Appalti pubblici e rinegoziazione dell’offerta: legittima anche prima della stipula del contratto?
In tema di appalti pubblici, si sta facendo sempre più strada nella giurisprudenza amministrativa il principio per cui gli aggiudicatari possano chiedere (e, in presenza di ben specifiche condizioni, ottenere) la revisione delle clausole contrattuali relative ai prezzi pattuiti con l’amministrazione appaltante già prima della stipula del contratto stesso. Condizione perché ciò possa avvenire, è l’aumento dei costi dei materiali da costruzione in misura tale da rendere non più equilibrato il rapporto contrattuale.
Sebben non manchino pronunce di segno negativo, la recente sentenza del TAR Piemonte n. 180 del 20.2.2023 si colloca in un filone giurisprudenziale tutt’altro che isolato.
Nel caso portato all’attenzione del TAR accadeva che, a causa dell’allungamento dei tempi necessari per gli adempimenti post aggiudicazione, scaduta la vincolatività dell’offerta, l’amministrazione aveva chiesto all’operatore di confermare la validità dell’offerta per altri sei mesi, con conseguente estensione della cauzione. L’aggiudicatario, non confermando la validità dell’offerta, aveva richiesto all’amministrazione di rinegoziare l’offerta presentata in sede di gara, ritenendola non più sostenibile a causa dell’aumento dei costi dei materiali da costruzione.
A fronte del diniego di addivenire ad una rinegoziazione, motivata altresì in forza di una possibile applicazione delle misure previste dal decreto aiuti (nello specifico, l’art. 26 d.l. 50/2022), l’amministrazione dichiarava decaduta l’aggiudicazione, con tanto di segnalazione all’ANAC.
L’aggiudicatario adiva pertanto il TAR ritenendo, in particolare, errato l’operato della stazione appaltante che, a fronte di una richiesta di rinegoziazione dell’offerta, avrebbe dovuto attivarsi per condurre una approfondita istruttoria circa la persistenza della congruità dell’offerta. Peraltro, prosegue il ricorrente, sarebbe altresì inconferente il richiamo all’art. 26, d.l. 50/2022: tale norma non poteva infatti essere applicata al caso di specie (trattandosi di appalto rientrante nei c.d. settori speciali, non coperti dalla predetta disposizione).
In definitiva, secondo il ricorrente, la rinegoziazione avrebbe dovuto assumere carattere pregiudiziale per la successiva stipula del contratto.
Il TAR Piemonte ha accolto il ricorso, sostenendo, in buona sostanza, che l’immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto e che sussiste un legittimo margine di valutazione in capo alla stazione appaltante tra l’alternativa di rimettere a gara o tentare di riportare il contratto a equità.
A sostegno di ciò, il Collegio anzitutto ha ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, le variazioni apportate al contratto non sono tali da violare, sempre e comunque, i principi base in tema di evidenza pubblica (in tal senso, cfr. CGUE, Sez. VIII, 7.9.2016, C/549-14).
Fatta tale premessa, il Collegio fa proprie le conclusioni raggiunte di recente dal TAR Sardegna n. 770/2022 (di cui avevamo parlato in questa news), in cui veniva affermato che:
- poiché “non vi è una disciplina specifica delle sopravvenienze applicabile alla fase tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto”, la legittimità di una rinegoziazione sarebbe da rinvenire nella ratiostessa dell’istituto, ossia riequilibrare il rapporto economico contrattuale;
- la “corretta applicazione del principio di economicità, dunque di buon andamento, dell’amministrazione (richiamato dall’art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici), scongiura una riedizione della procedura, che diversamente s’imporrebbe in tutti i casi di modifica, ancorché non “essenziale”, delle condizioni”.
Di conseguenza, la sussistenza di condizioni che evidenziano la ragionevolezza della richiesta di rinegoziazione di per sé rappresenta un elemento tale per cui l’amministrazione deve necessariamente prendere in considerazione la richiesta medesima, in quanto sarebbe irragionevole (oltre che oneroso sotto il profilo economico) il comportamento dell’amministrazione che decidesse di azzerare gli esiti di una procedura di affidamento in assenza di sostanziali illegittimità della stessa.
In definitiva, il Collegio conclude che è “onere dell’amministrazione assicurarsi di giungere alla stipula di un contratto in condizioni di equilibrio, valutando ogni sopravvenienza segnalata dagli operatori economici partecipanti alla gara che, alla luce del quadro economico e normativo vigente e del contesto socio economico, appaia in grado di alterare tali condizioni, adottando le misure necessarie a ristabilire l’originario equilibrio contrattuale”.
Con l’ulteriore precisazione che “debba trattarsi di sopravvenienze imprevedibili, estranee anche al normale ciclo economico, in grado di generare condizioni di shock eccezionale”, ammonendo, poi, che “è invece preclusa la negoziazione di modifiche che non mirino al recupero dell’equilibrio iniziale del contratto (…) ma che si presentino in grado di estendere in modo considerevole l’oggetto dell’appalto ad elementi non previsti, alterare l’equilibrio economico contrattuale originario in favore dell’aggiudicatario”.
Il TAR ha così disposto l’annullamento della decadenza dell’aggiudicazione e l’obbligo della stazione appaltante di esaminare la proposta di rinegoziazione.
(TAR Piemonte, Sez. II, 20.2.2023, n. 180)