Subappalto, terna dei subappaltatori e verifiche art. 80: la sospensione della norma si applica anche alle gare in corso?
La sospensione della norma relativa all’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori – e di effettuare verifiche ex art. 80 d.lgs. 50/2016 anche in capo ai subappaltatori - da parte del decreto Sblocca Cantieri si applica anche alle gare in corso al momento in cui la norma è stata sospesa?
Una recente sentenza del TAR Lazio esprime un principio che potrebbe essere utile a comprendere finanche l’ambito di applicazione delle ultime modifiche apportate in tema di subappalto (percentuale 50%) ad opera del decreto Semplificazioni (d.l. 77/2021 non ancora convertito in legge).
Parliamo di una procedura aperta bandita il 7.11.2018, quindi periodo antecedente all’entrata in vigore del decreto Sblocca Cantieri del 2019.Alla gara partecipa una società che nominava come subappaltatore un Consorzio, nell’ambito della terna (all’epoca era vigente l’obbligo relativo alla terna dei subappaltatori).
In vista dell’aggiudicazione (settembre 2020, quindi momento in cui lo Sblocca Cantieri era già in vigore) la stazione appaltante esaurita la fase di valutazione delle offerte chiede all’operatore un aggiornamento delle dichiarazioni rese in gara.Ebbene, la consorziata del Consorzio facente parte della terna dei subappaltatori, fa presente di aver subito nelle more della procedura una modifica del legale rappresentante e al contempo dichiarava in capo allo stesso sentenze di condanna che di fatto configuravano una causa di esclusione obbligatoria ai sensi del predetto art. 80.
Il Consorzio indicato in terna comunica immediatamente alla stazione appaltante di aver provveduto a escludere dalla propria compagine (consorzio) il soggetto colpito dalla causa di esclusione obbligatoria, confermando di possedere i requisiti generali di partecipazione (in capo alla rimanenza dei soci).
La stazione appaltante tuttavia conferma l’esclusione dalla gara nei confronti dell’operatore per due motivi:
1. la consorziata (suo legale rappresentante) colpita dalla causa di esclusione obbligatoria veniva esclusa ai sensi dell’art. 80, d.lgs. 50/2016;
2. l’operatore veniva escluso perché l’art. 80 estenderebbe la causa di esclusione anche al subappaltatore.
Si apre così il giudizio innanzi al TAR per l’impugnativa del provvedimento di esclusione, sentenza non appellata, e il TAR annulla il provvedimento di esclusione accogliendo i motivi del ricorrente.
Quest'ultimo, nel censurare l’operato dell’amministrazione, sostiene che il legislatore, con la disposizione del decreto Sblocca Cantieri, non solo aveva previsto che gli operatori economici non fossero tenuti ad indicare la terna dei subappaltatori fino al 31.12.2021, ma anche che le stazioni appaltanti fossero esonerate dall’obbligo di effettuare le verifiche in merito alla possibile sussistenza di cause di esclusione in capo ai subappaltatori per quel che riguarda la fase di gara (obbligo che, invece, permaneva per quel che riguarda la successiva fase esecutiva).
Nell’accogliere il ricorso, il Collegio, a una interpretazione basata sul principio del tempus regit actum preferisce una interpretazione euro-orientata dell’articolo 1, comma 18, d.l. 32/2019 – come sancito dall’Adunanza Plenaria, secondo la quale “il giudice (…) se ha un dubbio sull’interpretazione del diritto nazionale è tenuto ad interpretare la disciplina interna in senso conforme alla lettera e allo scopo di quella europea al fine di conseguire il risultato da essa perseguito” (così Cons. St., Ad. Plen., 4.11.2016, n. 23).
Da ciò deriva, quindi, la necessità di definire il campo di applicazione dell’articolo 1, comma 18, decreto Sblocca Cantieri– ossia rispondere all’interrogativo: “la norma trova applicazione solo alle le gare bandite dopo la sua entrata in vigore?”.
Il nostro Paese ha subito una procedura di infrazione che prevede che la nostra disciplina in materia di contratti pubblici avente ad oggetto il subappalto in particolare non è conforme alle direttive comunitarie.
Secondo il TAR, il legislatore risponde, seppur provvisoriamente, alla procedura di infrazione proprio con la norma del decreto Sblocca Cantieri (una risposta definitiva potrebbe arrivare con la conversione del decreto Semplificazioni 77/2021).
La ratio della disposizione del decreto Sblocca Cantieri, ad avviso del TAR, è porre rimedio alla procedura di infrazione. Pertanto, essa dovrebbe avere immediata applicazione anche con riferimento alle gare che sono in corso al momento della sua entrata in vigore.
La pronuncia è importante per diversi motivi, giacché il principio espresso (ratio della norma come risposta alla procedura di infrazione) potrebbe costituire una risposta finanche all’interrogativo “la disciplina transitoria fino al 31.10.2021 che prevede il limite del 50% del subappalto è applicabile anche alle procedure bandite prima dell’entrata in vigore delle modifiche?”.
Conclude il TAR affermando che la norma contenuta nell’art. 1, comma 18, del decreto Sblocca Cantieri (d.l. 32/2019) trova applicazione anche nelle gare bandite prima della sua entrata in vigore in quanto soluzione ermeneutica conforme al diritto comunitario.
(TAR Lazio Roma, Sez. II, 18.5.2021, n. 5837)
Concessioni demaniali e procedure ad evidenza pubblica. Proroga sì, proroga no: la palla alla Plenaria.
Negli ultimi mesi diversi TAR sono stati chiamati a pronunciarsi sulla legittimità dell’operato di amministrazioni che, con argomentazioni discordanti, hanno ammesso o rigettato la possibilità – prevista dalla legge italiana, va detto – di una proroga automatica delle concessioni demaniali in luogo di una procedura ad evidenza pubblica.
Il legislatore, infatti, ha previsto – articolo 1 commi 682 e 683 legge 30 dicembre 2018 n. 145 – la proroga in via automatica, al 2033, di quelle concessioni demaniali vigenti al 1° gennaio 2019 – data di entrata in vigore del citato testo normativo: ciò in contrasto con quanto stabilito dall’articolo 12 della direttiva 2006/123/UE, secondo cui le concessioni devono essere assegnate a seguito di apposita procedura ad evidenza pubblica.
Numerose le pronunce del giudice amministrativo sul tema.
Il TAR Lecce, ad esempio, ha negato la possibilità di disapplicare la norma nazionale: secondo il Collegio (Sez. I, 15.1.2021, n. 73) l’articolo 12 della Direttiva Servizi non sarebbe direttamente esecutivo nell’ordinamento nazionale, con conseguente prevalenza del diritto italiano. Saranno, pertanto, illegittimi tutti quei provvedimenti che neghino la proroga ex lege, sino al 2033, delle concessioni demaniali.
A conclusioni radicalmente opposte è giunto invece il TAR Catania (Sez. III, 15.2.2021, n. 504).
Il Collegio – richiamando quanto sancito dalla CGUE (Sez. V, 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15) – ha affermato che l’articolo 12 della Direttiva Servizi non consente la proroga automatica delle concessioni demaniali in assenza di una procedura selettiva. Ammettere una simile possibilità, infatti, farebbe sorgere una disparità di trattamento tra gli operatori economici con conseguente violazione dei principi comunitari di libertà di stabilimento e di tutela della concorrenza.
Gli argomenti appena richiamati sono stati accolti anche dal TAR Toscana (Sez. II, 8.3.2021, n. 363) il quale – richiamando quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 10 del 29 gennaio 2021), con cui è stata dichiarata costituzionalmente illegittima una norma regionale che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni demaniali – ha ribadito che la proroga automatica delle concessioni demaniali è in contrasto con il citato articolo 12 della Direttiva Servizi. Secondo il Collegio sarebbe invece necessario procedere ad una selezione pubblica, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e pubblicità.
In un quadro normativo e giurisprudenziale così frammentato, gli stessi giudici di Palazzo Spada hanno recentemente dichiarato (Cons. St, Sez. VI, 9.3.2021 n. 2002) che gli enti preposti al rilascio delle concessioni demaniali non possono, in virtù della normativa disciplinante il settore, procedere al “rilascio in via diretta ma solo all’esito di una selezione tra gli aspiranti concessionari”.
A fronte di tanto, il Presidente del Consiglio di Stato ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria.
Più nello specifico, con il decreto di rimessione, l’Adunanza Plenaria è chiamata a pronunciarsi sui seguenti quesiti:
1) se sia doveroso o meno procedere alla disapplicazione di una normativa interna – quale quella che prevede la proroga generalizzata e automatica delle concessioni demaniali – confliggente con il diritto comunitario;
2) se la disapplicazione della normativa interna sia compito di tutte le articolazioni dello Stato, ivi inclusi gli enti territoriali, gli enti pubblici genericamente intesi nonché tutti i soggetti a questi equiparati;
3) se, in adempimento dell’obbligo di disapplicazione laddove confermato, l’amministrazione statale sia tenuta all’annullamento ex officio dell’atto emesso in contrasto con il diritto comunitario (in ossequio a quanto previsto dall’articolo 21-octies della legge 241/1990) ovvero se la sussistenza di un giudicato favorevole sia d’ostacolo all’annullamento d’ufficio.
In ogni caso, risulta essere opportuno (e non più rinviabile) un intervento del legislatore, volto a fornire ad un settore nevralgico dell’economia nazionale una riforma organica della disciplina delle concessioni – ponendo così fine al (mal)costume delle proroghe e degli interventi a singhiozzo.
Decreto Presidente Cons. St., 24.5.2021 n. 160
Affitto di ramo d’azienda e irregolarità contributive: cause di esclusione anche per l’affittuario?
Può l’affittuario essere gravato dalle cause di esclusione (nella specie, irregolarità contributive) ex art. 80, d.lgs. 50/2016 pendenti sull’affittante, in caso di affitto del ramo d’azienda?
All’esito di un appalto per l’affidamento di lavori di un polo scolastico, accadeva che veniva revocata l’aggiudicazione disposta nei confronti dell’impresa prima classificata (che veniva, contestualmente, esclusa dalla gara) – revoca motivata con la sussistenza di gravi irregolarità fiscali e contributive in capo all’impresa cedente il ramo d’azienda, tenuto conto dell’esistenza di elementi di continuità tra impresa cedente e cessionaria.
Avverso tale provvedimento veniva adito il TAR. Nello specifico, la ricorrente lamentava che:
- la stazione appaltante agiva in violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione: ai sensi dell’articolo 80 Codice dei contratti pubblici, tali cause devono riferirsi all’impresa concorrente ovvero a soggetti ben determinati – e non, quindi, a soggetti terzi, quale può essere l’affittante il ramo d’azienda (tenuto altresì conto del fatto che, per espressa clausola del contratto d’affitto, non è previsto subingresso dell’affittante nei rapporti dell’affittuario stesso);
- è errato estendere al concorrente cause di esclusione imputabili a terzi soggetti: l’articolo 80, infatti, definisce le cause di esclusione come tipiche e di stretta interpretazione – sicché queste ultime non sarebbero suscettibili di estensione analogica dall’affittante all’affittuario.
Da parte sua, la stazione appaltante si limitava – costituendosi – ad evidenziare, da un lato, che in capo all’impresa cedente vi erano gravi irregolarità fiscali e contributive; dall’altro fa riferimento alla consolidata giurisprudenza in tema di cessione di ramo d’azienda, riassumibile nel brocardo “ubi commoda, ibi incommoda” fatto proprio dall’Adunanza Plenaria (sentenza 4 maggio 2012, n. 10).
Il Collegio rigetta il ricorso. Posto che sono dati incontestati sia l’avvenuto affitto di ramo d’azienda sia la sussistenza in capo al cedente di irregolarità contributive e fiscali, punto dirimente della controversia è accertare la rilevanza delle citate irregolarità che si traducono in cause di esclusione ex articolo 80, comma 4, nei confronti dell’affittuario del ramo d’azienda.
Il TAR evidenzia la rilevanza di tale circostanza, affermando che:
- il contratto tra le parti rientra nello schema tipico della cessione di ramo d’azienda, il che è sintomatico della continuità – tenuto conto del fatto che vengono trasferiti tanto la disponibilità dell’azienda, quanto i requisiti di ordine tecnico-organizzativo;
- chiarita la sussistenza della continuità aziendale, da ciò deriva – quale conseguenza – la trasmissione all’affittuario sia dei requisiti posseduti dall’affittante ai fini della partecipazione alla gara, sia delle conseguenze negative (ossia le irregolarità citate) in virtù del richiamato principio “ubi commoda, ibi incommoda”. Diversamente opinando, il contratto di affitto di ramo d’azienda costituirebbe un comodo mezzo per aggirare gli obblighi imperativi ed inderogabili di cui al Codice degli Appalti.
Né può pervenirsi a conclusioni diverse, sostiene il Collegio, laddove si valorizzasse “la clausola contenuta nel contratto d’affitto alla stregua della quale tutti i debiti sorti anteriormente alla stipula del contratto d’affitto resterebbero a carico del locatore, sia per il principio di c.d. relatività del contratto di cui all’art. 1372 c.c. che soprattutto per l’indisponibilità della normativa imperativa di diritto pubblico che disciplina la partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici”.
(TAR Emilia-Romagna Bologna, Sez. I, 12.4.2021, n. 381)
Cristallizzazione della soglia di anomalia: l’annullamento dell’aggiudicazione non la pregiudica.
Cosa accade se la stazione appaltante dispone l’annullamento dell’aggiudicazione divenuta definitiva? Si procederà alla riapertura della gara e, di conseguenza, al ricalcolo della soglia di anomalia?
Una stazione appaltante annullava l’aggiudicazione definitiva disposta a margine di una gara d’appalto per l’assegnazione di lavori e, anziché limitarsi a scorrere la graduatoria, riapriva la procedura e ricalcolava le medie, una volta depennata l’offerta della concorrente esclusa. Da ciò veniva ad esistenza una graduatoria di gara del tutto nuova – con la conseguenza che aggiudicatario dell’appalto era un operatore diverso da quello in precedenza classificatosi secondo.
Sicché quest’ultimo – lamentando l’illegittimità dell’agire dell’amministrazione – adiva il TAR davanti al quale lamentava che, ove la stazione appaltante avesse correttamente applicato il principio di invarianza della soglia di anomalia di cui all’art. 95 Codice, avrebbe dovuto limitarsi a scorrere la graduatoria – e quindi a disporre l’aggiudicazione in suo favore.
L’amministrazione, costituendosi, sosteneva invece la correttezza del proprio operato, motivando tale assunto con il fatto che il ricalcolo delle medie era naturale conseguenza dell’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione definitiva e dell’esclusione dell’operatore aggiudicatario – provvedimento che, a detta dell’amministrazione, avrebbe inciso anche sulle fasi precedenti di gara.
Il Collegio, tuttavia, accoglieva il ricorso, osservando che:
- l’art.95, comma 15, Codice – a mente del quale “Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, conseguentemente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione di soglie di anomalia delle offerte” – ha sempre ricevuto una interpretazione molto restrittiva in giurisprudenza;
- tale principio, infatti, da un lato non può costituire ostacolo al diritto, costituzionalmente garantito, della tutela giurisdizionale; dall’altro che il momento dal quale il calcolo delle medie sarà cristallizzato (e quindi insensibile all’eventuale esclusione di alcuni partecipanti alla gara) viene ad identificarsi con quello dell’aggiudicazione definitiva.
Da quanto sopra deriva, conclude il Collegio, che il principio di invarianza della soglia di anomalia, disciplinato dall’art.95, comma 15, Codice, costituisce “un limite alla retroazione degli effetti dell’annullamento della aggiudicazione”: ne deriva che la media, come calcolata in prima istanza, non subirà modifiche, nemmeno nel caso in cui alcuni partecipanti siano destinatari di provvedimento di esclusione (anche in conseguenza di pronuncia giurisdizionale).
Ne consegue, quindi, che “la volontà del legislatore è stata quella di rendere applicabile la regola dell’invarianza a qualunque ipotesi (anche stragiudiziale) di “variazione” successiva alla fase di ammissione e regolarizzazione delle offerte che, come sopra chiarito, deve ritenersi definitivamente conclusa con la aggiudicazione definitiva”.
(TAR Toscana Firenze, Sez. I, 22.2.2021, n. 286)