Anche un solo decreto di rinvio a giudizio può essere valutato come indice di inaffidabilità professionale ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett c), del D.Lgs. 50/16.
Una cooperativa partecipa a una gara per il servizio di trasporto scolastico di cui era gestore uscente in regime di proroga tecnica.
Rilevata l’esistenza di un decreto di rinvio a giudizio in capo all’amministratore della ditta, il Comune ne dispone l’esclusione ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. c), del Codice.
In particolare, la stazione appaltante ha ritenuto l’impresa professionalmente inaffidabile in quanto, da un lato, la fattispecie di reato era proprio una turbata libertà degli incanti (353 c.p.), dall’altro, la procedura cui erano collegati i fatti contestati aveva il medesimo oggetto della gara in corso.
La cooperativa presenta ricorso al TAR, sostenendo che la mera esistenza di un decreto di rinvio non rientrerebbe, di per sé, tra i fatti idonei ad integrare un grave illecito professionale.
I giudici, precisando nuovamente che l’art. 80, co. 5, lett c), contiene una elencazione solo esemplificativa di casi di inaffidabilità professionale, hanno stabilito che le amministrazioni hanno il potere discrezionale di valutare la condotta sottostante anche a un mero decreto di rinvio a giudizio, purché, in caso di esclusione, se ne dia adeguata e pertinente motivazione.
Nella specie, secondo il TAR – avendo il comune espressamente motivato sul fatto che, non solo si trattava dello stesso tipo di gara, ma che il reato contestato riguardava, proprio, condotte distorsive della concorrenza – il giudizio di inaffidabilità professionale è stato correttamente svolto, con conseguente legittimità dell’applicazione dell’art. 80, co. 5, lett c), del Codice e, dunque, dell’esclusione
Quindi, pur in assenza di sentenza penale definitiva di condanna, anche i decreti di rinvio a giudizio sono valutabili come indice di affidabilità professionale ex art. 80, co. 5, lett. c), del Codice.