Spiagge libere nel Lazio: si a chioschi e noleggio attrezzature?
Spiagge libere nel Lazio: si a chioschi e noleggio attrezzature?
Quali sono i servizi che possono essere gestiti sulle spiagge libere? Che differenza c’è tra spiagge libere e spiagge attrezzate?
La gestione delle spiagge libere e le attività consentite su di esse rappresentano un tema di grande rilevanza per i comuni costieri, soprattutto in relazione alla possibilità di affidare tali spazi a privati gestori.
Nella Regione Lazio, il regolamento regionale 19/2016 disciplina tali aspetti delineano le attività consentite sulle spiagge libere e quelle che possono essere svolte nelle spiagge attrezzate.
Il regolamento ha posto non poche problematiche applicative: la Regione Lazio ha espresso una posizione restrittiva, sostenendo che su tali spiagge devono essere garantiti solo i servizi essenziali, escludendo attività commerciali come la somministrazione di cibi e bevande.
Due recenti sentenze del Consiglio di Stato hanno offerto un’interpretazione più ampia, sottolineando l’importanza di garantire un equilibrio tra la libera fruizione del demanio pubblico e la possibilità di offrire servizi aggiuntivi ai bagnanti.
Chiosco bar e noleggio attrezzature su spiaggia libera: il caso
Nel 2018, un comune del litorale laziale affida la gestione delle spiagge libere a privati durante la stagione balneare, per un periodo massimo di tre anni, attraverso una procedura aperta.
Sia gli atti di gara che lo schema di convenzione proposto consentiva ai gestori di installare chioschi-bar temporanei e noleggiare attrezzature da spiaggia come ombrelloni e lettini.
Tuttavia, dopo che le convenzioni erano già state stipulate, il Comune comunica che, sulla scorta di una nuova interpretazione delle norme regionali, doveva ritenersi consentita la gestione su spiaggia libera dei soli servizi essenziali, come l’assistenza ai bagnanti, la pulizia e i servizi igienici, restando escluse le attività commerciali come il chiosco-bar e il noleggio di attrezzature.
Alcuni gestori hanno contestato la decisione davanti al TAR, sostenendo che la convenzione iniziale permetteva tali attività economiche. Il TAR ha respinto in parte il ricorso, ma ha riconosciuto che la modifica dei servizi offerti richiedeva un atto formale da parte del Comune (sentenza TAR Lazio, Roma, Sez. I-quater, 27.1.2020, nn. 1071 e 1074).
La Regione Lazio – temendo che la sentenza potesse creare un precedente per futuri casi simili – ha proposto appello, sostenendo che la normativa regionale non consentiva l’esercizio di attività commerciali sulle spiagge libere.
Secondo la Regione, in particolare, l’art. 6 Reg. reg. 19/2016 non consente di concedere l’uso delle spiagge libere del demanio marittimo per finalità diverse da quelle espressamente previste dalla norma: permettere tali utilizzi renderebbe indistinguibile l’uso delle spiagge libere da quello delle spiagge libere con servizi, che sono invece date in concessione dietro corrispettivo e con specifiche garanzie.
La Regione, in buona sostanza, ritiene possibile offrire il noleggio di attrezzature balneari su suolo demaniale marittimo anche nelle spiagge libere, con l’unico divieto di svolgere attività commerciali di somministrazione di bevande e alimenti.
La normativa regionale: il Reg. reg. 19/2016
Il nodo centrale della controversia riguarda la corretta interpretazione degli art. 5 e 6 del Reg. reg. n. 19/2016 e, dunque, sulle tipologie di attività che possono essere affidate e svolte dai privati sulle spiagge libere.
L’art. 5 del Regolamento disciplina le c.d. spiagge libere con servizi. Secondo tale norma, le spiagge libere devono offrire vari servizi, tra cui noleggio di attrezzature da spiaggia, punti di ristoro, servizi igienici accessibili, docce, percorsi per persone con disabilità, dispositivi per il risparmio idrico ed energetico, e aree attrezzate per la pulizia e il salvataggio.
Secondo il comma 2 dell’art. 5, su tali spiagge è possibile svolgere attività commerciali (come la vendita di giornali e articoli da mare), offrire servizi di ristoro, organizzare attività di intrattenimento, sport e svago, e predisporre spazi per animali da compagnia.
L’art. 6 del Regolamento stabilisce invece che “Al fine di assicurare i servizi di assistenza, pulizia, salvataggio e altri servizi ritenuti necessari, i Comuni possono stipulare convenzioni di cui all’articolo 7, comma 1 lettera b) e possono consentire l’installazione, per il periodo della stagione balneare, di strutture di superficie coperta massima di 25 metri quadrati realizzate in materiali ecocompatibili e di facile rimozione, e comunque nel rispetto della normativa vigente.”
La norma prescrive altresì il divieto di preposizionamento delle attrezzature balneari. L’organizzazione dei servizi non deve mai ostacolare la libera fruizione delle spiagge. Se questo divieto viene violato tre volte, è considerata una grave inadempienza che può portare alla risoluzione della convenzione da parte del Comune.
La questione principale è capire quali tipologie di servizi possono dirsi rientranti nella locuzione “altri servizi ritenuti necessari” consentiti dall’art. 6 del Regolamento.
La decisione del Consiglio di Stato e l’interpretazione del Reg. reg. n. 19/2016
Secondo il Consiglio di Stato, la locuzione “altri servizi ritenuti necessari” contenuta nell’art. 6 del Regolamento impone di estendere l’ambito delle attività consentite oltre a quelle espressamente menzionate (assistenza, pulizia, salvataggio).
Al fine di stabilire cosa comprendano i “servizi ritenuti necessari” è necessario avere chiara la differenza tra “spiaggia libera” (destinata alla libera fruizione dei bagnanti, dove l’occupazione dell’arenile deve essere temporanea e legata alla balneazione) e la “spiaggia attrezzata” (dove i servizi sono offerti a pagamento da un concessionario) o la spiaggia in “concessione balneare” (dove il concessionario può installare strutture amovibili per i propri clienti).
Il tratto comune tra i diversi tipi di spiagge – secondo i Giudici – è il dovere dell’ente pubblico di tutelare il bene demaniale per un uso sostenibile e sicuro, garantendo l’accesso libero a tutti i membri della collettività, nel rispetto di eventuali vincoli di sicurezza, salute e ambiente, e di eventuali diritti di esclusiva nelle concessioni balneari volte a consentire la fruizione dei servizi di balneazione e di ristoro dietro pagamento di un compenso.
Pertanto, prosegue il Collegio, la distinzione tra i “servizi ritenuti necessari” e le altre attività non consentite su una “spiaggia libera” non deve basarsi sul loro contenuto o carattere commerciale, ma piuttosto sulle diverse modalità di fruizione del bene demaniale. Ciò implica, dunque, che, mentre il noleggio di attrezzature come ombrelloni, sedie, lettini, canoe e pedalò è strettamente legato alla libera fruizione della spiaggia e non è vietato, l’apertura di attività commerciali fisse, come un chiosco bar, richiede un diverso titolo concessorio poiché può precludere la libera fruizione dell’arenile.
In sostanza, in assenza di un divieto normativo espresso, non vi sono ragioni per vietare l’attività di noleggio di attrezzature (ombrelloni, sedie, lettini o piccoli natanti) area pubblica, dato che i cittadini possono già collocare e utilizzare temporaneamente tali oggetti sull’arenile se ne hanno la proprietà o il possesso.
L’interpretazione restrittiva proposta dalla Regione appellante, concludono i giudici, non trova supporto in alcuna norma specifica e non può essere giustificata da esigenze generali di tutela ambientale o di pubblica fruizione delle spiagge libere. Al contrario, tale interpretazione rischierebbe paradossalmente di favorire in modo indebito e anticoncorrenziale gli stabilimenti balneari e i concessionari di spiagge attrezzate, i quali, grazie alla concessione, possono svolgere attività economiche e commerciali in esclusiva. Inoltre, questa posizione finirebbe per avvantaggiare in modo anacronistico quei fruitori delle spiagge pubbliche che possono permettersi di acquistare e trasportare autonomamente cibi, bevande e attrezzature come ombrelloni, sedie e sdraio, a discapito di chi preferirebbe acquistare o noleggiare tali beni direttamente sul posto.
Considerazioni diverse vanno svolte, secondo i giudici, per la somministrazione di alimenti e bevande sulla spiaggia libera. Sebbene questa attività commerciale sia generalmente consentita, nella fattispecie in esame, questa non viene svolta in maniera itinerante, ma tramite l’occupazione permanente di un’area del demanio pubblico, sottraendola così alla libera fruizione dei bagnanti durante le ore dedicate alla balneazione. Per tale occupazione permanente è quindi necessario un apposito provvedimento concessorio che autorizzi l’uso di quella specifica porzione di area demaniale.
Cons. St., Sez. VI, 7.8.2024, n. 7029
Cons. St., Sez. VI, 7.8.2024, n. 7031