Cartello di cantiere e decorrenza del termine per l’impugnazione del Permesso di Costruire
Tra gli aspetti più particolari del diritto amministrativo vi è certamente lo “stretto” termine decadenziale entro cui possono essere impugnati davanti al TAR i provvedimenti delle Pubbliche Amministrazioni.
L’edilizia non può certo sfuggire a questa regola generale.
Infatti, il vicino che voglia impugnare un titolo edilizio rilasciato in favore del soggetto confinante deve farlo entro 60 giorni.
Si, ma da quando decorrono questi 60 giorni? Nella recente sentenza del TAR Napoli n. 19 del 3.1.2022 questo tema è trattato con dovizia di particolari, offrendo interessanti spunti sia dal punto di vista di chi voglia contestare il titolo edilizio (il vicino) sia da quello del soggetto che, ottenuto un Permesso di Costruire, voglia valutare quando tale atto possa considerarsi “consolidato” .
I. La vicenda processuale
Alcuni soggetti hanno impugnato un Permesso di Costruire rilasciato nel settembre 2019 al proprio vicino di casa, quale variante in corso d’opera di un precedente titolo relativo alla demolizione e ricostruzione del fabbricato preesistente con aumento delle unità abitative.
La particolarità della fattispecie sta nel fatto che il ricorso è stato notificato solo nel novembre 2020, dopo più di un anno dal rilascio del titolo in variante.
Secondo i resistenti, il ricorso sarebbe tardivo perché il termine di 60 giorni per impugnare il titolo edilizio avrebbe dovuto essere computato dal momento in cui è stato affisso il cartello di cantiere (ottobre 2019); per contro, i ricorrenti ritengono che il ricorso sia tempestivo perché il dies a quo sarebbe da calcolare dal momento in cui – dopo aver ottenuto tutta la documentazione relativa al Permesso di Costruire – hanno avuto “piena conoscenza” del provvedimento da impugnare.
Il TAR dà torto ai ricorrenti, e dichiara irricevibile (per tardività) il ricorso.
Deve essere premesso che il Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380/01) rende obbligatoria l’esibizione, presso il cantiere, del cartello contenente tutte le notizie relative all’attività edilizia a farsi: questo deve essere ben visibile dall’avvio dei lavori fino alla loro conclusione.
Art. 20, comma 6, TUEd: “Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite dal regolamento edilizio”.
Art. 27, comma 4, TUEd: “Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibito il permesso di costruire, ovvero non sia apposto il prescritto cartello, ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, ne danno immediata comunicazione all’autorità giudiziaria, al competente organo regionale e al dirigente del competente ufficio comunale, il quale verifica entro trenta giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti”.
Addirittura, tale violazione può essere penalmente rilevante, ai sensi dell’art. 44 del TUEd.
Venendo al caso di specie, il controinteressato (titolare del Permesso di Costruire impugnato) ha depositato in giudizio la prova fotografica del fatto che il cartello di cantiere fosse stato esposto all’entrata del cantiere e, quindi, ben visibile al pubblico, sin dall’avvio dei lavori, nell’ottobre del 2019.
Secondo la sentenza in rassegna, tutti i passanti – e a maggior ragione i vicini di casa – erano ben a conoscenza sin da quel momento dell’opera che stava per essere realizzata: ed infatti, il cartello recava l’indicazione degli estremi del Permesso di Costruire, la tipologia dei lavori assentiti e, soprattutto, la riproduzione grafica dell’erigendo fabbricato in tutta la sua definitiva consistenza planovolumetrica.
Tanto bastava a far scattare il termine di 60 giorni per impugnare il PdC.
II. Alcune sintetiche considerazioni.
Questa decisione non è certo una novità nel panorama giurisprudenziale , ma si pone nel solco di un nutrito filone giurisprudenziale (cfr., solo da ultime, Consiglio di Stato sez. II, n. 3231 del 21.4.2021 e n. 566 del 18.1.2021) che, pur mirando ad assicurare il pieno diritto di difesa del ricorrente (perseguibile attraverso una tempestiva istanza di accesso agli atti), intende salvaguardare il legittimo affidamento che si ingenera nel titolare di un Permesso di Costruire, una volta decorso un ampio lasso di tempo dal suo rilascio.
In tal senso, infatti, la giurisprudenza distingue i casi in cui il titolo edilizio è illegittimo ex se, perché non poteva in assoluto essere rilasciato (si pensi ai vincoli di inedificabilità assoluta, oppure ai titoli rilasciati in violazione delle distanze minime), da quelli in cui è la consistenza finale dell’immobile a palesare vizi di legittimità.
In quest’ultimo caso, ben può il cartello di cantiere rendere evidenti sin da subito i vizi di legittimità dell’opera a farsi: basti pensare a quanto, negli ultimi tempi, si sia soliti inserire una cd. “renderizzazione” nel cartello, così da esibire (anche in ottica pubblicitaria) il risultato finale dell’opera.
Insomma, se avete dubbi sulla legittimità di un’opera che stanno realizzando nei pressi della vostra proprietà, iniziate col dare un’occhiata al cartello di cantiere: il “guarda e passa” di Dantesca memoria potrebbe, in questo caso, creare non pochi danni!
Se, invece, dal punto di vista del costruttore, l’obiettivo è garantirsi il più celermente possibile il “consolidamento” del titolo (ossia la sua inoppugnabilità), l’indicazione è chiaramente quella di adoperare “cartelli di cantiere” quanto più visibili e descrittivi possibile.