Appalti pubblici: immediatamente escludente la clausola in contrasto con la disciplina dei CAM?
In materia di appalti pubblici, cosa accade quando la lex specialis contenga una clausola in contrasto con la disciplina del codice appalti in tema di CAM? Una recente pronuncia del TAR Catania offre spunti di riflessione sul punto.
La disciplina dei criteri ambientali minimi (c.d. CAM) è motivo di confronto, in giurisprudenza, per la delicatezza dell’istituto,in quanto ineriscono i requisiti minimi attraverso cui le stazioni appaltanti individuano le soluzioni progettuali, i prodotti o i servizi migliori dal punto di vista ambientale (ne parliamo approfonditamente in questa news).
Vale precisare che, per quanto in questa sede di rilievo, la normativa di riferimento per l’istituto in questione è, ratione temporis, quella di cui all’art. 34, d.lgs. 50/2016. È, poi, opportuno evidenziare che l’espressione criteri ambientali minimi ha differente disciplina a seconda del settore di riferimento.
Nel caso di specie, essa si riferisce allo specifico settore della progettazione e l’esecuzione di lavori di costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici – come previsto dal D.M. 23 giugno 2022, che sostituisce il previgente decreto dell’11 ottobre 2017.
Il caso qui esaminato presenta degli aspetti interessanti per inquadrare l’istituto.
A margine di una procedura di gara per l’affidamento del servizio di gestione di impianti tecnologici per una azienda ospedaliera, uno dei partecipanti alla procedura impugnava la documentazione relativa alla progettazione.
La predetta documentazione, in particolare, era ritenuta non conforme alle specifiche tecniche e alle clausole contrattuali in tema di criteri ambientali minimi (c.d. CAM), di cui agli artt. 4 ss., D.M. 11 ottobre 2017, nonché redatta in maniera non conforme alla normativa vigente sul punto (artt. 34 e 71 del d.lgs. 50/2016).
Facendo proprio quanto statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 4/2018) sul tema delle clausole immediatamente escludenti, il ricorrente sostiene come le clausole cui si è fatto sin qui riferimento siano da intendersi come immediatamente escludenti, per ciò stesso suscettibili di una immediata impugnazione dinanzi al giudice amministrativo.
Ciò in quanto: a) sarebbero stati violati gli artt. 34 e 71, d.lgs. 50/2016 nonché gli artt. 4 ss., D.M. 11 ottobre 2017; b) la documentazione di gara non conterrebbe le diagnosi e le certificazioni energetiche relative ad impianti ed edifici, nonché le prescrizioni di cui al menzionato decreto ministeriale in tema di CAM; c) a dispetto di tale mancanza, la lex di gara ha richiesto agli operatori di produrre, unitamente all’offerta, l’analisi normativa, funzionale ed energetica degli impianti nonché le proposte di interventi di efficienza energetica i cui costi non rientrano nel canone.
Il Collegio, dopo un’articolata esegesi della questione, rigetta il ricorso con una motivazione precisa e puntuale.
Prendendo le mosse dalla citata Adunanza Plenaria n. 4/2018 – secondo cui tutte le clausole del bando non immediatamente escludenti vanno impugnate unitamente all’atto di aggiudicazione dell’appalto ovvero al provvedimento di esclusione dalla gara – il Collegio ricorda, prioritariamente, come gli atti di gara devono essere impugnati unitamente ai provvedimenti che di essi fanno applicazione – nello specifico, l’aggiudicazione o il provvedimento di esclusione dalla procedura – in quanto sono questi ultimi ad identificare il soggetto leso e a rendere concreta la lamentata lesione della situazione soggettiva suscettibile di tutela.
Con particolare riguardo ai CAM, poi, il Giudice amministrativo ha ritenuto opportuno evidenziare la circostanza che l’eventuale difformità della disciplina di gara rispetto alla normativa vigente – nel caso di specie, il d.lgs. 50/2016 – non fa sorgere l’obbligo di immediata impugnazione degli atti di gara, allorché la difformità in questione non rientri nel novero delle c.d. clausole immediatamente escludenti.
È bene precisare che il carattere immediatamente escludente di una clausola della lex specialis – tale da rendere necessaria l’immediata impugnazione della stessa – è riscontrabile in quelle previsioni che non consentono la partecipazione dell’impresa alla procedura di gara: si tratta, nello specifico, di clausole che richiedono il possesso, in capo al potenziale partecipante, di requisiti di cui questi non è in possesso ovvero di adempimenti che il partecipante non è in grado di garantire, così da rendergli non conveniente (se non impossibile) la partecipazione.
Venendo, ora, al caso di specie, la contestata difformità delle previsioni di lex specialis in tema di CAM rispetto alla disciplina legislativa vigente, secondo il Giudicante, non appare suscettibile di immediata impugnazione, in quanto non si tratta di clausole tali da non consentire un’utile partecipazione alla procedura in questione, cosicché non sussiste la lamentata lesione del c.d. principio di massima partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica.
In altri termini, il TAR osserva che “il carattere escludente della clausola contestata, ai fini dell’accertamento della ammissibilità del ricorso, deve essere verificato dallo specifico punto di vista dell’impresa ricorrente, dovendo accertarsi se l’efficacia della clausola medesima precluda la partecipazione della stessa alla gara e/o l’aggiudicazione a suo favore della concessione”.
La pronuncia conferma la validità e l’importanza posti alla base della previsione nei bandi di gara dei criteri ambientali minimi, i quali trovano – come è logico attendersi – spazio nel d.lgs. 36/2023 all’art. 57, comma 2, grazie ad una maggiore attenzione riposta dal legislatore per i c.d. “appalti green”: “Le stazioni appaltanti valorizzano economicamente le procedure di affidamento di appalti e concessioni conformi ai criteri ambientali minimi”.