Mancato riscontro ad accesso agli atti: il rischio è il danno erariale
Il mancato riscontro alle istanze di accesso agli atti può avere come conseguenza non solo l’eventuale condanna da parte del TAR adito all’ostensione degli atti richiesti, ma anche la condanna della Corte dei Conti del singolo dipendente pubblico che non ha dato seguito alla legittima richiesta d’accesso avanzata.
A confermarlo è una pronuncia della Corte dei Conti della Campania che si è espressa proprio in merito alla responsabilità erariale del pubblico funzionario che, non riscontrando la richiesta d’accesso avanzata all’Ente, ha provocato la condanna alle spese di lite dell’ente nell’ambito del giudizio amministrativo sull’accesso.
Un comune, infatti, era stato condannato dal TAR Campania alle spese di lite per un giudizio in materia di accesso agli atti: nel dichiarare l’illegittimità del diniego tenuto dal Comune sull’istanza di accesso, i giudici avevano condannato l’amministrazione all’ostensione degli atti e alla rifusione delle spese di lite.
Nello specifico, il contenzioso in oggetto traeva origine dalla richiesta di accesso agli atti esercitata da alcuni consiglieri comunali ex art. 43 TUEL e indirizzata al segretario comunale, al fine di ottenere l’ostensione di documenti nella disponibilità dell’Ente
Nonostante la domanda contenesse sia il riferimento al numero di protocollo che all’oggetto dei documenti richiesti, il segretario non aveva evaso la richiesta di accesso.
Secondo la Procura contabile, tale atteggiamento integrerebbe una condotta colposa del segretario comunale il quale, contravvenendo ai propri obblighi di servizio, aveva omesso di soddisfare una rituale istanza di accesso agli atti, provocando la condanna giudiziale del Comune al pagamento della complessiva somma di € 6.580,56.
Evocato in giudizio, il segretario si è difeso deducendo la propria incompetenza al soddisfacimento della istanza formulata, sottolineando come i consiglieri richiedenti l’accesso avrebbero dovuto rivolgere la relativa istanza direttamente agli uffici in possesso della documentazione richiesta.
Il Collegio ha ritenuto sussistente una responsabilità contabile in capo al segretario, ravvisando la presenza di tutti gli elementi tipici della responsabilità amministrativa.
Ebbene, quanto al rapporto di servizio, ossia il formale rapporto di impiego che lega il segretario al comune, questo è stato pacificatamene rinvenuto in virtù dell’inserimento del medesimo nell’organizzazione amministrativa dell’ente in qualità di segretario comunale, con partecipazione attiva allo svolgimento di un servizio pubblico e al perseguimento di interessi pubblici.
Con riferimento, poi, alla condotta e all’elemento soggettivo, il Collegio ha ravvisato l’illiceità del comportamento negligentemente serbato dal segretario il quale, “attraverso un’inescusabile condotta dilatoria ed ostruzionistica, ha vanificato l’istanza di accesso formulata da taluni consiglieri, così contravvenendo ai propri doveri d’ufficio”.
L’antigiuridicità della condotta tenuta dal segretario è stata ritenuta gravemente colposa, secondo i giudici, in ragione del ruolo rivestito del segretario, quale vertice giuridico-amministrativo dell’Ente e garante della legittimità dell’azione amministrativa. L’art. 97 TUEL infatti individua nel segretario comunale colui che “svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti”.
Nel caso di specie, i giudici contabili hanno rilevato come il convenuto fosse stato investito da una richiesta d’accesso nell’esercizio delle sue funzioni da parte di alcuni consiglieri comunali sicché, sussistendone i presupposti, era obbligato ad evadere la richiesta.
Precisa a tal proposito il Collegio che il segretario avrebbe potuto al più smistare l’istanza agli uffici in possesso della documentazione seguendone poi il relativo iter. Tuttavia nulla di tutto ciò risultava avvenuto nella vicenda in esame.
Il comportamento del segretario, che aveva rivolto ai consiglieri una richiesta di integrazione dell’istanza di accesso, avrebbe ingenerato e rafforzato nei consiglieri il ragionevole affidamento in ordine alla corretta attivazione del procedimento; così facendo il segretario aveva riconosciuto la propria competenza a ricevere la domanda di accesso e ad inoltrarla agli uffici preposti.
Nessun impedimento oggettivo o errore scusabile era stato peraltro dichiarato dal segretario che, dunque, aveva agito con colpa grave. La Corte ha così condannato il segretario al pagamento dell’importo di € 5.000, oltre interessi.