Il cumulo alla rinfusa e l’interpretazione autentica dell’art. 225, d.lgs. 36/2023.
Ancora una volta ad essere protagonista delle pronunce giurisprudenziali è lui: il principio del “cumulo alla rinfusa” ovvero il principio relativo alla possibilità, per gli operatori consorziati esecutori privi di specifici requisiti, di utilizzare la qualificazione cumulativa del consorzio stabile stesso.
Il principio è stato esaminato in più occasioni, da ultimo nella precedente news (che è possibile consultare a questo link), con la quale è stata ampiamente illustrata la problematica attinente alle criticità interpretative della normativa vigente e pregressa.
Storicamente, molto brevemente, il principio del cumulo alla rinfusa, elemento tipico delle figure soggettive consortili stabili, ha visto il suo esordio con il codice del 2006; con il successivo codice del 2016, il legislatore ha verosimilmente assunto una posizione intermedia, non ammettendolo esplicitamente e lasciando che la giurisprudenza ne forgiasse il perimetro applicativo.
Il nuovo Codice dei contratti pubblici, ovvero il d.lgs. 36/2023, segna una svolta nell’esaltazione del principio: utili indicazioni pervengono da una recente pronuncia del Giudice amministrativo toscano che passiamo qui in rassegna.
La vicenda attiene ad una procedura ad evidenza pubblica per l’esecuzione di lavori manutentivi stradali ove, ad adire il Giudice amministrativo contro le determinazioni assunte dalla Stazione appaltante, è un operatore economico privato riunito in raggruppamento temporaneo che, nel ritenere che l’aggiudicatario (una figura consortile stabile) avesse designato un’impresa esecutrice associata ma priva dei requisiti, pone in contestazione, tra l’altro, proprio il principio del cumulo alla rinfusa.
Il Giudice amministrativo, ripercorrendo i fatti della vicenda, nonostante la procedura fosse stata indetta sotto la vigenza del codice 2016, esamina la questione utilizzando, validamente, le previsioni contenute nel nuovo Codice, in particolare quelle dell’art. 225, d.lgs. 36/2023, definite in termini di vera e propria “interpretazione autentica“.
Il Tar, infatti, osserva che “la problematica deve oggi essere affrontata alla luce della previsione interpretativa di cui all’art. 225, 13° comma prima parte del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (nuovo codice dei contratti pubblici) … Per effetto della disposizione in questione trova pertanto sostanziale applicazione alla fattispecie la previsione di cui all’art. 36, 7° comma del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che espressamente prevede che “il consorzio stabile si qualific(hi) sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”, così delineando quella strutturazione complessiva sintetizzata dal cd. principio del “cumulo alla rinfusa” ampiamente richiamato dalla giurisprudenza <<più tradizionale>>“.
Ciò che rende particolare la pronuncia (meritevole di segnalazione) è l’ulteriore deduzione espressa, laddove il Giudice amministrativo si sofferma proprio sulla natura e ratio della previsione da ultimo introdotta: “Del resto, nella fattispecie non potrebbe neanche dubitarsi della natura di interpretazione autentica della previsione di cui all’art. 225, 13° comma prima parte del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, essendo pienamente ravvisabili, nella fattispecie, gli elementi indispensabili per poter concludere per la natura interpretativa della norma, come ampiamente noto, costituiti dal fatto che “una norma, per poter essere qualificata di natura interpretativa, deve recare in sé – con sufficiente chiarezza – idonei indici espressivi della volontà (da parte della fonte giuridica che l’introduce) di disporre, appunto, in chiave interpretativa… (e) deve anche risultare topograficamente collocata al di fuori del corpo normativo che reca la disposizione che si reputa di voler interpretare, essendo altrimenti oltremodo singolare che, in seno ad uno stesso testo normativo, compia una norma di un articolo che ne interpreta un’altra di un diverso articolo del medesimo e complessivo articolato”“.
Nell’individuare la corretta interpretazione della disposizione, il Giudice amministrativo si spinge ad affermare, in termini generali, che “Nella fattispecie, non si può poi neanche dubitare che la ratio della previsione sia da riportare alla volontà del legislatore di “assegnare alle disposizioni interpretate un significato rientrante tra le possibili letture del testo originario” … ovvero di “optare”, in una qualche misura, tra la lettura proposta da parte ricorrente … e l’opposta lettura proposta dalla Stazione appaltante e dal Consorzio controinteressato (che risulta oggi essere riaffermata normativamente, per effetto della detta norma di interpretazione autentica)“.
Il percorso logico motivazionale seguito dal Giudice amministrativo appare completo e la conferma si rinviene, tra l’altro, da una disposizione, quella di cui all’art. 225, d.lgs. 36/2023, che per contenuto e ratio sembra aver ormai dissipato ogni dubbio sull’ammissibilità del principio del cumulo alla rifusa nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica.