Abbandono o deposito di rifiuti: chi provvede alla rimozione?
In caso di abbandono o deposito incontrollato dei rifiuti in un terreno o in un’area è alquanto complicato individuare il soggetto cui compete di procedere alla rimozione e smaltimento dei rifiuti.
La giurisprudenza amministrativa, ogni qualvolta è stata chiamata a dirimere controversie concernenti l’abbandono di rifiuti, ha da sempre espresso un principio chiave: la tutela dell’ambiente apprestata dall’ordinamento giuridico impone un obbligo di ripristino dei luoghi al fine di scongiurare che l’evento dannoso possa arrecare un pregiudizio serio ed irreparabile all’ambiente, oltre che alle generazioni future.
In precedenza, ci siamo occupati di come l’ordinamento giuridico si preoccupi di tutelare il cd. “diritto ad un ambiente salubre” (qui il link per una consultazione integrale della notizia) in un’ottica di prospettiva di crescita economica e sociale dell’uomo in generale.
Nel caso che qui affrontiamo, invece, torniamo a discutere del tema delle responsabilità proprie allorquando su di un’area privata (l’esatta qualificazione del sito non varia anche qualora il bene sia pubblico) viene riscontrata la presenza di rifiuti abbandonati o depositati illecitamente.
In questi casi, solitamente, l’Autorità preposta alla vigilanza è tenuta ad emanare un ordine di ripristino mediante rimozione e smaltimento dei rifiuti: nel caso esaminato, l’ordine è emesso da parte del Sindaco del Comune ove insiste l’area in forza dei poteri di ordinanza contingibile ed urgente ex art. 50, d.lgs. 267/2000 e s.m.i., recante “Competenze del sindaco e del presidente della provincia” trattandosi di un esempio classico di emergenza sanitaria o di igiene pubblica in relazione “all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente”.
I destinatari di tale ordine, solitamente, sono quei soggetti che risultano titolari di diritti reali di godimento dei beni ove l’abbandono o il deposito si è verificato, salvo il caso in cui il trasgressore sia prontamente individuato (caso ancora diverso è quello della la società che esercita l’attività pericolosa, dichiarata fallita, di cui abbiamo parlato in questa news).
Orbene, nel caso esaminato l’ordinanza individuava quali soggetti obbligati alle operazioni di rimozione e smaltimento dei rifiuti, sia i comproprietari del terreno, sia il gestore della rete elettrica, quale titolare di una servitù di elettrodotto.
A fronte dell’ordinanza sindacale, le parti insorgevano innanzi al Giudice amministrativo, reclamando l’illegittimità dell’ordine di rimozione e smaltimento dei rifiuti per diversi ordini di motivi, di cui:
- uno concernente il difetto di partecipazione dei soggetti interessati nel corso dell’istruttoria, i quali eccepivano la violazione del principio del contraddittorio desumibile dall’art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006 e s.m.i., per l’accertamento di eventuali responsabilità derivanti dall’abbandono dei rifiuti;
- un altro il difetto di istruttoria poiché, a ragion del gestore della rete, esso era da ritenersi estraneo agli addebiti mossi dall’Ente civico.
Il giudice amministrativo, previo richiamo della normativa di settore, ha ritenuto fondato il ricorso, annullando di conseguenza gli atti e provvedimenti impugnati.
Occorre osservare che l’art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006 e s.m.i., disciplina il divieto di abbandono dei rifiuti, stabilendo in termini generali che “l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati” e, specificatamente, che “Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.
Dal dato testuale della disposizione emerge che:
- alla rimozione dei rifiuti è tenuto il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti;
- in via solidale è tenuto il proprietario o chi abbia a qualunque titolo la disponibilità ove ad esso sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa;
- non è configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti.
Sulla scorta di tali considerazioni, il Giudice amministrativo ha acclarato che “Si deve … censurare l’operato dell’Amministrazione ogni qualvolta essa ometta di dedurre, in concreto e in assenza di accertamenti eseguiti in contraddittorio con i soggetti interessati, profili di responsabilità a titolo di dolo o colpa in capo al soggetto sanzionato, essendo essi necessari per imporre l’obbligo di rimozione dei rifiuti“.
Dunque, secondo la prospettiva del Tar pugliese, l’ordinanza di rimozione dei rifiuti (ed il potere amministrativo esercitato) soggiace a due elementi fondamentali:
- non è sufficiente, ai fini degli obblighi di rimozione e smaltimento, il presupposto della sola titolarità del diritto reale o di godimento sulle aree interessate dall’abbandono dei rifiuti, atteso che la disposizione richiede la sussistenza dell’elemento psicologico;
- è necessario l’accertamento della responsabilità soggettiva, in contraddittorio con i soggetti interessati, da parte dei soggetti preposti al controllo.
L’assenza di tali condizioni determina, nel caso di specie, l’illegittimità dell’ordine di rimozione ove riferito, specificatamente, al gestore della rete elettrica, titolare di un diritto di servitù che si occupa della corretta manutenzione e del funzionamento dell’impianto di trasporto dell’energia. Il Tar, in particolare, ha evidenziato, anche sulla scorta della tipologia dei rifiuti presenti nell’area (residui di opere edili che, come tali riconducibili ad attività svolta da terzi), che l’esistenza di una posizione giuridica (servitù di elettrodotto) non costituisce prova della colpevolezza.
Il Giudice amministrativo ha ritenuto insufficiente quanto acclarato dall’Ente lil quale si è limitato ad allegare un generico riferimento alla posizione del gestore della rete quale titolare di diritti reali, nonché di soggetto responsabile della rimozione completa dei rifiuti abbandonati nelle aree individuate sul suolo, evidenziando, quanto all’elemento psicologico della colpa, che “non può ravvisarsi nel fatto che la società abbia la gestione dell’elettrodotto sotto al quale insiste la porzione di terreno sul quale sono stati trovati i rifiuti (circostanza invero nemmeno tracciata nell’atto impugnato, ma desumibile dagli atti di causa). Infatti … l’obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato“.
Appare evidente, pertanto, che la condotta omissiva descritta dall’art. 192 Codice dell’ambiente, affinché sia legittimamente configurabile, necessita di un accertamento o una dimostrazione dell’elemento psicologico che impone una completa istruttoria e un’esauriente motivazione che, nel caso evidenziato, sono stati omessi e disattesi.
La rigidità di tale interpretazione, per un verso, depone a favore di coloro che sono “non colpevoli” dell’abbandono dei rifiuti, per altro verso, rischia di pregiudicare la tutela ambientale nei casi in cui diviene difficile individuare, con estremo rigore, l’autore dell’illecito dell’abbandono.
TAR Puglia Sez. I, 15.2.2023, n. 309