Contratto di appalto e contratto d’opera: quale differenza?
Contratto di appalto e contratto d’opera tra privati. Che differenza c’è?
Distinguere le due tipologie contrattuali non è facile, posto che entrambi hanno in comune l’obbligazione verso il committente di compiere, a fronte di corrispettivo, un’opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con assunzione del rischio da parte di chi li esegue.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la principale differenza tra le due tipologie di contratto, si basa sul criterio della struttura e dimensione dell’impresa a cui sono commissionate le opere.
Come noto, il contratto d’opera è quello che coinvolge la piccola impresa desumibile dall’art. 2083 c.c., che svolge la propria attività con la prevalenza del lavoro personale o dei componenti della famiglia, pur se con qualche collaboratore, ma in cui l’organizzazione non è tale da consentire il perseguimento delle iniziative di impresa, facendo a meno dell’attività esecutiva dell’imprenditore artigiano.
Il contratto di appalto, invece, prevede un’organizzazione di media o grande impresa.
Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha evidenziato come classificazione dell’imprenditore, sebbene costituisca un indice significativo della natura del rapporto contrattuale, non rappresenta un elemento decisivo ai fini di tale qualificazione, poiché il contratto di appalto non è necessariamente incompatibile con la natura artigianale dell’impresa, né con il fatto che il lavoro sia eseguito da personale in prevalenza appartenente al nucleo familiare dell’imprenditore, allorché detta esecuzione sia comunque supportata da un’organizzazione dei mezzi di una certa importanza.
Nel fare applicazione di tale principio, il Tribunale di Pavia ha qualificato come appalto un contratto intercorso con un’impresa artigianale che per l’esecuzione dei lavori pattuiti aveva fatto ricorso a mezzi e professionalità estranee al suo nucleo familiare.
Contratto di appalto e contratto d’opera: il caso specifico
Il titolare di un’impresa individuale assumendo di non aver ricevuto il saldo dei lavori effettuati presso l’immobile del committente chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo nei confronti di quest’ultimo.
A seguito della notifica del decreto ingiuntivo, il committente presentava tempestiva opposizione, con la quale:
- chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo, da un lato riconoscendo giuridicamente rilevante solo il preventivo concordato e già corrisposto quale prezzo totale dell’appalto, dall’altro deducendo di non aver commissionato opere extra contrattuali;
- proponeva domanda riconvenzionale, eccependo l’inadempimento dell’appaltatore nonché chiedendo condanna della controparte al pagamento di una somma di denaro per la sistemazione dei vizi e dei difetti del lavoro eseguito a titolo di risarcimento dei danni.
L’appaltatore, con comparsa di costituzione e risposta, contestava l’avversa ricostruzione dei fatti, precisando:
- che il documento redatto e prodotto da controparte era solo un preventivo di massima;
- che nel corso dell’esecuzione dei lavori erano state aggiunte delle opere extra relative alla parte esterna dell’immobile, che hanno comportato oltre ad un innalzamento del costo anche un prolungamento della durata dei lavori, causato, peraltro, dall’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Quali elementi distinguono il contratto di appalto dal contratto d’opera?
In disparte il merito della questione, la pronuncia del Tribunale di Pavia offre un ottimo spunto per individuare gli elementi, in presenza dei quali è possibile ravvisare il contratto di appalto e non quello di opera.
In perfetta continuità con l’orientamento giurisprudenziale sul tema, il Tribunale di Pavia ha infatti ritenuto che nel caso di specie si ravvisasse lo schema dell’appalto sulla scorta dei seguenti elementi di fatto:
- la natura dell’incarico pacificamente conferito dal committente (realizzazione di opere edili presso la sua abitazione, parte di un più ampio intervento di recupero edilizio);
- l’importanza quantitativa dell’opera commissionata e del valore dell’opera che lasciano deporre per una corrispondente organizzazione di mezzi in capo all’imprenditore tipica dell’appalto, nonostante – lo si ribadisce – nel caso di specie l’appaltatore era un’impresa artigianale.
Distinguere lo schema dell’appalto da quello di contratto d’opera è estremamente importante, in quanto, come precisato anche dallo stesso Tribunale, le norme specificatamente dedicate all’appalto (come, ad esempio, i rimedi previsti della revisione del prezzo e dell’equo compenso, ai sensi dell’art. 1644 c.c., ove siano integrati i relativi presupposti, o la disciplina delle variazioni al progetto ex artt. 1659 ss c.c., nonché dei termini di decadenza e prescrizione per far valere la garanzia per difetti e difformità dell’opera, ex art. 1667 e 2226 c.c.) non sempre trovano applicazione analogica al contratto d’appalto.