Inottemperanza all’ordinanza di demolizione: ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
Con ordinanza del 19 aprile 2023, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la risoluzione di una serie di quesiti relativi alla inottemperanza all’ordinanza di demolizione e, dunque, alla sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale che viene comminata ai sensi dell’art. 31, commi 3 e ss., DPR 380/2001 (qui una precedente news sulla sorte degli immobili abusivi).
I. Il deferimento all’Adunanza Plenaria
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato svolge un ruolo sostanzialmente nomofilattico nell’ambito della giustizia amministrativa: i suoi 13 membri (Presidenti delle diverse sezioni del Consiglio di Stato ed altri magistrati dello stesso dicastero, ex art. 6, co. 3, c.p.a.), in seduta appunto plenaria, sono chiamati a dirimere contrasti giurisprudenziali su questioni di diritto controverse di particolare importanza.
Tale procedimento è scandito dall’art. 99 del Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010), ai sensi del quale
La sezione cui è assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o d’ufficio può rimettere il ricorso all’esame dell’adunanza plenaria. (…)
II. La fattispecie sottoposta al Consiglio di Stato
Nel caso in commento, oggetto dell’impugnativa (prima al TAR Napoli e poi, in sede di appello, innanzi al Consiglio di Stato) è il provvedimento con cui, in seguito alla mancata demolizione spontanea di alcune opere abusive, un Comune ha disposto l’acquisizione gratuita di queste opere al patrimonio comunale ed irrogato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, co. 4-bis, DPR 380/2001.
La questione sembra un “caso di scuola”, ma in realtà presenta una caratteristica particolare: l’ordinanza di demolizione prodromica al provvedimento impugnato è stata notificata (ed il termine per adempiervi di 90 giorni è completamente decorso) prima dell’entrata in vigore del citato comma 4-bis, il quale è stato introdotto successivamente, con D.L. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla Legge 11.11.2014 n. 164 (cd. Legge Sblocca Italia).
Proprio la particolarità della successione delle leggi nel tempo ha fatto sorgere nel Collegio giudicante alcuni dubbi interpretativi.
III. I quesiti sottoposti all’Adunanza Plenaria
Il leitmotiv dell’intera ordinanza di rimessione è rappresentato dalla natura dell’illecito che il legislatore intende perseguire in relazione all’ordinanza di demolizione, ed in particolare dal fatto che il termine di 90 giorni offerto, ex art. 31, co. 3, DPR 380/2001, per adempiere spontaneamente a questa, ripristinando lo stato dei luoghi, sia da intendere come perentorio, ovvero se al privato residui una possibilità di adempiere anche successivamente.
Tale questione è legata a doppio filo con quella della natura dell’illecito che, in caso di inadempimento, il privato commette: secondo una parte della giurisprudenza, l’illecito sarebbe di tipo istantaneo, poiché allo scadere del termine di novanta giorni le opere vengono acquisite gratuitamente ed automaticamente al patrimonio comunale, con conseguente perdita della disponibilità del bene da parte del privato e impossibilità di procedere alla demolizione (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 12.5.2022, n. 3760); secondo altro filone, invece, “Gli abusi edilizi hanno natura di illeciti permanenti in quanto la lesione dell’interesse pubblico all’ordinato e programmato assetto urbanistico del territorio si protrae nel tempo sino al ripristino della legittimità violata” (ex multis, Consiglio di Stato, sez. II, 14.2.2023, n. 1537).
E la soluzione di tale dubbio interpretativo ha un’efficacia diretta sul giudizio, poiché se dovesse essere riconosciuta la natura di illecito istantaneo l’ordinanza di acquisizione sarebbe illegittima, visto che la condotta omissiva su cui la sanzione si fonda sarebbe stata posta in essere, e completamente esaurita, prima dell’entrata in vigore della L. 164/2014, e dunque in violazione del principio di irretroattività delle sanzioni amministrative (di cui all’art 1 della L. 689/1981 nonché dell’art 11 disp. prel. cod. civ.).
Pertanto, sono stati sottoposti all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato i seguenti quesiti:
1) se, e in che limiti, l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione adottata ai sensi dell’art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, abbia effetti traslativi automatici che si verificano alla scadenza del termine di novanta giorni assegnato al privato per la demolizione;
2) se l’art. 31, comma 4 bis, del D.P.R. n. 380/01 sanzioni l’illecito costituito dall’abuso edilizio o, invece, un illecito autonomo di natura omissiva, id est, l’inottemperanza alla ingiunzione di demolizione;
3) se l’inottemperanza all’ordine di demolizione configuri un illecito permanente ovvero un illecito istantaneo ad effetti eventualmente permanenti;
4) Se la sanzione di cui all’art 31 comma 4 bis D.P.R. 380/01 possa essere irrogata nei confronti di soggetti che hanno ricevuto la notifica dell’ordinanza di demolizione prima dell’entrata in vigore della L. n. 164 dell’11.11.2014, quando il termine di novanta giorni, di cui all’art. 31, comma 3, risulti a tale data già scaduto e detti soggetti più non possano demolire un bene non più loro, sempre sul presupposto che a tale data la perdita della proprietà in favore del comune costituisca un effetto del tutto automatico.
IV. Brevi considerazioni finali
Sarebbe a dir poco pretenzioso offrire una completa disamina delle questioni di diritto, e dei relativi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, sottesi ai quattro quesiti sottoposti all’Adunanza Plenaria.
In questa sede ci limitiamo ad una breve osservazione (in parte) critica.
Se, in generale, le ordinanze di rimessione hanno un contenuto attraverso il quale il Collegio dà atto ed analizza (seppur in maniera critica) i diversi orientamenti giurisprudenziali che hanno dato luogo al contrasto che proprio l’Adunanza Plenaria è chiamata a dirimere, nel caso di specie si assiste ad una ordinanza “orientata”: il Giudice rimettente ammette candidamente di ritenere che
l’art. 31, comma 4 bis, del D.P.R. n. 380/2001 si configuri come illecito istantaneo ad effetti permanenti: non è infatti la condotta omissiva del privato a protrarsi oltre la scadenza del termine, ma solo i suoi effetti materiali, la cessazione dei quali, peraltro, una volta verificatosi il passaggio (di proprietà) del bene abusivo e dell’area di sedime in favore del patrimonio del comune, non sono più sotto il controllo esclusivo del privato.
(…)
ad avviso del Collegio per coerenza la sanzione di cui all’art 31 comma 4 bis non può essere irrogata in relazione all’inottemperanza ad ordinanze di demolizione notificate e “scadute” prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 133/2014, poiché, in ragione della natura istantanea dell’illecito, in tali casi non vi sarebbe neppure una frazione della condotta sanzionata commessa dopo l’entrata in vigore di tale norma: diversamente opinando si determinerebbe una frizione con il principio di irretroattività delle sanzioni amministrative sancito dall’art 1 l. 689/81 – applicabile in virtù della natura afflittiva della sanzione in esame – nonché con il generale principio sancito dall’art 11 disp. prel. cod. civ. secondo il quale la legge non dispone che per l’avvenire.
Sennonché, a sommesso avviso dello scrivente, nell’ordinanza di rimessione è del tutto omesso un filone giurisprudenziale che, a prescindere da ogni valutazione sulla sua natura minoritaria o meno, può orientare la decisione dell’Adunanza Plenaria.
Ci si riferisce, in particolare, alla giurisprudenza secondo cui “il privato raggiunto dall’ordine di demolizione può richiedere la sanatoria delle opere eseguite, ai sensi dell’art. 36 D.P.R. n. 380/2001, anche oltre il termine di 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza e ciò sulla base dello stesso tenore letterale del comma I del predetto art. 36, che ammette la possibilità di ottenere il permesso in sanatoria “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”; la predetta norma consente la presentazione della domanda di accertamento di conformità in un momento successivo alla scadenza del termine ex art. 31, comma 3, ove a tal momento non siano state ancora in concreto irrogate le sanzioni definitive; il termine di novanta giorni è, infatti, fissato unicamente per la demolizione volontaria del manufatto abusivo mentre, fino a quando l’opera esiste nella sua integrità ed il soggetto ne conserva la titolarità, è sempre possibile richiedere la sanatoria, che ha lo scopo di evitare l’abbattimento di un manufatto conforme urbanisticamente.” (TAR Napoli, sez. VIII, 15.2.2021, n. 962; sez. III, 8.10.2020 n. 4356; TAR Salerno, sez. II, 12.7.2021, n. 1708; 28.6.2021, n. 1576; TAR Roma, sez. II-quater, 3.11.2020, n. 11307; TAR Latina, sez. I, 11.1.2018, n. 16; Consiglio di Stato, sez. VI, 7 novembre 2019, n. 7601; CGARS, sez. I, 24.12.2021, n. 1075).
Secondo tale orientamento, dunque, il termine di 90 giorni non ha natura perentoria, rimanendo l’opera abusiva nella piena disponibilità del privato (il quale può addirittura chiederne la sanatoria, laddove sussistano i presupposti) fintantoché non sia portato ad esatto e pieno compimento il procedimento sanzionatorio, ossia fintantoché non sia trascritta presso i pubblici registri l’avvenuta acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio comunale.
È dunque auspicabile, anzi pressoché certo alla luce della “prassi giurisprudenziale” sviluppatasi negli anni, che tale vuoto del Giudice rimettente venga colmato da una più approfondita disamina da parte dell’Adunanza Plenaria.