Il principio di prossimità per lo smaltimento dei rifiuti urbani non differenziati.
Con una pronuncia suscettibile di ampia discussione fra gli operatori economici del settore, il Consiglio di Stato è intervenuto a dirimere una questione di fondamentale importanza nella gestione dei rifiuti urbani non differenziati ovvero quella relativa al conferimento di tali rifiuti presso l’impianto di trattamento più vicino al luogo di raccolta.
E’ bene premettere che il trattamento dei rifiuti, quale segmento della gestione complessa degli stessi, costituisce un servizio il cui affidamento non può sottrarsi alle regole dell’evidenza pubblica.
In questo articolo ci siamo occupati dell’introduzione, sul piano della regolamentazione del settore della gestione dei rifiuti, dell’ARERA, quale Autorità indipendente.
La vicenda qui in commento trae origine dal ricorso proposto da un gestore di un impianto di trattamento di rifiuti, il quale deduce la violazione dell’obbligo da parte dell’Ente civico di smaltimento dei rifiuti urbani presso l’impianto fisicamente più vicino al luogo di produzione e raccolta, obbligo normativamente previsto in materia ambientale.
Si trattava, nel caso specifico, della scelta operata dall’ente civico di conferire la frazione indifferenziata ad un impianto posto ad una distanza di circa 17 km in più rispetto a quello più vicino al luogo di raccolta.
Il giudizio di primo grado, poi confermato dal giudice d’appello, si conclude con il rigetto del ricorso introduttivo.
Il Supremo Consesso amministrativo, ritenendo infondato il motivo centrale della questione, al fine di dirimere la controversia, opera un richiamo dell’art. 182bis del codice ambiente rubricato “principi di autosufficienza e prossimità” stabilendo che, nella gestione dei rifiuti non differenziati, il principio di prossimità è “finalizzato alla riduzione dei movimenti e trasporti dei rifiuti onde ridurre le gravose incidenze ambientali derivanti da tale attività”: secondo l’autorità giudiziaria investita del caso, detto principio “impone che il trattamento dell’indifferenziato avvenga in uno degli impianti più vicini al luogo di raccolta ma non certo nell’impianto fisicamente meno distante“.
La motivazione alla base dell’attenta osservazione svolta dal Consiglio di Stato è giustificata sia da ragioni pro – concorrenziali, sia per ragioni di coordinamento con altri principi, primo fra tutti quello di autosufficienza, il quale postula “l’individuazione da parte della Regione (in base a criteri dimensionali di tipo demografico e geografico) di un ambito territoriale rilevante all’interno del quale, mediante una rete integrata di impianti, possano essere smaltiti tutti i rifiuti indifferenziati nello stesso prodotti”.
La pronuncia di merito consente al Consiglio di Stato di confermare, inoltre, l’orientamento giurisprudenziale prevalente relativo al ruolo assegnato dall’ordinamento giuridico alla Regione nell’ambito della gestione dei rifiuti, il cui potere è essenzialmente quello di approvare il piano, dettare direttive ed indirizzi e autorizzare ove previsto eventuali deroghe in relazione a specifici profili del settore, “dovendosi invece escludere che la regione stessa possa direttamente intervenire sugli appalti comunali“.