COP 27 e la Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite: un punto di partenza o di arrivo?
La notizia della conferenza delle Nazioni Unite che si è tenuta nei giorni scorsi a Sharm el-Sheikh è apparsa in modo silente sulle maggiori testate giornalistiche nonostante l’importanza dell’evento: pianificare ed implementare le iniziative per la protezione dell’ambiente e per l’efficienza energetica globale.
Una delle problematiche maggiormente discusse a livello globale è infatti il cambiamento climatico: per fronteggiarlo serve un’azione attuata in modo giusto ed inclusivo, riducendo al minimo gli impatti sociali ed economici di carattere negativo.
Naturalmente, le conseguenze di tale problematica si riflettono in tutti i settori, compreso quello alimentare, specie nei Paesi in via di sviluppo.
L’acronimo “COP” sta per “Conferenza delle Parti”: le “parti” sono i firmatari della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC).
Le Conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici sono, indubbiamente, tra gli incontri internazionali più importanti al mondo.
La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici è un accordo ambientale internazionale prodotto dalla Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development), informalmente conosciuta come Summit della Terra, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992.
L’accordo ha come obiettivo la stabilizzazione delle concentrazioni atmosferiche dei gas serra, ad un livello tale da prevenire interferenze antropogeniche pericolose con il sistema climatico terrestre.
L’accordo non pone limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle nazioni individuali; si tratta quindi di un accordo legalmente non vincolante; esso, invece, include previsioni di aggiornamenti (denominati protocolli) che pone obiettivi di riduzione delle emissioni unitamente all’adozione di misure virtuose da parte dei soggetti convolti.
Durante la conferenza tenutasi a Sharm el-Sheikh sono stati discussi numerosi temi legati al cambiamento climatico, poi cristallizzati in un documento dal carattere programmatico suddiviso in 16 punti, dei quali meritano un richiamo:
- il punto n. 3 sull’energia, nel quale le parti hanno dato atto della grave crisi energetica in atto (senza alcuna menzione esplicita al conflitto bellico internazionale in corso) sottolineando l’urgenza di trasformare rapidamente i sistemi energetici per renderli più sicuri, efficaci e resilienti verso una transizione equa;
- il punto n. 4 sulla mitigazione, fondamentale in quanto si riconosce l’importanza di limitare il riscaldamento globale entro 1,5° e l’emissione dei gas serra;
- il punto n. 6, perdita e danno, cd. Loss and damage, tematica legata alla preoccupazione per i notevoli costi finanziari associati a perdite e danni per i Paesi in via di sviluppo che pregiudicano la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile;
- il punto n. 9, relativo alle maggiori risorse economiche da destinare agli interventi;
- il punto n. 10 sulla cooperazione in materia di sviluppo e trasferimento di tecnologia e innovazione;
- i punti nn. 13, 14 e 15 sui mari, sulle foreste e sull’agricoltura, fattori fondamentali per la transizione equa.
Il lavoro svolto in seno alla COP 27 rappresenta un importante traguardo verso la realizzazione di una transizione equa: ciò si evince, sia dalle tematiche trattate nel corso della Conferenza con particolare riguardo ai Paesi in via di sviluppo, sia dalla presenza, nel documento programmatico, di strumenti finanziari fondamentali per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
A ben guardare, tuttavia, l’attuale contesto globale non può non tener conto del conflitto bellico internazionale in corso che ha pregiudicato, ritardando, l’attuazione del programma di sviluppo, specie per ciò che riguarda le fonti energetiche.
In quest’ottica, certamente, lo Stato italiano può far molto nell’attuare una transizione energetica, così da ridurre la dipendenza da Paesi Terzi a vantaggio delle forme alternative di produzione, mitigando certamente gli effetti pregiudizievoli nell’ambiente.
L’immagine è tratta dal sito Wired.