L’art. 47 del Codice dei contratti pubblici: ancora dubbi sul cd. cumulo alla rinfusa.
Già in precedenza (qui il link della news) ci siamo occupati di affrontare uno degli aspetti problematici della complessa questione legata al possesso dei requisiti di partecipazione nelle ipotesi in cui l’operatore economico, all’atto di partecipazione ad una procedura selettiva ad evidenza pubblica, predilige di concorrere mediante identità plurisoggettiva, rappresentata dalla figura del consorzio di imprese.
La motivazione che, sempre più spesso, conduce le imprese prive dei requisiti necessari a partecipare alle procedure selettive mediante la formula consortile è rappresentata dai numerosi vantaggi che tale modalità possiede i quali, nel complesso, risiedono nelle complessiva logica proconcorrenziale in cui la disciplina è incentrata sullo stabile apporto di capacità e mezzi aziendali in una comune struttura di impresa.
Tuttavia, la questione circa il possesso dei requisiti per la partecipazione dei consorzi alle gare, la cui disciplina è sancita dall’art. 47, d.lgs. 50/2016 e s.m.i., è stata sempre al centro dell’attenzione del Giudice amministrativo, da ultimo con il caso che qui si esamina.
Il Giudice di primo grado, nel respingere il ricorso di un operatore economico composto da un raggruppamento temporaneo basato su plurimi motivi, affermava il principio della perdurante operatività, anche all’esito delle recenti modifiche normative e dei maturati orientamenti giurisprudenziali, “del cd. cumulo alla rinfusa di cui all’art. 47 del Codice, acquisito nel senso della non necessità che il singolo consorziato, ancorché indicato come esecutore dell’appalto, fosse in possesso, in proprio, dei requisiti di partecipazione” (Tar Lazio Sez. I, 19.4.2021, n. 4540).
La pronuncia di secondo grado, riformando in parte quella del Giudice di prima istanza, presenta un carattere innovativo che muove da una disamina puntuale delle recenti modifiche normative apportate al Codice dei contratti pubblici sull figura del consorzio.
In base alla formulazione previgente della norma, i consorzi stabili potevano alternativamente utilizzare, ai fini della qualificazione:
a) “i requisiti … maturati in proprio”;
b) quelli “posseduti dalle singole imprese consorziate”, che fossero state “designate per l’esecuzione delle prestazioni”;
c) quelli “delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto”, in tal caso mediante il ricorso allo strumento dell’avvalimento.
Per contro, l’attuale versione dell’art. 47, co. 2, d.lgs. 50/2016 e s.m.i. non menziona più la facoltà del consorzio di ricorrere all’avvalimento, ai fini della utilizzazione dei requisiti di qualificazione delle consorziate non designate come esecutrici e si limita a prevedere l’alternativa facoltà di eseguire il contratto “con la propria struttura” ovvero “tramite i consorziati” all’uopo “indicati in sede di gara”, con la precisazione che, in tal caso, non si tratta di subappalto, ferma la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante.
La disposizione demanda, poi, al regolamento di cui all’art. 216, co. 27 octies, d.lgs. 50/2016 e s.m.i., la definizione dei “criteri per l’imputazione” delle prestazioni eseguite.
Orbene, si diceva che la sentenza assume un carattere innovativo, in quanto, secondo il ragionamento operato dal Giudice di secondo grado, non è possibile procedere, sia ad un generalizzato cumulo alla rinfusa dei requisiti di qualificazione non posseduti, sia ad una forma di cumulo di requisiti se mutuati da consorziata concorrente.
Da ciò si ricava che:
a) che i consorzi stabili che intendano eseguire le prestazioni “con la propria struttura” devono dimostrare (e comprovare con le modalità ordinarie) il possesso, in proprio, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento, salva la facoltà di computare cumulativamente i (soli) requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera e all’organico medio annuo, quand’anche posseduti dalle singole imprese consorziate, ancorché non designate alla esecuzione;
b) che possono, alternativamente, affidarsi (senza che ciò costituisca subappalto) alle imprese consorziate, all’uopo indicate in sede di gara, che ne risultano corresponsabili.
Ne discende, a guisa di corollario, che debba applicarsi la regola generale che impone a ciascun concorrente la dimostrazione del possesso dei “requisiti” e delle “capacità” di qualificazione (artt. 83 e 84).
In definitiva, alla luce dell’attuale quadro normativo, il Consiglio di Stato ha sinteticamente chiarito che:
a) la possibilità di “qualificazione cumulativa”, nell’ambito dei consorzi stabili, “è limitata ai requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e mezzi d’opera e all’organico medio annuo” (art. 47, co. 1);
b) i consorzi stabili possono, per tal via, partecipare alle gare qualificandosi in proprio (art. 47, co. 2, prima ipotesi) e comprovando i propri requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, potendo, a tal fine, cumulare attrezzature, mezzi d’opera e organico medio annuo di tutte le consorziate (con il limite, non codificato ma implicito, del divieto di cumulo in caso di autonoma partecipazione, alla medesima gara, dell’impresa consorziata, che autorizzerebbe una implausibile valorizzazione moltiplicativa dei medesimi requisiti);
c) i consorzi stabili, anche quando partecipino e si qualifichino in proprio, possono eseguire la prestazione (oltreché con la propria struttura) per il tramite delle consorziate, ancorché non indicate come esecutrici in sede di gara: si tratterebbe di una forma di avvalimento attenuata dall’assenza di responsabilità;
d) in alternativa, il consorzio può, in sede evidenziale, designare, per l’esecuzione del contratto, una o più delle imprese consorziate (che, in tal caso, partecipano direttamente alla gara, concorrendo alla sostanziale formulazione dei tratti, anche soggettivi, dell’offerta ed assumendo, in via solidale, la responsabilità per l’esatta esecuzione, ancorché la formalizzazione del contratto sia rimessa al consorzio, che è parte formale). In tal caso è necessario che le imprese designate possiedano e comprovino i requisiti, tecnici e professionali, di partecipazione.
La materia, come dimostrato, presenta numerosi aspetti problematici legati, non solo alla complessità dell’istituto, ma anche e soprattutto ai recenti sviluppi normativi che, in un’ottica correttiva, hanno tentato (invano) di estendere l’impiego di tale metodologia di partecipazione in un’ottica proconcorrenziale.