Stato legittimo, fabbricati condonati e distanze ex art. 2-bis D.P.R. 380/01
Parlando di demolizione e ricostruzione (“demoricostruzione” o sostituzione edilizia) un profilo particolare è quello del corretto inquadramento della disciplina applicabile ai fabbricati condonati ai fini della disciplina delle distanze legittimamente preesistenti ex art. 2-bis D.P.R. 380/01, quale risultante dalle modifiche ex L. 120/2020 (Decreto Semplificazioni).
I. L’art. 2-bis, co. 1-ter D.P.R. 380/2001 e i fabbricati condonati
Ai fini del presente esame, dobbiamo innanzi tutto ricordare (ne avevamo parlato a caldo, commentando il Decreto Semplificazioni 2020) quale è la speciale disciplina delle distanze in ipotesi di demolizione e ricostruzione, quale risultante dalle modifiche apportate all’art. 2-bis D.P.R. 380/01 dalla L. 120/2020.
In particolare la disposizione che viene in rilievo è il co. 1-ter (primo e secondo periodo, occupandosi l’ultimo periodo delle particolari regole per le zone A e “simili”).
Esso dispone che:
In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti.
I temi che la norma, finalizzata a semplificare gli interventi di rigenerazione urbana, pone sono molteplici.
Qui approfondiremo cosa debba intendersi, specie in caso di fabbricati condonati, per “distanze legittimamente preesistenti” le quali, sempre per il disposto della norma in esame, costituiscono il “limite” da osservarsi sia in caso di demolizione e ricostruzione “semplice” (che questa sia da qualificarsi come ristrutturazione edilizia o, invece, nuova costruzione è dato non rilevante ai fini della norma in esame, come chiarito anche dalla Circolare MIT – Funzione Pubblica del dicembre 2020).
Oggi – come è noto – quando parliamo di “legittimità” la stella polare è senz’altro l’art. 9-bis del D.P.R. 380/01.
Come è noto, l’art. 9-bis, co. 1-bis D.P.R. 380/2001 sancisce – a seguito delle modifiche ex L. 120/2020 – che il pieno e perfetto “stato legittimo” dell’immobile si determina (anche) in virtù del titolo che ha “legittimato” la costruzione.
In tal senso, oltre a registrarsi una giurisprudenza anteriore alla novella del 2020, si segnala infatti la prima giurisprudenza chiamata a pronunciarsi sull’art. 9-bis, co. 1-bis, D.P.R. 380/2001 (si veda TAR Liguria, 22.4.2021, n. 361).
E, a conforto di detta interpretazione, si segnala che la Regione Emilia-Romagna, proprio sulla scorta della nozione di stato legittimo introdotta al livello statale dalla L. 120/2020, ha disposto all’art. 10-ter della L.R. 15/2013 che ai fini delle distanze legittimamente preesistenti da osservarsi in sede di demoricostruzione rileva lo stato legittimo come definito dall’art. 9-bis D.P.R. 380/2001 (norma recepita in Emilia-Romagna con l’art. 10-bis della L.R. 23/2004).
Quanto sopra trova, poi, conferma sia in un recente parere della Regione Lazio (prot. 778697 del 30.9.2021) sia nella già citata Circolare interministeriale MIT- Funzione Pubblica del 1.12.2020.
Il parere regionale (chiesto proprio in ordine alle modalità di applicazione dell’art. 2-bis, co. 1-ter in caso di demoricostruzione ex art. 6 L.R. Lazio 7/2017 sulla rigenerazione urbana) chiarisce come ai fini della nozione di distanza “legittimamente preesistente” debba farsi riferimento allo stato legittimo ex art. 9-bis, co. 1-bis, D.P.R. 380/2001 cosicché “l’edificio preesistente è da considerare legittimo alle condizioni di cui all’art. 9bis del d.P.R. 380/2001, soddisfatte le quali la legittimità riguarda anche le distanze (…); non è quindi corretto ritenere che solo le distanze che risultino conformi alla normativa integrino gli estremi di una preesistenza legittima”.
La Circolare interministeriale depone nel medesimo senso laddove, al § 3, chiarisce che “al fine di verificare la legittima realizzazione dell’immobile preesistente, soccorre la previsione dell’articolo 9-bis del Testo unico (…)”.
II. Quali distanze sono legittimate?
Una volta chiarito che per “distanze legittimamente preesistenti” devono intendersi anche quelle relative ad un fabbricato condonato, una ulteriore riflessione può svolgersi circa le distanze che si ha diritto di “mantenere”.
Al riguardo, occorre notare che laddove la norma si riferisce alle distanze minime (“dai fabbricati e dai confini”) essa è destinata ad operare in deroga non solo al D.M. 1444/1968 (ossia alla regola dei 10 metri tra pareti finestrate) ma con riferimento ad ogni norma relativa alle distanze: non a caso, infatti, la disposizione non solo non è circoscritta alle distanze di cui al citato D.M. 1444/1968 ma espressamente menziona anche le distanze dai confini (profilo che, come noto, non costituisce oggetto di disciplina del D.M.).
Tale interpretazione è peraltro sposata anche dalla Circolare MIT – Ministero P.A. del 1.12.2020 (avente ad oggetto: “Articolo 10 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120. Chiarimenti interpretativi”) laddove, al paragrafo 3 viene chiarito che “(…) le previsioni contenute nel comma 1-ter dell’articolo 2-bis del testo unico vanno lette nel contesto della disposizione in questione, che è specificamente intesa a disciplinare i casi in cui siano oggetto di demolizione e ricostruzione edifici preesistenti che risultino “legittimamente” ubicati rispetto ad altri immobili in posizione tale da non rispettare specifiche norme in materia di distanze (ivi comprese quelle contenute nel d.m. n. 1444/1968), di guisa che non ne sarebbe consentita l’edificazione ex novo. In questi casi, il primo periodo del comma in esame ha chiarito che la ricostruzione è possibile – in sostanza – in deroga alle norme in questione, e quindi col mantenimento delle distanze preesistenti (…)”.
Dunque le disposizioni sulle distanze oggetto di deroga non sono solo, ma anche, quelle di cui al D.M. 1444/1968, di talché la norma ha portata derogatoria di ogni disposizione sulle distanze “dalle costruzioni e dai confini”.
A tale ultimo riguardo, infatti, la medesima Circolare interministeriale sottolinea che “l ’articolo 2-bis (a …) è finalizzato a regolare la specifica ipotesi nella quale, in occasione di un intervento di demolizione e ricostruzione di edificio preesistente, insorgano problemi inerenti al rispetto di norme in materia di distanze tra edifici (siano esse contenute nell’articolo 9del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, o in qualsiasi altra normativa)”.
III. La possibilità di ricostruire nonché ampliare “nei limiti” delle distanze legittimamente preesistenti.
La norma di cui all’art. 2-bis d.P.R. 380/2001, nella versione oggi applicabile (ossia quella frutto della novella ex L. 120/2020) sancisce il diritto di ricostruire il fabbricato oggetto di demolizione nonché di collocare la cubatura frutto di incentivi volumetrici “con ampliamenti fuori sagoma e con superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito” e ciò “nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti”.
Come osservato dalla prima giurisprudenza chiamata a pronunciarsi su tale disposizione, la nuova versione dell’art. 2-bis, co. 1-ter d.P.R. 380/2001 reca una disciplina sotto questo punto di vista del tutto differente rispetto alla previgente versione (si veda, sul punto, TAR Piemonte, Sez. II, 18.8.2021, n. 827).
Valga notare che mentre il previgente testo dell’art. 2-bis, co. 1-ter in esame prescriveva (senza alcuna deroga nemmeno per l’atterraggio delle premialità) in sede di ricostruzione il “rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo” oggi la norma – oltre a prevedere una deroga ad hoc per i citati aumenti di cubatura – adopera, significativamente, l’espressione “nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti”.
Ciò implica che l’intervento – lungi dal dover essere fedele quanto alle preesistenti distanze (ossia, detto in termini più concreti, “perfettamente sovrapponibile” quanto al sedime/sagoma, circostanza d’altronde logicamente non conciliabile né con la nuova nozione di ristrutturazione edilizia demo-ricostruttiva ex art. 3, co. 1, lett. d), né con la citata possibilità di ampliamenti in altezza/adiacenza) – potrà determinare anche un diverso “allineamento” purché non peggiorativo della situazione legittimamente preesistente (appunto: entro i “limiti delle distanze legittimamente preesistenti”) ancorché il nuovo allineamento possa, ancora, risultare violativo delle vigenti disposizioni sulle distanze.
Peraltro, il senso dell’estensione della deroga anche alle volumetrie premiali sempre “nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti” è quello – ai fini appunto della rigenerazione urbana – di consentire eventuali soprelevazioni/ampliamenti fuori sagoma sempre entro la “proiezione virtuale” delle distanze delimitate dalla precedente sagoma di ingombro del fabbricato oggetto di demo-ricostruzione.
Dunque, come già condivisibilmente osservato da altri commentatori “atteso che plus semper in se continet quod est minus” (ossia: “nel più è compreso il meno”) – è senz’altro ammesso un intervento di ristrutturazione edilizia con demo-ricostruzione in arretramento, anche parziale, rispetto all’esistente, pur senza rispettare le normative vigenti sulle distanze.