Subappalto nel settore della raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti: il ruolo dell’intermediario

smaltimento dei rifiutiSubappalto nel settore della raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti: il ruolo dell’intermediario

Un ambito in cui la disciplina del subappalto si interseca con normative speciali è quello della gestione e smaltimento dei rifiuti, dove la legge consente la partecipazione alle gare anche agli intermediari senza detenzione di rifiuti. In questo contesto, la possibilità per tali operatori di formulare offerte e successivamente affidare a terzi l’esecuzione materiale delle prestazioni deve essere valutata in relazione alla specificità della figura dell’intermediario e alle esigenze di concorrenza nel mercato degli appalti pubblici.

 

Muovendo dalla definizione generale di subappalto contenuta nell’art. 119 d.lgs. 36/2023 e dai principi che guidano l’interpretazione delle norme contenute nel Codice 2023 (di cui ho diffusamente parlato anche nel libro “Subappalto negli appalti pubblici”), il Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 gennaio 2025, n. 648 ha affrontato il peculiare tema del subappalto nel settore della raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti

Il fatto

Una centrale di committenza aveva bandito una procedura aperta per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e recupero di rifiuti. L’appalto, suddiviso in 12 lotti, era stato aggiudicato a un operatore economico con qualifica di intermediario ai sensi del d.lgs. 152/2006 (Testo Unico sull’Ambiente).

Il secondo classificato ha impugnato l’aggiudicazione dinanzi al giudice amministrativo, contestando la mancata iscrizione dell’aggiudicatario all’Albo dei Gestori Ambientali nelle categorie 4 o 5 e la mancata dichiarazione della volontà di ricorrere al subappalto in sede di gara. Il ricorrente sosteneva che il rapporto tra l’intermediario e le imprese incaricate di trasportare e recuperare i rifiuti configurasse un subappalto necessario, soggetto agli obblighi dichiarativi previsti dalla normativa sugli appalti pubblici. Di conseguenza, l’assenza della dichiarazione di subappalto avrebbe dovuto comportare l’esclusione dell’aggiudicatario.

A sostegno della propria tesi, il ricorrente sottolineava l’incongruenza di una situazione in cui un operatore dotato di impianti e strutture sarebbe stato soggetto alla disciplina ordinaria del subappalto, mentre un intermediario, privo di tali dotazioni, ne sarebbe stato esonerato, potendosi limitare a dichiarare la mera disponibilità degli impianti, ancorché appartenenti ad altro soggetto.

Il Tar Veneto (sent. n. 2307/2024) ha respinto il ricorso e la sentenza è stata successivamente impugnata dinanzi al Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato e la figura dell’intermediario

Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di primo grado, affrontando due questioni chiave:

  1. La qualificazione del rapporto tra intermediari e operatori esecutori come subappalto.
  2. L’obbligo di dichiarazione del subappalto in sede di gara.

Quanto al primo aspetto, l’art. 183 del d.lgs. 152/2006 definisce intermediario “qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti”. Il Codice dell’Ambiente prevede, poi, a norma dell’art. 212, l’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali quale requisito per lo svolgimento, tra le altre, delle attività di intermediazione dei rifiuti e il rinnovo dell’iscrizione ogni cinque anni quale titolo per l’esercizio di tale attività.

Questi soggetti non hanno la materiale disponibilità dei rifiuti, con la conseguenza che le attività materiali di raccolta, trasporto e smaltimento degli stessi devono essere affidate necessariamente a soggetti terzi, che l’intermediario ha l’onere di indicare già in sede di offerta, garantendone disponibilità, autorizzazioni, requisiti e responsabilità, senza che ciò configuri automaticamente un’elusione della normativa sul subappalto.

Il Consiglio ha così chiarito che l’intermediario non si limita a trasferire l’appalto a soggetti terzi, ma svolge un’attività di organizzazione e controllo che lo distingue da un mero subappaltatore. Questa attività comprende la gestione amministrativa e operativa del flusso di rifiuti, il coordinamento degli operatori esecutori e la supervisione dell’adempimento degli obblighi normativi in materia ambientale.

Del resto, spiega il Collegio “Ciò che rileva è che l’attività di smaltimento e/o recupero rifiuti non avvenga a mezzo di incerta persona, ma tramite soggetti all’uopo abilitati, in possesso dei requisiti di legge ed assoggettati ai relativi controlli, da documentare previamente in sede di ammissione alla gara a mezzo di atti negoziali che comprovino con certezza l’esistenza e la serietà del rapporto” (Consiglio di Stato, 30 agosto 2012, n 4657).”

Pertanto, se la legge consente all’intermediario di operare senza detenzione materiale dei rifiuti, la parte operativa prevalente di ogni appalto che abbia ad oggetto il trasporto e il recupero/smaltimento dei rifiuti stessi sarà necessariamente adempiuta da soggetti terzi rispetto all’intermediario-aggiudicatario. Diversamente ragionando, spiegano i giudici, la figura dell’intermediario verrebbe svuotata di ogni contenuto e ad essa sarebbe, di fatto, impedito di accedere a qualsiasi procedura avente ad oggetto le attività di trasporto e recupero dei rifiuti, se non tramite RTI.

Il Consiglio di Stato ha quindi evidenziato che la disciplina del subappalto contenuta nell’art. 119 d.lgs. 36/2023 deve essere interpretata alla luce delle caratteristiche specifiche del settore della gestione dei rifiuti.

La sentenza sottolinea poi che il principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. 36/2023 che, anche alla luce dell’indirizzo espresso in più occasioni dalla Corte di Giustizia, deve guidare l’interpretazione delle norme sugli appalti, privilegiando soluzioni che consentano il raggiungimento degli obiettivi sostanziali piuttosto che una rigida adesione a meccanismi preclusivi, che prescindono dalla specificità dei casi concreti.

Sotto questo punto di vista, dunque, la mancata indicazione nel DGUE della volontà di subappaltare non è stata considerata un vizio tale da comportare automaticamente l’esclusione dell’aggiudicatario atteso. Benché l’obbligo di dichiarazione del subappalto in sede di gara è un principio cardine del sistema degli appalti pubblici, finalizzato a garantire trasparenza e correttezza nel processo di selezione dell’operatore economico, nel caso specifico, il Consiglio ha osservato che l’intermediario aveva già individuato sin dall’offerta i soggetti esecutori, garantendo così la verifica preventiva dei loro requisiti da parte della stazione appaltante.

Tale soluzione, spiegano i giudici, è coerente con l’orientamento formatosi in relazione al tema del c.d. subappalto necessario, ove si tende a “valorizzare l’effettiva volontà dell’operatore economico, quale desumibile dagli atti di gara, senza che occorra una dichiarazione formalmente differenziata da quella che vale anche per il subappalto semplice, non necessario (Cons. Stato, V, 22 febbraio 2024, n. 1793; V, 21 febbraio 2024, n. 1743; V, ord. 24 novembre 2023, n. 4736)”.

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