Criteri premiali: la parità di genere entra nel Codice dei contratti pubblici
La parità di genere è una delle questioni sociali che si stanno finalmente imponendo fra gli obiettivi della disciplina degli appalti pubblici. Dopo molti anni in cui l’utilizzo per finalità ulteriori del ruolo di acquirente delle pubbliche amministrazioni è stato limitato all’ambito ambientale, l’attenzione si è infatti estesa ad aspetti sociali, come la tutela dei lavoratori e l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Da ultimo, anche il superamento delle disparità di genere è stato espressamente considerato dal legislatore quale interesse che la pubblica amministrazione deve perseguire nell’utilizzare le procedure per l’acquisto di lavori, servizi e forniture.
Già l’art. 47 del decreto PNRR-Semplificazioni (d.l. n. 77/2021) aveva previsto l’inserimento di requisiti di partecipazione e di misure premiali volte a perseguire le finalità relative alle pari opportunità generazionali e di genere e a promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità negli appalti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC. Le Linee guida ministeriali, a cui era demandata la definizione delle modalità e dei criteri applicativi, l’indicazione delle misure premiali e anche la predisposizione di modelli di clausole da inserire nei bandi di gara, sono state infine adottate con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità del 7 dicembre 2021.
Da ultimo, con l’art. 34 del d.l. 30 aprile 2022, n. 36 (“Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”), vi è stata una vera e propria modifica al testo del Codice dei contratti pubblici e, in particolare, dell’art. 95, che disciplina i criteri di aggiudicazione.
In particolare, al comma 13, accanto a una serie di altri criteri premiali che consentono di attribuire un punteggio maggiore alle offerte tecniche dei concorrenti, viene inserita anche l’adozione da parte dell’operatore di politiche tese al raggiungimento della parità di genere. Tale adozione, al fine di ottenere il punteggio aggiuntivo, deve essere comprovata dal possesso di certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198).
La certificazione di parità di genere è stata di recente introdotta dalla l. 5 novembre 2021, n. 162 a decorrere dal 1° gennaio 2022. La funzione della certificazione viene individuata dalla stessa norma nell’attestazione delle politiche e delle misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere, al fine di garantire opportunità di crescita in azienda, parità salariale in relazione alla parità di mansioni e tutela della maternità.
Anche tale novità può essere ricondotta tra quelle derivanti dall’attuazione del PNRR, in quanto l’attivazione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere è tra i relativi interventi (Investimento 1.3, Missione 5) ed è parte del Piano strategico nazionale per la parità di genere previsto dalla Legge di bilancio 2022 (art. 1, commi 139-147, l. 30 dicembre 2021, n. 234).
Il sistema dovrebbe essere attivato a partire dal secondo quadrimestre del 2022. La definizione di alcuni aspetti, fra cui i parametri minimi per il conseguimento della certificazione da parte delle aziende, viene demandata a un successivo d.P.C.M. Tali parametri dovranno riguardare la retribuzione corrisposta, le opportunità di progressione in carriera e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche con riguardo ai lavoratori occupati di sesso femminile in stato di gravidanza. Al possesso di tale certificazione, oltre alla possibilità di accedere al punteggio aggiuntivo nel partecipare a gare d’appalto il cui bando preveda il relativo criterio premiale, sono anche connessi benefici contributivi a favore del datore di lavoro.
Ci si potrebbe chiedere, alla luce del precedente art. 47, del d.l. n. 77/2021, che si applicava espressamente solo agli appalti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC, se un’analoga sorte spetti anche a questa nuova previsione di criteri premiali relativi alla certificazione della parità di genere. A ben vedere, però, pur rientrando nel filone di interventi derivanti dall’attuazione del PNRR, la previsione si innesta proprio all’interno del testo del Codice dei contratti pubblici e deve quindi ritenersi coinvolgere tutte le gare.
In ogni caso, anche la nuova previsione di criteri premiali connessi al possesso della certificazione della parità di genere costituisce una conferma del riconoscimento da parte del legislatore che i criteri di valutazione delle offerte possono costituire un potente strumento di politiche pubbliche promozionali, anche oltre il tradizionale tema della tutela dell’ambiente.