La stazione appaltante “revoca” l’aggiudicazione per aumento dei costi. Decisione legittima se la gara diventa anti-economica e non remunerativa.
Il fenomeno dell’aumento costi e il repentino aumento dei prezzi che si sta registrando con cadenza quasi giornaliera negli ultimi tempi rende difficile anche per le stazioni appaltanti programmare le risorse economiche necessarie per affrontare la realizzazione delle opere. Accade sempre più spesso che le stesse stazioni appaltanti non procedano con l’aggiudicazione delle gare a causa della sopravvenuta insufficienza dei quadri economici e della conseguente antieconomicità delle gare.
A fronte del rischio di ritardi nelle lavorazioni, della cattiva esecuzione delle opere e dei potenziali contenziosi, nell’attuale scenario economico una verifica sulla sostenibilità dell’opera rappresenta una tappa obbligata per l’amministrazione prima di procedere con l’aggiudicazione.
Il giudizio negativo sulla sostenibilità dell’opera a causa delle sopravvenienze economiche determinatesi in questo periodo storico può infatti rendere legittima la scelta dell’Amministrazione di non procedere all’aggiudicazione e, dunque, di revocare la gara.
Sul punto si è espresso di recente anche il TAR Toscana con la sentenza n. 855/2022.
Nell’ambito di una gara avente ad oggetto l’affidamento di lavori di realizzazione di un ponte in acciaio di collegamento stradale, dopo aver comunicato la proposta di aggiudicazione, la Stazione appaltante decideva di non aggiudicare la gara “in considerazione delle motivate e sopravvenute esigenze di interesse pubblico connesse alla non attualità del quadro economico e alla necessità di un suo adeguamento in vista dell’indizione di una nuova gara”. In altre parole, a seguito di una istruttoria svolta dalla stazione appaltante, era emersa una sopravvenuta “anti economicità” dell’opera. L’opera in questione aveva infatti ad oggetto la realizzazione di un ponte ad arco, realizzato interamente in acciaio: si tratta, come noto, di uno dei materiali che ha subito il maggiore incremento di costi nell’ultimo anno.
La decisione di non aggiudicare è stata tuttavia censurata dalla società prima graduata che, ricorrendo innanzi al TAR, ha sostenuto l’illegittimità della decisione di non aggiudicare la gara, in quanto l’opera poteva dirsi comunque conveniente giacché l’amministrazione avrebbe potuto utilizzare gli strumenti della revisione prezzi e della compensazione al fine di far fronte all’incremento dei costi dei materiali.
Il TAR Toscana ha rigettato il ricorso, ritenendo legittimo il comportamento della stazione appaltante.
Secondo i giudici, la stazione appaltante ha motivato la sopravvenienza economica verificatasi che ha condotto alla decisione di non aggiudicare la gara: più precisamente, la stazione appaltante ha precisato che l’incremento dei prezzi registratosi sin dai giorni successivi alla pubblicazione della gara era tale da rendere “obiettivamente inadeguato il quadro economico di riferimento”. A fronte di una spesa prevista di circa 15 milioni, l’aumento complessivo dei costi era pari a circa 5 milioni di euro.
Allo stesso tempo, l’aumento repentino dei prezzi poneva serie perplessità circa l’effettiva rimuneratività delle offerte pervenute, esponendo l’amministrazione ad un andamento anomalo dell’esecuzione, come ritardi o esecuzione errata delle lavorazioni.
La valutazione circa la sopravvenuta “anti economicità” e “non sostenibilità” dell’opera, secondo i giudici, prescinde dall’applicazione della revisione dei prezzi e delle compensazioni ad oggi vigenti: si tratta infatti di strumenti che, oltre ad essere straordinari, soccorrono in sede di esecuzione e non incidono sulla decisione di non aggiudicare la gara. In vista dell’aggiudicazione della gara, infatti, la valutazione che l’amministrazione deve compiere è legata alla situazione in quel momento esistente e alle circostanze sopravvenute rispetto alla delibera di indizione della gara.
L’incremento del costo dell’opera non solo costituiva una circostanza sopravvenuta e non prevista, ma era suscettibile di incidere, stante anche l’entità dell’incremento registrato, sulle stesse ragioni che avevano portato l’amministrazione a decidere per la realizzazione dell’opera.
In conclusione, dunque, secondo i giudici “una verifica sulla sostenibilità dell’opera non poteva che risultare obbligata per l’Amministrazione, circostanza quest’ultima ancora più condivisibile considerando che, nel caso di specie, si era nella fase della “proposta di aggiudicazione”, nell’ambito della quale la Commissione si era limitata a certificare gli esiti dell’esame delle offerte pervenute, rimettendo ogni valutazione definitiva alla stazione appaltante”.