Revisione dei prezzi tra proroga e rinnovo del contratto. Quando si può pretendere?

Revisione dei prezzi tra proroga e rinnovo del contratto. Quando si può pretendere?Il Consiglio di Stato è stato chiamato a esprimersi su una controversia avente ad oggetto la domanda di revisione dei prezzi tra proroga e rinnovo del contratto.

In primo grado, un operatore agiva per ottenere la revisione dei prezzi in relazione ad una proroga del servizio, il TAR ha però respinto il ricorso sostenendo che non si trattava di proroga ma di rinnovo (vista anche la modifica soggettiva che ha interessato l’appaltatore – atto aggiuntivo intercorso non con l’ATI ma con la sola mandataria).

In appello l’operatore sostiene che alla scadenza contrattuale e alla stipula dell’atto aggiuntivo sono seguite, solo e sempre, ulteriori proroghe del medesimo rapporto contrattuale, e mai un rinnovo: in atti a suo dire non si rilevano documenti dai quali emergerebbero mutamenti delle condizioni del contratto, risultando irrilevante l’intervenuta modificazione soggettiva.

Ad avviso del Consiglio di Stato, la controversia verte sulla qualificazione dei rapporti susseguitisi nel tempo all’originario affidamento in termini di proroga ovvero di rinnovo contrattuale.

In prima battuta, i giudici di appello ricostruiscono la revisione prezzi, al tempo disciplinata per gli appalti di servizi o forniture dall’art. 115 del d.lgs. 163/2006 (clicca qui per saperne di più).

La revisione del prezzi è posta a tutela dell’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni.

L’inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo (obbligatoria secondo la disciplina del tempo – Codice previgente), sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione, non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti (Cons. di Stato, sez. III. 6 agosto 2018, n. 4827; Sez. III, 9 gennaio 2017, n. 25; 19 giugno 2018, n. 3768).

In tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza, rilevando altresì che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

Tanto premesso ad avviso del Collegio è dirimente ai fini della decisione sul diritto dell’operatore alla revisione dei prezzi, qualificare i contratti sottoscritti e stipulati come proroghe contrattuali o come rinnovi.

Nel caso in cui l’appaltatore abbia espresso la propria volontà di rinnovare il rapporto contrattuale è in re ipsa che lo stesso accetti la nuova determinazione del prezzo e non avrà diritto alla sua revisione, che invece spetterà nel caso in cui si sia concordato il mero slittamento temporale del termine del servizio.

La revisione dei prezzi dei contratti si applica solo alle proroghe contrattuali, come tali previste ab origine negli atti di gara ed oggetto di consenso “a monte”, ma non anche agli atti successivi al contratto originario con cui, mediante specifiche manifestazioni di volontà, è stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario per quanto concerne la remunerazione del servizio, senza che sia stata avanzata alcuna proposta di modifica del corrispettivo.

Il criterio distintivo tra proroga e rinnovo va individuato nell’elemento della novità: ricorre un’ipotesi di proroga allorquando vi sia integrale conferma delle precedenti condizioni con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, per il resto regolato dall’atto originario. Anche la sola modifica del prezzo comporta, invece, un’ipotesi di rinnovo, nella quale non ha luogo la revisione del prezzo (il cui scopo è già realizzato in virtù del suo adeguamento).

Se cambia la fonte del rapporto e sussistendo una nuova negoziazione, l’appaltatore non potrà invocare l’adeguamento dei prezzi, pur se la prestazione persiste nei termini precedenti.

Nel caso di specie, si è trattato di rinnovo, per oggettiva volontà delle parti espressa nel contratto, e non di una mera proroga. Infatti, il contratto del 2013 consegue a scadenza del precedente e all’indisponibilità dell’ATI affidataria a proseguire nella gestione del servizio: quello che segue è nuovo accordo con la sola mandataria e senza la mandante; dal che un mutamento soggettivo fondamentale a cui si è accompagnata una rivolizione novativa dell’oggetto.

L’atto aggiuntivo costituisce una specifica manifestazione di volontà con cui è stato dato corso tra le parti ad un distinto, nuovo e autonomo rapporto giuridico, ancorché di contenuto analogo a quello originario.

Si è trattato di rinnovo del contratto originario (e non di mera proroga) giacché non si è verificato il mero spostamento in avanti del termine di scadenza del rapporto, ma la rinegoziazione del complesso delle condizioni contrattuali, preceduta da autonoma istruttoria dell’Amministrazione, diretta a verificarne l’attuale convenienza, cui è seguito, senz’altro, un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale.

A conferma di tanto rilevano gli sviluppi procedimentali come la corrispondenza intercorsa tra le parti dalle quali emerge una rinegoziazione dell’intero accordo.

A fronte di un nuovo contratto tra le parti e in presenza di una rinnovata manifestazione di volontà è da escludersi che sussista un’ipotesi di mera proroga, assoggettabile alla revisione dei prezzi.

L’atto aggiuntivo contiene, infatti, la rinegoziazione delle condizioni contrattuali quanto, ad esempio: a) alla durata; b) all’ammontare dell’appalto e alle modalità dei pagamenti (con previsione di un corrispettivo semestrale autonomamente stabilito); c) alla costituzione di un’autonoma cauzione “a garanzia della perfetta ed integrale esecuzione del presente contratto”; d) al personale (con specifico impegno alla riassunzione dei dipendenti provenienti dal precedente appalto); e) finanche alla regolamentazione delle spese contrattuali (“inerenti e conseguenti al presente atto …ad esclusivo carico della ditta aggiudicataria”).

L’atto aggiuntivo costituisce dunque nuova e autonoma estrinsecazione della comune volontà negoziale delle parti, manifestata nelle clausole contrattuali che la ditta affidataria ha dichiarato espressamente di accettare.

(Cons. St., Sez. V, 16/6/2020, n. 3874)