La condanna per reato estinto o depenalizzato non determina l’esclusione
La condanna per un reato estinto oppure depenalizzato non comporta l’esclusione dell’operatore economico da una procedura ad evidenza pubblica.
Si tratta di un principio che, sebbene sia stato a lungo accolto positivamente nella giurisprudenza amministrativa, è stato sempre oggetto di un vivace dibattito, forse a causa di una normativa, quella dei contratti pubblici, non molto chiara.
Ci siamo occupati in passato delle incertezze interpretative che risiedevano nell’art. 80, d.lgs. 50/2016 e s.m.i. (qui il link per una consultazione integrale della news).
Ed infatti, il previgente codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016 e s.m.i.) disciplinava all’art. 80, comma 3, ultimo periodo, una casistica alquanto complessa, stabilendo i casi in cui l’esclusione dell’operatore economico non poteva essere disposta qualora, fra l’altro, il reato fosse stato depenalizzato ovvero quando il reato fosse stato dichiarato estinto dopo la condanna.
Il problema di fondo si è sempre posto in relazione all’ipotesi di patteggiamento della pena ex art. 444 e ss. c.p.p. accolta favorevolmente dal Pubblico ministero (poi formalizzata con un pronunciamento del Tribunale).
Orbene, il Giudice amministrativo campano, interrogandosi sulla legittimità dell’esclusione comminata da una stazione appaltante nei confronti di un operatore economico che aveva dichiarato la pendenza di applicazione delle pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per un reato ambientale, ha stabilito la palese violazione della normativa da parte dell’ente in considerazione del fatto che l’esclusione fosse stata disposta su di un reato estinto, in quanto inefficace a produrre effetti circa i requisiti soggettivi della società concorrente della procedura selettiva.
L’iter logico seguito dal Giudice amministrativo è chiaro e lineare: ricostruendo la vicenda penale ed i relativi risvolti, il Tar campano ha chiaramente evidenziato la finalità che ha portato la Società a ricorrere innanzi al Giudice amministrativo, ovvero quella di non vedersi escludere per carenza di un requisito morale tale da minare, specie per il futuro, la sua affidabilità compromettendo la partecipazione a successive gare ad evidenza pubblica.
La pronuncia, in realtà, pone un’ulteriore riflessione fondamentale, laddove si interroga sulla natura e sulla portata escludente della sentenza di patteggiamento: “Il provvedimento di estinzione del reato determina il venire meno di “ogni effetto penale” (art. 460, comma 5, c.p.p.) della condanna e della portata preclusiva della stessa, con l’ulteriore effetto di escludere dagli obblighi di dichiarazione del partecipante le condanne penali per “reati gravi” quelli estinti o depenalizzati. Ciò non perché, una volta intervenuta l’estinzione, il reato non rivesta più il carattere della “gravità”, quanto perché il provvedimento giudiziale dichiarativo di estinzione del reato incide sul potere della stazione appaltante di apprezzare l’incidenza delle sentenze di condanna cui si riferiscono i fatti penalmente rilevanti“.
Dunque, secondo il giudizio critico espresso dal Tar campano, l’intervenuta estinzione non fa venir meno il carattere della gravità, bensì influisce sulla discrezionalità della stazione appaltante circa i fatti oggetto della condanna; da tale premessa, il Giudice ne ricava la successiva conseguenza per cui “L’intervenuta dichiarazione di estinzione del reato prevale su ogni valutazione discrezionale della stazione Appaltante in merito all’incidenza della condanna sul requisito di affidabilità morale e professionale dell’operatore economico“.
Nell’individuare il paradigma normativo su cui fonda la pronuncia, il Giudice amministrativo coglie l’occasione, per un verso, di acclarare che la sentenza di patteggiamento, a mente del Codice del 2016, è irrilevante essendo decorso il termine del triennio previsto dall’art. 80, comma 10-bis, per altro verso, che il legislatore con il nuovo Codice dei contratti pubblici, in relazione alla sentenza di patteggiamento, “ha reso applicabili … le indicazioni contenute all’art. 445, comma 1-bis, c.p.p. – disposizione introdotta dall’art. 1, comma 4, lett. e), num. 2) l. 9 gennaio 2019, n. 3 (c.d. “Riforma Cartabia”) – secondo cui <<la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi>>“.
Nel giungere alla conclusione, il Tar Campano si pone sulla scia dei pronunciamenti giurisprudenziali consolidati, affermando il principio di diritto secondo cui “l’obbligo del partecipante di dichiarare le condanne penali «non ricomprende le condanne per reati estinti o depenalizzati […] in ragione dell’effetto privativo che l’abrogatio criminis (ovvero il provvedimento giudiziale dichiarativo della estinzione del reato) opera sul potere della stazione appaltante di apprezzare la incidenza, ai fini partecipativi, delle sentenze di condanna cui si riferiscono quei fatti di reato”.
Deve cogliersi positivamente l’art. 94, comma 7, d.lgs. 36/2023, il quale conferma, mediante una formulazione più chiara, che l’esclusione non è disposta allorquando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna.