SCIA e provvedimenti inibitori tardivi: novità dal Decreto Semplificazioni?

Ne avevamo già parlato: il Decreto Semplificazioni ha introdotto una nuova norma relativa a SCIA e e provvedimenti inibitori tardivi.

Ci riferiamo, in particolare, al nuovo art. 2, co. 8-bis L. 241/90, in base al quale:

(….)  i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti, di cui all’articolo 19, comma 3 e 6-bis, adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti, sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni.”

Sebbene la norma sembri alludere ad un effetto di inefficacia “automatica” (ex lege), occorre ricordare che l’ordinamento amministrativo (L. 241/90 e Codice del processo amministrativo), in linea di principio, considera i provvedimenti illegittimi esistenti ed efficaci finché questi non vengano formalmente “rimossi” (annullamento in autotutela da parte della P.A., annullamento giurisdizionale o dichiarazione di nullità sempre da parte del Giudice amministrativo, nullità che non opera “automaticamente”).

Da tale regola generale – non apertamente o chiaramente derogata dal nuovo art. 2, co. 8-bis L. 241/90 – sembrerebbe discendere una possibile “inutilità” concreta della nuova disposizione: per poter far valere l’inefficacia del provvedimento inibitorio tardivo occorre sempre una pronuncia (del Giudice amministrativo, atteso che una P.A. che dichiari l’inefficacia di un proprio atto in quanto tardivo è evidentemente un caso puramente teorico).

Insomma, sembrerebbe un approccio poco prudente quello di considerare l’atto inibitorio tardivo (adottato, cioè, oltre 60 o 30 giorni dalla SCIA) inefficace e, quindi, l’attività posta in essere come mai validamente “vietata” dalla P.A.

In un giudizio relativo a provvedimenti adottati da un Comune a fronte di una SCIA (fattispecie ante Decreto Semplificazioni) il Giudice amministrativo ha osservato che

 “Se è vero che, in materia edilizia, il potere inibitorio dell’amministrazione si consuma dopo 30 giorni (ferma restando la via dell’autotutela), resta però fermo che l’eventuale atto repressivo assunto oltre tale termine non è nullo, ma annullabile per violazione di legge, sicché, in caso di mancata e tempestiva impugnazione, esso consolida i propri effetti e preclude gli effetti della SCIA (è appena il caso di notare che la presente fattispecie non è assoggetta ratione temporis all’art. 2, comma 8 bis, della legge n. 241del 1990, come introdotto dal d.l. n. 76 del 2020, che dichiara inefficace il provvedimento ex art. 19, commi 3 e 6 bis, adottato oltre il termine di legge; anzi, da tale norma si ricava a contrario che nel periodo previgente l’inibitoria tardiva producesse effetti, se non annullata)”

Con l’inciso sopra citato, il TAR Lazio, Sez. II-quater, 29.10.2020, n. 11086 sembra alludere alla circostanza che la nuova disposizione – parlando espressamente di inefficacia ex lege – sarebbe tale da poter operare anche a prescindere da un formale annullamento.

Ovviamente, siamo davanti ad una isolata pronuncia nonché ad un rilievo puramente incidentale il che suggerisce, al livello operativo, di impugnare ritualmente, entro 60 giorni, davanti al TAR il provvedimento ex art. 19 co. 3 e 6-bis L. 241/90, ancorché dalla Legge oggi qualificato “inefficace“.

Ad ogni modo è bene evidenziare che anche laddove dovesse “consolidarsi” in giurisprudenza la tesi di una inefficacia/nullità ex lege, le regole processuali consentirebbero, tutt’al più, di estendere il termine di impugnativa (da 60 a 180 giorni, ex art. 31 del codice del processo amministrativo), ma non di poter considerare l’atto inefficace a prescindere da una pronuncia del Giudice amministrativo (come pur invece lascerebbe intendere TAR Lazio 11086/2020).

Attendiamo, dunque, i prossimi sviluppi della giurisprudenza amministrativa, fermo restando che il segnale lanciato dal Legislatore alla P.A., quantomeno dal punto di vista di moral suasion, appare chiaro nel rafforzare la “idea” di necessaria tempestività dell’intervento inibitorio sulle SCIA pena la “perdita del potere” (salvo l’intervento “in autotutela” in presenza dei requisiti ex art. 21-nonies L. 241/90).