I tempi dei procedimenti AGCM: il caso Apple/Amazon docet

tempiLa violazione dei tempi e dei termini individuati dalla legge per lo svolgimento dei procedimenti innanzi all’AGCM spesso può essere fatale e comportare l’annullamento dei provvedimenti sanzionatori.

È ciò che accaduto con la sentenza del TAR Lazio n. 12507/2022, in cui i giudici hanno annullato il provvedimento dell’AGCM che aveva condannato le società Apple e Amazon al pagamento di una sanzione per condotte anticoncorrenziali.

I giudici hanno annullato il provvedimento perché il relativo procedimento era stato avviato tardivamente, nonché per la brevità deI termini assegnati alle società per presentare le proprie memorie difensive.

Il 22 febbraio 2019, infatti, l’AGCM aveva ricevuto una segnalazione su alcune condotte anticoncorrenziali tenute da Amazon ed Apple; il 21 luglio 2020 l’Autorità aveva poi notificato l’avvio dell’istruttoria alle due società.

Nel novembre 2021 l’AGCM aveva concluso il procedimento, comminando una sanzione pecuniaria di euro 114.681.657 ad Apple e Amazon. Ad avviso dell’AGCM, le due società avevano posto in essere un accordo restrittivo della concorrenza che non permetteva a tutti i rivenditori terzi di prodotti a marchio Apple e Beats di operare sul marketplace Amazon.it, ma solo ad alcuni preventivamente individuati da Apple, ossia i c.d. Apple Premium Resellers (categoria di rivenditori che, all’interno del sistema di distribuzione di Apple, soddisfa i più alti standard di qualità ed investimenti). Secondo l’Autorità l’accordo era così idoneo a ridurre la concorrenza per l’innalzamento di barriere allo sbocco dei mercati della vendita online a danno dei rivenditori non ufficiali, solitamente piccole e medie imprese che effettuano vendite sul web utilizzando i servizi di marketplace, con evidenti effetti negativi per i consumatori e per le imprese. Tale limitazione, dunque, concretizzava una violazione della concorrenza ai sensi dell’art. 101 TFUE.

Con un articolato ricorso, Apple ad Amazon hanno impugnato innanzi al TAR il provvedimento dell’AGCM censurando anche alcuni aspetti procedurali, tra cui:

  1. La tardività dell’avvio del procedimento da parte dell’AGCM. Secondo le ricorrenti, l’Autorità aveva già a disposizioni tutti gli elementi per avviare il procedimento sin dal giorno in cui è stata effettuata la segnalazione (22 febbraio 2019) e nel periodo tra il 22 febbraio 2019 e la data in cui l’avvio del procedimento era stato notificato (luglio 2020), non sarebbe stata svolta alcuna attività istruttoria rilevante.
  2. L’irragionevolezza del termine minimo di 30 giorni dalla chiusura dell’istruttoria per assicurare le difese delle parti. Secondo le società, trattandosi di una vicenda di notevole complessità, l’AGCM avrebbe dovuto concedere un termine superiore a 30 giorni, come fatto peraltro già in passato per casi di analoga complessità.

Il TAR ha accolto le censure delle due società ricorrenti con riferimento proprio ai tempi del procedimento condotto dall’AGCM.

Innanzitutto, il TAR ha analizzato l’applicabilità ai procedimenti AGCM dell’art. 14 della L. 689/1981 in tema di sanzioni amministrative.

La norma stabilisce che “La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa. Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento”.

Dopo aver dato atto del contrasto giurisprudenziale in merito all’applicabilità o meno della disciplina delle sanzioni amministrative alle sanzioni comminate dall’AGCM, il TAR ha tuttavia ritenuto che il termine decadenziale previsto dall’art. 14 della L. 689/1981 non trova diretta applicazione nei procedimenti antitrust in relazione alla durata della fase istruttoria.

Ciononostante, secondo il TAR, la non applicabilità diretta del termine di cui all’art. 14 in parola “non può giustificare il compimento di un’attività preistruttoria che si prolunghi per un lasso di tempo totalmente libero da qualsiasi vincolo e ingiustificatamente prolungato”. I procedimenti condotti dall’AGCM, infatti, sono pur sempre dei procedimenti amministrativi che, dunque, rispondono ai principi sanciti nella L. 241/1990, ossia ai principi di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, oltre che al dovere di attribuire certezza al professionista sottoposto al procedimento.

Sussiste pertanto l’obbligo per l’Autorità di accertare una violazione del diritto antitrust e di applicare le relative sanzioni procedendo all’avvio della fase istruttoria entro un termine ragionevolmente congruo, “a pena di violazione dei principi di legalità e buon andamento che devono sempre comunque contraddistinguerne l’operato”.

Resta fermo, ricorda il TAR, che ai fini del giudizio di congruità del tempo di accertamento dell’infrazione, ciò che rileva, quale termine iniziale, non è la notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile ma l’acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita.

Dall’esame dello svolgimento dei fatti, il TAR ha rilevato come tra la data di ricezione della segnalazione e l’avvio dell’istruttoria l’AGCM non aveva svolto alcuna attività rilevante.

In tale lasso di tempo, infatti, l’AGCM dovrebbe acquisire tutte le informazioni necessarie per tratteggiare gli elementi-base dell’illecito e, quindi, decidere se avviare o meno la successiva fase istruttoria. Ferma restando la complessità della vicenda, tale fase preistruttoria deve comunque avvenire in un lasso di tempo limitato “a distanza di vari mesi – ma non di vari anni – dalla segnalazione della possibile infrazione”.

Secondo i giudici, dunque, nel caso di specie, tenuto conto che l’Autorità ha deliberato l’avvio dell’istruttoria solo il 21 luglio 2020, a distanza di circa un anno e mezzo dalla segnalazione, e che in tale lasso di tempo non sono state compiute attività di particolare complessità che giustificassero la dilazione, l’avvio del procedimento antitrust è da considerarsi tardivo.

Il TAR ha altresì ritenuto fondata la censura delle società concernente la violazione del diritto di difesa a causa del termine eccessivamente ridotto assegnato alle parti per presentare le proprie osservazioni conclusive.

L’art. 14 del d.P.R. n. 217/1998 che regola i procedimenti antitrust prevede, infatti, un termine inderogabile minimo di 30 giorni dalla chiusura dell’istruttoria per consentire alle parti di controdedurre sulle risultanze istruttorie dell’AGCM.

Nel caso di specie, era stato assegnato un termine di 30 giorni, con scadenza in agosto, successivamente prorogato di 15 giorni.

Tuttavia, secondo il TAR, la complessità delle analisi svolte dall’Autorità e l’importo della sanzione irrogata, che è risultata una delle più alte applicate dall’Autorità, avrebbe richiesto maggior tempo alle società per controdedurre alle osservazioni dell’AGCM.

Precisa la Sezione, infatti, che ponendo a paragone il tempo assegnato alle parti per le osservazioni con la durata della fase preistruttoria (17 mesi) e istruttoria (16 mesi, dal luglio 2020 al novembre 2021), si manifestava un evidente compressione del diritto di difesa: “Lo spazio difensivo assicurato nel caso di specie deve quindi ritenersi inidoneo a garantire l’effettivo esplicarsi del contraddittorio”.

Spiega a tal proposito il TAR come il termine per le difese viene assegnato con la comunicazione delle risultanze istruttorie e, quindi, è necessario consentire alle parti interessate di mettere a punto i propri scritti difensivi dopo avere avuto conoscenza di tutti gli elementi ritenuti dall’Autorità rilevanti per l’adozione del provvedimento finale: per tale motivo l’art. 14 del d.P.R. 217/1998 stabilisce che alle parti è assegnato un termine minimo di 30 giorni prima della chiusura della fase istruttoria per presentare memorie scritte e documenti. La previsione di un minimo, e non di un massimo, fa sì che l’Autorità possa modulare tale termine in base alla complessità del caso. La prassi dell’Autorità sembra peraltro essere quella di assegnare un termine sensibilmente maggiore del minimo previsto, soprattutto nei casi di accertamenti più complessi.

Nella specie, invece, il termine di 30 giorni assegnato appariva “già di per sé del tutto insufficiente al fine di replicare ad una contestazione dispiegata in un documento di oltre 100 pagine”, anche considerando che nel periodo di agosto, pur non essendo espressamente prevista una vera e propria sospensione feriale, è “indubitabilmente molto più arduo raccogliere eventuali documenti da produrre a confutazione di quelli acquisiti ed utilizzarli per dispiegare le argomentazioni difensive”.

In conclusione, dunque, il TAR ha ritenuto tale termine breve ingiustificato a fronte della durata complessiva e della rilevanza del procedimento, concluso dopo circa due anni e mezzo dalla segnalazione e tre dalla conclusione dell’accordo.

AGCM, provvedimento n. 29889/2021 pubblicato sul Bollettino dell’Autorità n. 47/2021

TAR Lazio, Sez. I, 3.10.2022, n. 12507