Il principio del risultato negli appalti pubblici: il (difficile) bilanciamento dei principi nel nuovo codice

In materia di appalti pubblici, la funzione a cui assolvono i principi amministrativi è certamente quella di precisare la portata applicativa delle disposizioni permettendo, a seconda delle circostanze, di chiarire la volontà del legislatore. In più occasioni ci siamo occupati di esaminare tale aspetto rispetto a singole fattispecie concrete, come nella vicenda illustrata consultabile a questo link, relativa al principio di rotazione e alle concrete modalità applicative.

In vista dell’acquisizione di efficacia delle previsioni del nuovo Codice, le pronunce giurisprudenziali che operano un richiamo alle neo disposizioni sono molteplici.

Tra queste, merita certamente un cenno quella recentemente resa pubblica dal Supremo Consesso amministrativo che, a seguito di una lite insorta tra due Amministrazioni (un comune e l’Ente regionale) sull’avvenuta revoca di un contributo concesso per lavori attinenti l’efficienza di un edificio scolastico, si è soffermato sulla disciplina degli appalti pubblici e, in particolare, sull’attualità del principio di proporzionalità cui deve essere informata l’attività delle pubbliche amministrazioni.

Deve evidenziarsi sin d’ora che il Giudice amministrativo di secondo grado, confermando la statuizione resa dal TAR, è giunto a respingere l’atto di appello perchè infondato, riformando in parte il contenuto della pronuncia di primo grado che aveva avallato la tesi difensiva (e dunque la correttezza) dell’Amministrazione comunale.

L’aspetto centrale della vicenda (che trae origine sulla scorta del codice di cui al d.lgs. 163/2006) e sul quale ci si vuol soffermare attiene alla portata applicativa dei principi di cui alla disciplina appalti, ma muove dalla modalità prescelta dall’Ente comunale circa l’individuazione dei concorrenti: nel caso di specie, quanto alla componente lavori, il tipo di procedura prescelta dall’Ente civico (procedura negoziata senza pubblicazione del bando di importo ridottissimo pari a circa 111.650 euro), secondo la prospettazione operata dalla Regione, sarebbe affetta da illegittimità (per violazione degli obblighi pubblicitari e di trasparenza) stante la mancata pubblicazione di un apposito avviso, nonché dalla carente motivazione. Sempre secondo la tesi regionale, a fronte di tali criticità, il contributo concesso avrebbe dovuto essere (come poi verificatosi) oggetto di revoca.

La pronuncia resa dal Consiglio di Stato opera, innanzitutto, un richiamo della normativa regionale speciale, la quale prevede una semplificazione delle procedure in materia di opere pubbliche i cui lavori finanziati vengono affidati mediante ricerca di mercato: il Giudice amministrativo, tuttavia, ne esclude l’applicazione diretta al caso, evidenziandone il perimetro applicativo, traendo comunque la conseguenza che tale esclusione non comporta l’illegittimità della revoca per violazione dei principi eurounitari.

Il Giudice amministrativo, nel ripercorrere l’iter argomentativo, pone un rinvio alle previsioni di cui al cottimo fiduciario introdotte dal previgente art. 125, comma 11, d.lgs. 163/2006, per lavori di importo inferiore alla soglia di 200.000 euro, deducendo che “il cottimo fiduciario non è una vera e propria gara, ma una trattativa privata, ossia una scelta altamente discrezionale che è temperata soltanto dal rispetto dei principi di trasparenza ed imparzialità da attuare attraverso la rotazione tra le ditte da consultare e con le quali negoziare le condizioni dell’appalto“.

Descrivendo, sinteticamente, l’istituto, con rinvio operato anche alla cd. “legge Merloni”, il Giudice amministrativo ne chiarisce la ratio di previsione, affermando che “il cottimo fiduciario non è una vera e propria gara, ma una trattativa privata che si traduce in una scelta ampiamente discrezionale. Tale discrezionalità si esercita in due momenti: primo, l’individuazione delle cinque ditte da “consultare”; secondo, la scelta del contraente fra le ditte consultate. La discrezionalità è temperata, ma non eliminata, da alcuni princìpi, quali la trasparenza e la parità di trattamento (che implicano il dovere di una previa formulazione e comunicazione dei criteri della scelta, etc.) e, appunto, la “rotazione” (per evitare che il carattere discrezionale della scelta si traduca in uno strumento di favoritismo)” giungendo poi ad esplicitare che “le regole procedurali anche minime che l’amministrazione si deve dare per concludere il cottimo fiduciario implicano il rispetto dei principi generali di imparzialità, correttezza, buona fede, proporzionalità“.

Operando, poi la ricostruzione a sistema dell’istituto in chiave comparativa con la normativa europea, il Giudice amministrativo giunge a focalizzare la prospettiva critica sul principio di proporzionalità inteso nella specifica materia dei contratti pubblici come garanzia di un ragionevole equilibrio tra i mezzi utilizzati e fini perseguiti“.

Da tale premessa, secondo la prospettiva del Giudice amministrativo, il principio di trasparenza assume un ruolo essenziale come mezzo in vista del raggiungimento del risultato di una effettiva concorrenza, nonché uno strumento utile per porre a sistema i principi, da ultimi quelli introdotti con il d.lgs. 36/2023: le procedure di cottimo fiduciario devono essere idonee a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza. L’osservanza di tali principi costituisce, tra l’altro, attuazione delle stesse regole costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento, che devono guidare l’azione della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione. Il principio di proporzionalità, inteso nei termini suindicati, comprende in sé il divieto di aggravio del procedimento, impedendo che nella fissazione o nell’interpretazione delle prescrizioni della legge di gara possano essere previsti adempimenti superflui o ridondanti. Dal principio di proporzionalità deriva, pertanto, il corollario della c.d. «strumentalità delle forme» ad un interesse sostanziale dell’Amministrazione, di cui la giurisprudenza amministrativa ha fatto costante applicazione nel contenzioso in materia di appalti pubblici, e che di recente è stato codificato, mediante l’icastica formula del principio del risultato, dall’art. 1 del nuovo codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023.”.

Come è evidente, la pronuncia del Consiglio di Stato appare essenziale al fine di delimitare la portata applicativa dei principi i quali, come sopra evidenziato, seppur non assumono una natura vincolante, consentono di interpretare correttamente le previsioni legislative in senso conforme al loro tenore letterale poiché contribuiscono validamente a chiarire la volontà del legislatore; sebbene alcuni siano incompatibili tra loro, tutti i principi (ivi compresi quelli afferenti agli appalti pubblici) che entrano in gioco nell’ordinamento giuridico devono coesistere ed essere ragionevolmente bilanciati ed attuati secondo diverse graduazioni (mai invece massimizzati).

Dal bilanciamento, dunque, si ricava il criterio di proporzionalità nel rapporto costi – benefici nelle scelte relative all’affidamento di contratti pubblici.

(Cons. St., Sez. IV, 24 aprile 2023, n. 4014)