Infortunio sul lavoro: in caso di subappalto il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente?
La Corte di Cassazione, con una recentissima sentenza dello scorso 3 aprile, richiamando principi già espressi in sede penale ma applicabili anche in ambito di responsabilità civile, ha chiarito che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 494/1996, in caso di subappalto, il dovere di sicurezza, gravante sul datore di lavoro, opera anche in relazione al committente.
Giunge all’attenzione della Suprema Corte una triste vicenda di infortunio sul lavoro occorsa presso un cantiere installato per la realizzazione di un forno di verniciatura.
Lo sfortunato lavoratore, mentre era intento al montaggio di moduli per la realizzazione del predetto forno (a tal fine era stata realizzata una struttura metallica di sostegno alta circa 4 metri), munito di casco, scarpe, guanti antinfortunistici e cinture di sicurezza, era salito, su una scala attrezzata per raccogliere un cavo rimasto all’interno del modulo e gettarlo in basso per le successive operazioni. Senonché, subito dopo esser entrato nel modulo posto all’altezza di circa 4 metri, cadeva, riportando lesioni da cui era poi originata la morte.
La moglie e i figli, quindi, al fine di ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla morte del proprio congiunto, convenivano, innanzi al Tribunale competente, oltre alla società datrice di lavoro anche la società committente e la sub committente. I lavori di montaggio moduli per la realizzazione di un forno di verniciatura erano stati subappaltati alla società datrice di lavoro dello sfortunato lavoratore dalla società sub-committente.
Su tali premesse, gli originari attori deducevano un obbligo di vigilanza a carico della committente e della sub-committente, prospettando, altresì, una responsabilità della committente per la mancata verifica della concreta attuazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC). Era emersa, infatti, una discrepanza tra il suddetto piano e il piano operativo di sicurezza (POS) predisposto dal subappaltatore. Per il PSC era necessario che vi fosse idonea impalcatura o ponteggio o altra misura che consentisse l’aggancio di funi ovvero di cinture di sicurezza, mentre il POS prevedeva solo funi disposte a croce, a modo di protezione.
Il Tribunale adito, rigettava, tuttavia, la domanda, con pronuncia confermata anche dal giudice di secondo grado, ritenendo che non era stata dimostrata un’ingerenza della committente e della sub-committente tale da comprimere il ruolo autonomo del subappaltatore nella causazione del tragico evento.
Impugnata la sentenza della Corte d’Appello, i ricorrenti rilevavano l’erroneità della sentenza nella parte in cui non era stato considerato che la discrepanza tra i due piani era immediatamente percepibile dai due committenti, non era stato ritenuto applicabile il d.lgs. 494/1996, dal quale emergeva la posizione di garanzia del committente e, infine, nella parte in cui non era stato considerato che era risultata la specifica assunzione da parte della sub-committente di cooperare con le ditte subappaltatrici perché venissero attuate le idonee misure di prevenzione e sicurezza.
La Corte di Cassazione, esaminati i motivi, ha ritenuto il ricorso fondato.
Richiamando principi già espressi in sede penale, la Suprema Corte ha chiarito che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 494/1996, in caso di subappalto, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente.
Tuttavia, ha precisato la Corte, dal committente non può esigersi un controllo pressante continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori.
Ne consegue, pertanto, che ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché all’agevole e immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo.
Sulla base di tali premesse ermeneutiche la Suprema corte ha ritenuto che l’omessa richiesta di allineamento dei due piani (PSC e POS) da parte delle committenti, nonostante la discrasia fosse facilmente evincibile, perché documentale, avrebbe dovuto essere approfondita dal giudice di merito.
Il giudice di appello avrebbe dovuto verificare se l’omessa richiesta di allineamento dei due piani in funzione della più idonea sicurezza sia stata condotta omissiva tale che abbia causalmente contribuito in chiave probabilistica all’evento, consistito proprio in una caduta per omesso fermo delle indossate cinture di sicurezza.
(Cass. civ. Sez. III, ord. 3.4.2023, n. 9178)