Concessioni balneari: è legittimo il diniego di proroga delle concessioni al 31.12.2023?
L’amministrazione comunale può rifiutarsi di riconoscere la proroga al 31.12.2023 delle concessioni demaniali, superando quanto affermato dalle sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria (nn. 17 e 18 del novembre 2021)?
A pronunciarsi sulla questione è stato di recente il TAR Lazio.
Il gestore di uno stabilimento balneare, con concessione in scadenza al 31.12.2020, aveva manifestato interesse alla proroga automatica del titolo concessorio al 31.12.2033, in ossequio al dettato dell’art. 1, commi 682 ss., l. 145/2018. Tale istanza, tuttavia, non veniva accolta dall’amministrazione, la quale, conseguentemente, nel gennaio 2022 aveva intimato lo sgombero dell’area oggetto di concessione, in quanto occupata in assenza di valido titolo concessorio (medio tempore scaduto).
Detto provvedimento, ritenuto illegittimo, veniva impugnato innanzi al TAR Lazio.
Con l’atto introduttivo del giudizio, il concessionario ha censurato il provvedimento di sgombero, sostenendo che il comune aveva errato nel non concedere la richiesta proroga almeno sino al 31.12.2023.
Più nello specifico, secondo il ricorrente, l’Amministrazione non aveva tenuto in considerazione quanto affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nelle note sentenze n. 17 e n. 18 rese nel novembre 2021. In tali pronunce, infatti, veniva statuito che, sebbene non fosse possibile la proroga al 2033 delle concessioni demaniali (in quanto l’art. 1, commi 682 ss., l. 145/2018 contrastava con la disciplina sovranazionale in materia), doveva comunque disporsi la proroga delle concessioni in essere al 31.12.2023, “al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere”.
Nel corso del giudizio, il comune ha ritenuto che non fosse possibile la proroga al 31.12.2023 (nonostante l’arresto reso dall’Adunanza Plenaria), in quanto, ad opinione dell’ente locale, la scadenza della concessione rilasciata in favore del gestore, fissata al 31.12.2020, non era suscettibile di rinnovo automatico, né di proroga ope legis, sussistendo un preminente interesse pubblico del Comune, consistente sia nella necessità di rendere nuovamente la fruizione della spiaggia libera e gratuita, sia nella di tutelare l’ambiente circostante.
Il Collegio ha accolto il ricorso, non ritenendo condivisibili le tesi difensive formulate dall’amministrazione.
A parere dei giudici, infatti, ferma la disapplicazione di disposizioni nazionali in contrasto con la normativa comunitaria (l’art. 1, commi 682 ss., l. 145/2018 confligge con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE – c.d. direttiva Bolkestein), sussistono, in ogni caso, i presupposti per il riconoscimento della cessazione dell’efficacia delle concessioni al 31.12.2023.
La concessione di cui era titolare il concessionario ricorrente, infatti, sarebbe stata soggetta alla proroga legale prevista dal l. 145/2018 sino al 2023.
Nel disciplinare tale proroga, all’art. 1, commi 682 ss., l. 145/2018, il legislatore ha introdotto nell’ordinamento una norma volta a prorogare “automaticamente, in via generalizzata e ex lege” le concessioni già rilasciate, trattandosi di un atto normativo che “intervenendo su un numero delimitato di situazioni concrete, recepisce e legifica, prorogandone il termine, le concessioni demaniali già rilasciate”. In altri termini, ove una disposizione di legge dispone la proroga della durata di un provvedimento amministrativo (quale è la concessione, nel caso di specie), tale provvedimento continua ad avere efficacia per la legge (assurgendo, così, a fonte regolatrice del rapporto sottostante). Dal punto di vista strettamente giuridico, si verifica, secondo il Collegio, “una novazione sostanziale della fonte di regolazione del rapporto, che ora trova appunto la sua base, in particolare per ciò che concerne la durata del rapporto, nella legge e non più nel provvedimento”.
La proroga automatica delle concessioni disposta dalla l. 145/2018 aveva fatto sì che la concessione del ricorrente fosse stata automaticamente prorogata al 2033 e che, dunque, a seguito delle pronunce dell’Adunanza Plenaria, la sua scadenza fosse stata anticipata al 31.12.2023.
Le esigenze rappresentate dal Comune, che avrebbero giustificato, a parere della difesa dell’amministrazione, il diniego di proroga della concessione, non sono state ritenute tali da permettere il superamento del regime transitorio individuato dall’Adunanza Plenaria: la scadenza del 31.12.2023, infatti, è stata individuata dai giudici a tutela dell’affidamento legittimamente maturato dai titolari delle concessioni che, dunque, avevano confidato nelle proroghe disposte a livello normativo dal legislatore.
Sulla scorta di tali considerazioni, dunque, il Collegio ha statuito l’illegittimità del provvedimento di sgombero dell’area disposto dal Comune, che è stato per l’effetto annullato in quanto “fondato sull’erroneo presupposto della natura abusiva dell’occupazione del bene demaniale da parte del ricorrente”.