Servizio NCC: sempre necessaria l’autorizzazione per svolgere tale attività anche per società di altro Stato membro
In tema di servizio di NCC, una recente pronuncia resa dal Consiglio di Stato chiarisce che l’autorizzazione necessaria per svolgere tale attività (servizio NCC) che deve essere rilasciata dall’ente locale – in base dall’art. 8, Legge 21/1992 – è pienamente conforme alla normativa comunitaria, anche se a richiederla è un soggetto che svolge già il servizio in un altro Stato europeo.
Il caso giunge all’attenzione dei giudici dopo che una società che offriva il servizio di NCC in Slovenia, nell’ottica di una espansione della propria attività, apriva una seconda sede a Roma.
Per espletare il servizio nella città, la società aveva assunto autisti italiani (iscritti al relativo albo professionale), mentre utilizzava alcuni veicoli immatricolati in Slovenia.
All’esito di accertamenti compiuti dalla Polizia locale di Roma, veniva sequestrato un veicolo, risultante immatricolato con targa slovena e, quindi, non idoneo allo svolgimento del servizio di NCC entro il territorio nazionale italiano. Gli agenti avevano informato l’operatore che in caso di mancata immatricolazione del veicolo sequestrato nei successivi 180 giorni (ovvero in caso di mancata richiesta del foglio di via per condurlo oltre confine) si sarebbe proceduto alla confisca del veicolo medesimo ai sensi di quanto previsto dall’art. 213 c.d.s..
Nonostante il tempestivo avvio della procedura di immatricolazione, la Motorizzazione civile negava il nulla osta all’immatricolazione. A supporto di tale diniego, veniva evidenziato come l’immatricolazione di un veicolo ad uso NCC in Italia fosse subordinata al possesso di una autorizzazione all’esercizio del servizio rilasciata da un Comune italiano (che l’operatore – titolare di una autorizzazione slovena – non possedeva).
Con la pronuncia di primo grado – giudizio finalizzato ad ottenere l’annullamento del diniego opposto dalla Motorizzazione – il Collegio, accogliendo gli argomenti esposti dal gestore del servizio NCC, riteneva che la normativa italiana – che subordinava l’esecuzione di tale servizio all’ottenimento di una autorizzazione rilasciata da un Comune italiano – fosse in contrasto con la normativa sovranazionale (in particolare, con l’art. 49 TFUE che stabilisce la libera di stabilimento). Con la conseguenza che tali disposizioni dovevano essere “disapplicate nella parte e nella misura in cui si trovino in conflitto con le disposizioni e i principi dell’ordinamento comunitario in forza della preminenza del diritto dell’Unione Europea” (così TAR Lazio Roma, Sez. III, 11.8.2021, n. 9364).
Le conclusioni, così riassunte, vengono però riformate dal Consiglio di Stato.
I giudici di Palazzo Spada, infatti, hanno ritenuto di non disapplicare la normativa italiana in favore di quella europea, ritenendo che il regime autorizzatorio previsto dalla legge 21/1992 è compatibile sia con il diritto di stabilimento stabilito dall’art. 49 TFUE, sia con il principio della libera prestazione di servizi previsto dall’art. 56 TFUE.
Secondo i giudici, le controversie in tema di servizio NCC hanno natura locale o regionale ed afferiscono alle modalità amministrative di rilascio delle autorizzazioni: non hanno ad oggetto, dunque, la natura transfrontaliera del servizio.
Tale assunto, peraltro, è stato anche condiviso dalla Corte di giustizia UE (sentenza 13.1.2014, cause riunite C-419/12 e C-420/12) proprio in relazione alla compatibilità tra art. 49 TFUE (diritto di stabilimento) e legge 21/1992 per il rilascio di autorizzazioni NCC: in quella sede, la CGUE ha accertato la natura locale o regionale delle controversie relative alle autorizzazioni per i NCC, dichiarando di non essere competente a rispondere nella parte relativa all’interpretazione dell’articolo 49 TFUE sulla libertà di stabilimento.
Alle medesime conclusioni, secondo il Consiglio di Stato, si giunge anche esaminando il dettato dell’art. 2 della direttiva Bolkestein (2006/123/CE), il quale esclude dal proprio ambito applicativo il settore dei trasporti (circostanza, questa, che fornisce ulteriore prova della natura non transfrontaliera del servizio NCC).
Ricorda ancora il Consiglio di Stato che con specifico riferimento al rapporto intercorrente tra l’art. 49 TFUE e la legge 21/1992 in tema di servizio NCC, la stessa Corte costituzionale (sent. n. 56/2020) ha dichiarato che la citata legge non determina alcuna “discriminatoria restrizione della concorrenza”, atteso che i requisiti da essa richiesti (ossia la presenza di una sede e di una rimessa territorialmente circoscritte) sono misure indistintamente applicabili (dunque non idonee a restringere la concorrenza).
Secondo i giudici, dunque, il servizio di NCC non può dirsi una attività liberalizzata, proprio perché subordinata all’ottenimento di una autorizzazione (come ricordato da Cons. St., Sez. V, 1.3.2021 n. 1703): l’autorizzazione rilasciata dai Comuni costituisce un requisito oggettivo ed intrinseco dell’attività che l’operatore intende svolgere, requisito che trova giustificazione nelle finalità pubbliche del servizio svolto.
Il rilascio dell’autorizzazione spetta così ai singoli Comuni proprio in ragione del “collegamento dell’attività di N.C.C. con una certa comunità della quale è ente esponenziale il Comune che rilascia l’autorizzazione all’esercizio” (Cons. St., Sez. V, 1.3.2021 n. 1703).
In tema di servizio NCC, conclude il Collegio, “è da escludersi che le contestate norme interne determinino un’ingiustificata compressione dell’assetto concorrenziale del mercato degli autoservizi pubblici non di linea e che quindi contrastino con tutte le disposizioni dell’Unione Europea, della CEDU e costituzionali” con l’ovvia conseguenza che da quanto sin qui argomentato discende “la conformità della normativa interna (…) rispetto a quella di matrice eurounitaria e dunque l’assenza dei presupposti (…) per giungere alla sua disapplicazione”.
Di conseguenza, il Collegio ha ritenuto legittimo il provvedimento della Motorizzazione che aveva negato l’immatricolazione del veicolo sloveno per assenza di autorizzazione ex art. 85 del c.d.s., statuendo – sebbene indirettamente – che per operare il servizio di NCC, la società avrebbe dovuto richiedere al Comune il rilascio dell’apposita autorizzazione.