Tardiva escussione della cauzione provvisoria: quando si configura il danno erariale?
Con una recente pronuncia, la Corte dei conti – Sez. giurisdizionale della Lombardia ritiene sussistere danno erariale nel caso in cui l’amministrazione non emetta tempestivamente il provvedimento con cui dispone l’incameramento della cauzione provvisoria (che sarà, quindi, non più esigibile) ove l’aggiudicatario di una procedura ad evidenza pubblica si rifiuti di procedere alla stipula del contratto.
Ma andiamo per ordine. Nei fatti, accadeva che l’amministrazione proprietaria del terreno su cui doveva essere edificata una residenza sanitaria assistenziale (RSA) si determinava, a seguito di una stima del valore del terreno medesimo, a procedere all’alienazione della piena proprietà del suolo (laddove, in un primo momento, si era orientata verso la cessione del solo diritto di superficie).
All’esito della asta pubblica che seguiva (espletata ai sensi degli artt. 63 ss., R.D. 827/1924), il terreno veniva venduto – con provvedimento del Responsabile del servizio tecnico (oltre che Sindaco) del Comune – per una cifra complessiva di € 281.500.
L’aggiudicatario, tuttavia, si rifiutava di stipulare il contratto di compravendita del terreno, ritenendo la mancanza di uno sbocco dello stesso sulla pubblica via già esistente condizione ostativa alla realizzazione della RSA.
Nonostante la mancata stipula del predetto contratto, l’aggiudicatario non corrispondeva la somma posta a garanzia dell’offerta (quantificata nel 10% dell’importo offerto). La mancata corresponsione della cauzione, in particolare, era motivata dal fatto che la polizza fideiussoria prestata a corredo dell’offerta fosse scaduta.
Il successivo tentativo dell’amministrazione di escutere la garanzia provvisoria non aveva miglior esito, in quanto il fideiussore osservava come la già menzionata garanzia dovesse ritenersi estinta per intervenuto decorso dei termini. Circostanza, questa, confermata dallo stesso segretario comunale il quale, interpellato in proposito dalla Procura regionale della Corte dei conti, riteneva il credito vantato nei confronti dell’aggiudicatario non recuperabile neppure per via giudiziaria.
In conseguenza di ciò, il Procuratore regionale della Corte dei conti contestava un danno erariale quantificato in € 28.050,00 (pari all’importo della garanzia provvisoria non incamerata), in conseguenza della non tempestiva escussione della fideiussione posta a garanzia della stipulazione del contratto di compravendita.
L’impossibilità di escutere la garanzia provvisoria è ritenuta dalla Corte dei conti come circostanza provata (oltre che non contestata dal debitore). Il giudice contabile, infatti, evidenzia come tale circostanza sia “certa ed attuale”, in ragione del fatto che è spirato, infruttuosamente, il termine utile entro il quale la garanzia medesima poteva essere escussa.
Tenuto conto della notevole esperienza vantata dal responsabile del servizio tecnico (ruolo da questi ricoperto sin dal 2009), il magistrato osserva come sarebbe stato lecito attendersi, da parte del medesimo responsabile, un livello di diligenza più elevato.
Se, dunque, un soggetto con un minimo grado di diligenza avrebbe dovuto escutere la garanzia provvisoria una volta preso atto del rifiuto dell’aggiudicatario di procedere alla stipula del contratto, a maggior ragione medesima condotta doveva essere tenuta da un funzionario esperto.
Né assume alcun rilievo la circostanza (addotta dal responsabile, ma mai sollevata dall’aggiudicatario) circa la potenziale illegittimità della clausola relativa alla escussione della cauzione provvisoria, ritenuta in contrasto con il dettato del Codice dei contratti pubblici (segnatamente, l’art. 103, d.lgs. 50/2016).
Tale argomento non merita condivisione. Ferma restando la circostanza che il riferimento al Codice dei contratti pubblici nei documenti di gara non è elemento idoneo ad attrarre la procedura de qua entro l’ambito di applicazione del predetto testo normativo, il giudice contabile ricorda, inoltre, che le disposizioni contenute nel d.lgs. 50/2016 hanno un ambito applicativo ben delineato. Ne deriva, pertanto, che tali disposizioni si applicano “ai soli contratti cd. passivi, che implicano cioè una spesa per l’ente” e non a contratti, come quello del caso in commento, c.d. attivi (ossia implicanti un’entrata per l’ente medesimo).
Pertanto, il giudice contabile ricorda come un funzionario pubblico minimamente prudente avrebbe dovuto richiedere all’aggiudicatario di prorogare la garanzia a tutela dell’offerta prima della sua scadenza (ovvero ottenere una nuova garanzia).
L’eventuale opposizione di un rifiuto a tali richieste (la prestazione di ulteriore garanzia ovvero la proroga di quella già prestata) da parte dell’aggiudicatario, invero, sarebbe stato chiaro sintomo della pretestuosità delle ragioni addotte dall’aggiudicatario medesimo, il quale intendeva sottrarsi ai propri obblighi.
Sicché, in conclusione, la Corte dei conti evidenzia come “aver supinamente accolto le richieste (giuridicamente infondate) dell’aggiudicataria senza contemporaneamente apprestare alcuna garanzia per le ragioni dell’ente ha determinato non solo la perdita irreversibile del credito nei confronti del fideiussore, ma anche la compromissione dei diritti del Comune nei confronti della aggiudicataria”, così cagionando un danno erariale che deve essere ristorato dal responsabile.
(Corte dei conti, Sez. giurisdizionale Lombardia, 12.12.2022, n. 273)