune eseguita secondo le disposizioni del proprio ordinamento.

La disciplina (e la decisione) sulla monetizzabilità degli standard è, appunto, tornata nell’orbita comunale, e ciò, verosimilmente, onde evitare difficoltà nel governo del territorio da parte dei singoli Enti Locali.