L’aggiudicazione di appalti a società russe: il Tar “fissa” le regole.

L’attuale normativa unionale non consente ad un cittadino o una persona fisica o giuridica, un’entità o un organismo stabiliti in Russia di partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica rientrante nell’ambito di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici o eseguire contratti pubblici.

Si tratta di un principio che è stato affermato in una recente pronuncia del Giudice amministrativo, il quale è stato investito da un’impresa che lamentava l’errata aggiudicazione disposta dal Ministero degli Esteri nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di servizi attinenti le attività ausiliarie al rilascio di visti di ingresso in Italia e legalizzazioni.

Ci siamo occupati, in precedenza, degli impatti provocati dal conflitto bellico nella normativa interna italiana, specie allorquando il legislatore italiano è corso ai ripari avverso l’aumento dei costi energetici mediante una normativa specifica (questo link è possibile consultare la news in via integrale).

Prima di entrare nel merito della vicenda qui in commento, è bene rilevare che il Giudice amministrativo ha affrontato la questione relativa all’assetto societario dell’impresa aggiudicataria, iraniana nel caso di specie con partecipazioni estere, acclarando, all’esito di tale verifica, l’infondatezza del ricorso proprio perchè la società aggiudicataria dei servizi non rientrava nell’ambito delle esclusioni di cui alla normativa unionale.

Il Giudice amministrativo, nel corso della disamina della vicenda, ha approfondito la normativa di settore, la quale si compone dal Regolamento UE n.833/2014, così come modificato con Regolamento UE n.576/2022, il quale introduce delle misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina.

Nei considerando introduttivi del Regolamento, il diritto unionale prevede, in generale, una serie di principi che l’Unione ha inteso introdurre per fronteggiare, mediante iniziative restrittive di carattere economico-finanziario, le inammissibili attività belliche russe in danno dell’Ucraina, prevedendo, ad esempio, l’opportunità di applicare restrizioni sulle esportazioni di determinati beni e tecnologie a duplice uso, e sulla prestazione dei servizi connessi, nonché applicare restrizioni su determinati servizi connessi alla fornitura di armi e materiale militare.

Nel caso sottoposto al Giudice amministrativo, la disposizione che viene posta al centro dell’attenzione è l’art. 11 del Regolamento, il quale stabilisce che “È vietato aggiudicare o proseguire l’esecuzione di qualsiasi contratto di appalto pubblico o di concessione rientrante nell’ambito di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici, nonché dell’articolo 10, paragrafi 1 e 3, paragrafo 6, lettere da a) a e), e paragrafi 8, 9 e 10, e degli articoli 11, 12, 13 e 14 della direttiva 2014/23/UE, degli articoli 7 e 8, dell’articolo 10, lettere da b) a f) e da h) a j), della direttiva 2014/24/UE, dell’articolo 18, dell’articolo 21, lettere da b) a e) e da g) a i), e degli articoli 29 e 30 della direttiva 2014/25/UE, nonché dell’articolo 13, lettere da a) a d), da f) a h) e j), della direttiva 2009/81/CE, a o con:

a) un cittadino russo o una persona fisica o giuridica, un’entità o un organismo stabiliti in Russia;

b) una persona giuridica, un’entità o un organismo i cui diritti di proprietà sono direttamente o indirettamente detenuti per oltre il 50 % da un’entità di cui alla lettera a) del presente paragrafo; oppure

c) una persona fisica o giuridica, un’entità o un organismo che agiscono per conto o sotto la direzione di un’entità di cui alla lettera a) o b) del presente paragrafo, compresi, se rappresentano oltre il 10 % del valore del contratto, subappaltatori, fornitori o soggetti sulle cui capacità si fa affidamento ai sensi delle direttive sugli appalti pubblici”.

La misura restrittiva prevista dal Regolamento, dunque, opera attraverso un criterio soggettivo, criterio che nella vicenda esaminata dal Tar laziale non ricorreva, in quanto la società aggiudicataria era sì composta da una società russa, ma quest’ultima non raggiungeva la proprietà del 50% del capitale della società di altro Stato (escluso dalle disposizioni del Regolamento).

Per tali ragioni, il Giudice amministrativo ha confermato la legittimità dell’aggiudicazione disposta dall’Ente ministeriale.

Ora, a prescindere dagli aspetti propri della vicenda esaminata, ciò che rileva nel caso di specie è che allorquando ricorrono i presupposti sanciti dal Regolamento, qualsiasi operatore economico non può concorrere all’affidamento di una commessa pubblica; agli occhi dei più esperti tale meccanismo potrebbe apparire lesivo della concorrenza, ma è altrettanto vero che tali misure (imposte a livello unionale) sono finalizzate a tutelare, seppur in via trasversale, l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina onde promuovere una soluzione pacifica della crisi, interessi che possono certamente porsi su di un piano sovrastante (e che recedono) rispetto alla concorrenza.

(Tar Lazio Sez. III, 27 aprile 2023, n. 7251)