Micro-mobilità in sharing: non si applica il codice dei contratti pubblici
In tema di affidamento dei servizi di micro-mobilità in sharing, la confusione tra i comuni in ordine alle modalità con cui affidare tali tipologie di servizi regna sovrana. In assenza di una espressa previsione normativa, infatti, il dubbio è il seguente: per l’affidamento dei servizi di micro-mobilità in sharing si applica il codice degli appalti pubblici?
Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 2 maggio 2023, si è di recente pronunciato sul punto, precisando che la procedura comparativa per l’assegnazione del servizio di monopattini elettrici in sharing non ha né natura concessoria, né rappresenta un appalto di servizi, sicché non risulta applicabile la disciplina del Codice dei Contratti Pubblici.
La pronuncia trae origine da una procedura indetta dal Comune di Verona per l’individuazione di operatori interessati a svolgere il servizio di noleggio di monopattini elettrici con sistema di free floating sul territorio comunale.
Nell’individuazione dei requisiti di partecipazione, il bando poneva un espresso rinvio ai requisiti di ordine generale previsti dall’art. 80 del d.lgs. 50/2016. Veniva altresì individuato un numero massimo di operatori economici abilitati a svolgere il servizio (pari a 3) , ognuno dei quali poteva proporre un numero di monopattini non inferiore a 300 e non superiore a 400.
La procedura aveva visto la partecipazione di 12 operatori economici, di cui 3 erano risultati regolari vincitori. L’amministrazione aveva approvato la graduatoria, autorizzando le prime tre classificate a presentare una SCIA per l’avvio del servizio di noleggio.
Uno degli operatori partecipanti, non risultato vincitore, aveva impugnato gli atti della procedura comparativa innanzi al TAR Veneto, avanzando numerose censure relative alla presunta violazione delle norme del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016)
Con sentenza n. 476/2022 il TAR Veneto aveva tuttavia respinto il ricorso ritenendo infondate tutte le censure proposte (nello stesso senso si veda TAR Veneto n. 477/2022 di cui abbiamo parlato in questa news). A parere dei giudici di primo grado, la procedura in esame non poteva essere ricondotta “né a un appalto né a una concessione di servizi e nemmeno rientra nell’ambito di applicazione del d.lgs. n. 50 del 2016”.
Secondo i giudici, infatti, una procedura di evidenza pubblica si era resa necessaria, nel caso di specie, in attuazione dell’art. 16 del d.lgs. 59/2010 (attuativo dell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, c.d. direttiva Bolkenstein), il quale prevede espressamente che ove il numero di autorizzazioni per una data attività sia limitato per ragioni legate alle risorse naturali o alle capacità tecniche disponibili sul mercato, le Amministrazioni applicano comunque una procedura di selezione dei candidati, mediante la predeterminazione e la pubblicazione dei criteri e delle modalità di individuazione, in modo da poter assicurare l’imparzialità.
Nel caso di specie, dunque, la procedura ad evidenza pubblica era giustificata dal numero limitato di monopattini che poteva essere introdotto nel territorio comunale e quindi dalla natura ristretta del mercato di riferimento.
Sotto altro aspetto, il TAR aveva precisato che nella documentazione di gara non si rinveniva alcun auto-vincolo, da parte del Comune, rispetto alle disposizioni del Codice dei contratti pubblici (tant’è che ove l’avviso aveva inteso applicare una disposizione del d.lgs. 50/2016, come nel caso dell’art. 80, lo aveva fatto con una prescrizione specifica), né era possibile attribuire al Codice dei contratti pubblici portata auto-applicativa: “al di fuori dell’ambito di applicazione del Codice e delle c.d. Direttive appalti trovano applicazione, non le singole disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016, ma solo i principi generali – nazionali e unionali – di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità, principi tutti che richiedono la predeterminazione dei criteri e delle modalità di selezione dei candidati”.
La sentenza è stata impugnata dall’appellante che, nel riporre i motivi di ricorso già esposti in primo grado, ha sostanzialmente contestato la sentenza nella parte in cui non ha ritenuto applicabile alla procedura in questione le norme del Codice dei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato ha condiviso l’orientamento esposto dalla sentenza di primo grado.
Il ragionamento seguito dai giudici parte tuttavia da una ricognizione della disciplina del servizio di noleggio dei monopattini elettrici. Questa è contenuta nell’art. 1, comma 75-ter e ss. della legge 190/2019, in cui si stabilisce che per lo svolgimento del servizio di noleggio dei monopattini elettrici è necessario il rilascio di un titolo autorizzativo e il numero di atti che possono essere rilasciati è contingentato.
Tali aspetti rendono evidente, secondo i giudici, l’applicazione dell’art. 16 del d.lgs. 59/2010 all’affidamento di tali tipologie di servizi.
Osservano i giudici che la gestione del noleggio di monopattini in modalità free floating è una attività da esercitarsi in regime di libero mercato, soggetta ad atti autorizzatori amministrativi. E’ dunque in ragione delle peculiarità del settore e della sua normativa che i giudici hanno confermato che ““nel caso in cui – per il contingentamento del numero di titoli disponibili – il rilascio delle autorizzazioni avvenga all’esito di una procedura comparativa tra gli interessati, non oggetto di specifica disciplina normativa, le regole proprie di un ordinario procedimento di autorizzazione devono essere declinate in rigoroso rispetto dei criteri di imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità cui ogni procedura selettiva deve conformarsi per dirsi conforme ai principi costituzionali dell’azione amministrativa (così come accade, ad esempio, per le procedure dirette a selezionare i concessionari di finanziamenti pubblici, sulle quali cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2021, n. 208; V, 29 gennaio 2020, n. 727).”.
Il Collegio ha così confermato la legittimità della procedura comparativa realizzata dall’amministrazione comunale per l’individuazione degli operatori economici da autorizzare per esercitare il servizio di sharing su territorio comunale, escludendo l’applicabilità del Codice dei contratti pubblici, e confermato le argomentazioni del TAR prime cure.
La sentenza in parola contribuisce così a dare certezza non solo alla normativa applicabile nel settore dei monopattini in sharing, ma anche a rendere più chiare quali regole possono veicolare l’accesso al mercato per gli operatori dei servizi di sharing mobility.