Concessioni demaniali: il codice dei contratti pubblici non trova integrale applicazione
Il codice dei contratti pubblici non trova integrale applicazione nell’ambito delle concessioni demaniali. Questo è quanto affermato dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di un diniego di rinnovo della concessione demaniale marittima ex art. 36 cod. nav. per il mantenimento di un impianto di distribuzione carburanti, disposto dalla Autorità portuale competente.
Il caso specifico.
All’esito della pubblicazione della domanda di rinnovo del titolo concessorio presentata dalla società titolare della concessione, una seconda società presentava, a sua volta, istanza di concessione demaniale in concorrenza per la gestione di un impianto di distribuzioni carburanti.
L’Autorità portuale competente, informate le due società concorrenti, comunicava che per l’esame delle domande sarebbe stata predisposta la relativa Conferenza dei servizi decisoria per l’acquisizione dei pareri istruttori.
Pervenuti i dovuti pareri e assunte le osservazioni delle due società concorrenti, l’Autorità portuale emetteva la determinazione di conclusione positiva della conferenza dei servizi decisoria, ritenendo ammissibile l’istanza ed il progetto della società concorrente. Faceva quindi presente che con successiva nota avrebbe comunicato l’avvio della fase procedimentale di comparazione delle due offerte. Con la medesima nota precisava altresì che solo la società che sarebbe risultata preferita avrebbe dovuto acquisire l’autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza.
L’Autorità portuale, determinatasi a procedere alla assegnazione della concessione demaniale a mezzo di licitazione privata ex art. 37, comma 3 del cod. nav., inviava le società concorrenti a formulare offerte economiche al rialzo sull’importo a base d’asta di € 7.500,00.
Entrambe le società formulavano la propria offerta economica (la società già titolare della concessione per un importo pari ad € 45.000,00, la società concorrente per un importo pari ad € 108.000,00) e all’esito delle operazioni di gara è risultata migliore offerente la società che aveva offerto il maggior rialzo, ovvero la società concorrente.
Per l’effetto, l’Autorità portuale rigettava la domanda di rinnovo della concessione avanzata dalla società già titolare e adottava l’atto di intimazione a procedere allo sgombero ed alla rimessione in pristino dell’aerea demaniale occupata dall’ormai ex concessionaria.
Entrambe le società impugnavano gli atti della procedura adottati dall’Autorità portuale.
Il Tar Catania accoglieva il ricorso presentato dall’ex concessionaria, rilevando:
- l’illegittima mancata partecipazione della Soprintendenza per il rilascio del parere ex art. 146 del d.lgs. 42/2004 su entrambe le istanze di comparazione, alla conferenza decisoria indetta dall’Autorità;
- la mancata esclusione della società concorrente dalla procedura di comparazione per non aver presentato referenze di (minimo) due diversi istituti bancari, così come espressamente richiesto dall’Autorità.
Avverso la sentenza del giudice primo grado, ha presentato appello principale la società concorrente, nonché appello incidentale la società ex concessionaria e l’Autorità portuale.
La decisione del CGARS.
Il Consiglio di giustizia amministrativa ha dichiarato, l’appello principale, per intero, inammissibile per superamento non autorizzato dei limiti dimensionali (per un approfondimento si veda il punto 12.1. della sentenza), mentre ha accolto l’appello incidentale presentato dall’Autorità portuale e rigettato quello della società ex concessionaria.
Nello specifico, è stato ritenuto fondato il motivo ove è stato dedotto l’erroneità della pronuncia di primo grado nella parte in cui ha fondato l’asserita illegittimità dei provvedimenti impugnati sulla mancata acquisizione del parere della Soprintendenza ai beni culturali e ambientali in seno alla Conferenza di servizi decisoria.
Il CGARS ha, infatti, rilevato che la mancata partecipazione della Soprintendenza alla conferenza dei servizi è frutto di una precisa scelta della stessa Soprintendenza, ripetutamente manifestata all’amministrazione procedente. La Soprintendenza, infatti, aveva espressamente comunicato che il parere ex art. 146 d.lgs. 42/2006 doveva essere richiesto solo relativamente al progetto che sarebbe stato scelto dall’Autorità.
Ne consegue, dunque, che “la volontaria mancata partecipazione della Soprintendenza alla Conferenza di servizi decisoria non possa chiedersi ragione all’Autorità di sistema portuale”.
Anche il secondo motivo di censura sollevato dall’Autorità portuale, con il quale è stata criticata la parte della sentenza che ha ritenuto dirimente ai fini dell’accoglimento del ricorso presentato dall’ex concessionaria la mancata esclusione dal procedimento di comparizione della società concorrente per non aver prodotto le duplici referenze bancarie richieste dall’Autorità portuale, è stato ritenuto fondato dal CGARS.
In particolare, il collegio ha ritenuto che tale omissione non costituisca un’esplicita clausola di immediata esclusione dalla procedura comparativa. Invero, il CGARS, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, sent. 22 novembre 2013, n. 5542), secondo cui “la presentazione d’idonee referenze bancarie comprovate dalla dichiarazione di “almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati” non può considerarsi quale requisito “rigido”, dovendosi conciliare l’esigenza della dimostrazione dei requisiti partecipativi con il principio della massima partecipazione alle gare di appalto, con conseguente necessità di prevedere temperamenti rispetto a quelle imprese che non siano in grado, per giustificati motivi, di presentare le indicate”, ha ritenuto che la mancata presentazione delle duplici referenze bancarie avrebbe potuto influire sulla valutazione della capacità economico-finanziaria della richiedente ma non essere causa di esclusione.
Ha aggiunto, altresì, il collegio che la procedura prevista dall’art. 37, comma 3 del cod. nav. è connotata da caratteristiche meno rigide rispetto alla licitazione prevista dal codice dei contratti che non trova integrale applicazione nell’ambito delle concessioni.
Il CGARS ha ritenuto fondato anche il terzo motivo di appello formulato dall’Autorità portuale con il quale è stata dedotta l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha affermato l’illegittimità dell’ingiunzione di sgombero anche perché “al tempo in cui fu adottata” non era ancora stato individuato il soggetto destinatario della nuova concessione.
Al riguardo, il collegio ha osservato che la scadenza della concessione rende sine titulo l’occupazione degli immobili. Lo sgombero è, solo per tale motivo, provvedimento immediatamente obbligatorio e vincolato. Non necessita, pertanto, l’attesa dell’individuazione di un nuovo concessionario (che – precisa il CGARS- potrebbe, in linea puramente astratta, perfino non esserci mai, laddove l’amministrazione si determini per la gestione diretta dell’area).
Concluso lo scrutinio dell’appello incidentale dell’Autorità portuale, il CGARS ha esaminato l’appello incidentale presentato dalla società ex concessionaria, la quale ha, sostanzialmente, richiamato i plurimi profili di doglianza dedotti già in primo grado.
Nella disamina di detto appello incidentale, degno di nota è la puntuale e condivisibile osservazione del CGARS, secondo cui non sussiste un obbligo di legge di procedere all’affidamento delle concessioni demaniali marittime nelle forme tipiche delle procedure ad evidenza pubblica previste per i contratti d’appalto della pubblica amministrazione.
L’assenza di tale obbligo – ha precisato il CGARS – è dovuta dal fatto che l’art. 37 cod. nav. contempla l’ipotesi di una domanda che perviene dal mercato privato, al contrario dell’ipotesi dei contratti pubblici, in cui è l’amministrazione a rivolgersi a quest’ultimo.
Il CGARS ha infatti evidenziato che “è indispensabile unicamente che il procedimento informale di cui agli artt. 37 cod. nav. e 18 reg. es. cod. nav. si svolga con modalità idonee a soddisfare gli obblighi di trasparenza, imparzialità e par condicio, rendendo effettivo il confronto fra le istanze in comparazione e quindi le chances concorrenziali delle nuove imprese contendenti”.
Nel caso scrutinato, il CGARS ha quindi ritenuto legittima la procedura di licitazione privata rilevando che il procedimento concorrenziale di cui qui trattasi non è soggetto agli stessi formalismi, né dunque ai principi giurisprudenziali che sono previsti per l’aggiudicazione dei pubblici appalti.