Corte di Giustizia: ok al rito superaccelerato, ma non al buio

La Corte di Giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sulla compatibilità con il diritto UE del c.d. rito superaccelerato in materia di appalti pubblici, che prevede che debbano essere impugnate nel termine di decadenza di 30 giorni, oltre alle esclusioni, anche le ammissioni alla procedura di gara all’esito della valutazione dei requisiti.

La Corte ha chiarito che la fissazione di termini di ricorso a pena di decadenza, anche di 30 giorni, obbligando gli operatori a contestare entro termini brevi anche i provvedimenti preparatori o le decisioni intermedie adottati nell’ambito del procedimento di aggiudicazione di un appalto consente di realizzare l’obiettivo di celerità perseguito dalla direttiva 89/665. Tale obiettivo, tuttavia, deve essere realizzato nel diritto nazionale nel rispetto delle esigenze di certezza del diritto. Pertanto, gli Stati membri hanno l’obbligo di istituire un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi.

Inoltre, la Corte si è confrontata con l’osservazione del giudice del rinvio che l’offerente che intenda impugnare un provvedimento di ammissione di un concorrente si trova a dover proporre ricorso in un momento in cui egli spesso non è in grado di stabilire se abbia realmente interesse ad agire, non sapendo se alla fine il suddetto concorrente sarà l’aggiudicatario oppure se sarà egli stesso nella posizione di ottenere l’aggiudicazione. Sul punto, l’ordinanza in esame sostiene che qualunque il rischio che un provvedimento di ammissione di un concorrente a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico sia illegittimo sarebbe sufficiente a giustificare un immediato interesse ad impugnare detto provvedimento da parte di un offerente, indipendentemente dal pregiudizio che può inoltre derivare dall’assegnazione dell’appalto ad un altro candidato.

Ne consegue che una normativa nazionale, come quella italiana, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati è compatibile con ili diritto dell’Unione europea. Tale compatibilità – tuttavia – sussiste solo a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti, tale da garantire che i suddetti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione dagli stessi lamentata.

La Corte di Giustizia conclude pertanto che spetta al giudice del rinvio verificare se, nelle circostanze di cui al procedimento principale, la ricorrente sia effettivamente venuta o sarebbe potuta venire a conoscenza, grazie alla comunicazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice del provvedimento di ammissione del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario dei motivi di illegittimità del suddetto provvedimento dalla stessa lamentati, garantendo che, nelle circostanze del procedimento principale, l’applicazione combinata delle disposizioni sul rito superaccelerato con quelle sull’accesso alla documentazione delle offerte non escludesse la possibilità per la ricorrente di venire effettivamente a conoscenza dell’illegittimità del provvedimento di ammissione dell’aggiudicatario.

La questione torna, insomma, nelle mani dei giudici nazionali.

Corte di Giustizia dell’Unione europea, ordinanza 14/02/2019, causa C-54/18