Gli appalti socialmente responsabili: le indicazioni operative di ANAC.
Gli appalti socialmente responsabili sono un tema più che attuale.
In materia di pari opportunità tra uomo e donna il legislatore nazionale, con il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, ha voluto riunire e coordinare in un unico testo normativo le disposizioni vigenti per la prevenzione e rimozione di ogni forma di discriminazione fondata sul sesso.
L’impianto normativo ha assunto le vesti di un vero e proprio codice denominato “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246”.
Si è trattato di un importante traguardo verso il godimento e l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile e in ogni campo con l’obiettivo di superare e rimuovere qualsivoglia forma di discriminazione.
A distanza di qualche anno, con la legge 5 novembre 2021, n. 162, sono state apportate modifiche al codice, specie per ciò che concerne la certificazione della parità di genere, prevista a decorrere dal 1 gennaio 2022 secondo un regime differenziato del numero degli occupati in aziende pubbliche e private. indispensabile “al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale e parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità”.
Orbene, le previsioni normative non potevano produrre effetti nel settore degli appalti pubblici.
Per tale ragione, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, nell’esercizio delle attività istituzionali di competenza, ha ritenuto opportuno fornire indicazioni interpretative e suggerimenti specifici alle stazioni appaltanti per l’attuazione dell’obbligo da ultimo introdotto.
Ciò al fine di favorire la corretta ed uniforme applicazione della norma, con particolare riferimento al rispetto dei principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, conclamati dal legislatore.
L’Autorità ha osservato che la disposizione in esame costituisce attuazione della normativa comunitaria e nazionale sugli appalti socialmente responsabili che mira al conseguimento di impatti sociali positivi nei contratti pubblici, promuovendo opportunità di lavoro, il miglioramento del livello di competenze e la riqualificazione della forza lavoro, condizioni di lavoro dignitose, l’inclusione sociale, la parità di genere e la non discriminazione, l’accessibilità, il commercio etico, nonché un più ampio rispetto degli standard sociali.
L’articolo 5 della legge 162/2021 stabilisce che “Compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al possesso da parte delle aziende private, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, della certificazione della parità di genere“.
La previsione si inserisce, dunque, anche all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, essendo previsto un esplicito rafforzamento del sistema di certificazione della parità di genere mediante l’introduzione di alcuni correttivi al codice dei contratti pubblici.
In particolare:
a) all’articolo 93, comma 7, si prevede che il possesso della certificazione della parità di genere è tra le condizioni per l’ottenimento della riduzione del 30 per cento dell’importo della garanzia provvisoria, nei contratti di servizi e forniture;
b) all’articolo 95, comma 13, è prevista l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 tra le circostanze che consentono l’attribuzione di un maggior punteggio in sede di valutazione dell’offerta.
Sulla base di tali previsioni, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha osservato che “le stazioni appaltanti dovranno indicare negli avvisi e nei bandi di gara i criteri premiali che intendono applicare con riferimento all’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere, nonché le modalità di dimostrazione del requisito. Detti criteri devono essere individuati nel rispetto dei principi comunitari di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità. Un valido strumento di riferimento per le stazioni appaltanti è rappresentato dalla «Guida considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici (seconda edizione)» elaborata dalla Commissione europea (2021/C 237/01). Tale documento fornisce esempi di strategie organizzative e di criteri di aggiudicazione sociale utilizzabili al fine di stimolare il mercato a fornire risultati socialmente più responsabili“.
L’argomento della parità di genere è uno dei più controversi, non a caso ne abbiamo discusso in precedenza (a questo link è possibile consultare una precedente news sul tema).
Quanto agli aspetti propri amministrativi, ciò che ci si aspetta dalla previsione normativa è certamente di conseguire, in tempi rapidi, un’uguaglianza di genere sostanziale, non solo in termini occupazionali, ma anche (e soprattutto) negli organi delle società pubbliche; se il legislatore ha inteso introdurre strumenti di attuazione della parità di genere, ciò che è mancata è stata una previsione sanzionatoria che, nel breve periodo, avrebbe certamente condotto a risultati eccellenti nell’ambito dell’inclusione lavorativa.