Riforma Cartabia: come cambia il processo civile.
Tra proteste e preoccupazioni, la Riforma Cartabia cambierà il processo civile in anticipo rispetto al previsto.
La Legge di Bilancio (l. 29 dicembre 2022, n. 197) ha anticipato, infatti, al 28 febbraio 2023, l’operatività del d.lgs. 10 ottobre 2022, n.149 (c.d. Riforma civile Cartabia).
Chiariamo fin da subito che alcune disposizioni introdotte dalla riforma sono già operative. Tra queste, ad esempio, a far data dal 1° gennaio 2023, anche per i procedimenti civili già pendenti davanti al Tribunale, alla Corte d’Appello e alla Corte di cassazione, il giudice può disporre che l’udienza si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza o che sia sostituita dal deposito di note scritte. Ovviamente, questa possibilità viene meno quando bisogna escutere testimoni o comunque quando all’udienza si renda necessaria la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pm e dagli ausiliari del giudice (artt. 127, comma 3, 127 -bis, 127-ter e 193, comma 2, c.p.c., nonché art. 196-duodecies delle disp. att. c.p.c.). Quindi, l’udienza in presenza non scompare del tutto: diventa l’eccezione alla regola.
Sempre a partire dal 1° gennaio 2023, il legislatore della riforma ha previsto l’entrata in vigore delle disposizioni recanti la modifica della disciplina del ricorso per cassazione. Tali disposizioni trovano applicazione ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023. Tuttavia, gli artt. 372, 375, 376, 377, 378, 380, 380-bis, 380-bis-1, 380-ter, 390 e 391-bis c.p.c. si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali NON è stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio.
Infine, il 1° gennaio 2023 è entrata in vigore anche la disposizione recante il rinvio pregiudiziale (art. 363-bis c.p.c.), che si applica anche ai giudizi di merito pendenti alla data del 1° gennaio 2023.
La regola generale, tuttavia, resta quella per cui la Riforma civile Cartabia entrerà in vigore a partire dal 28 febbraio 2023. Vediamo quali sono le principali novità introdotte dalla riforma nel rito civile.
Modifiche in tema di notificazioni
Degne di nota sono le disposizioni relative all’introduzione dell’obbligo della notifica a mezzo PEC qualora il destinatario sia un soggetto obbligato a munirsi di un indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi, ovvero abbia eletto domicilio digitale a norma del d.lgs. n. 82/2005.
A tal fine, il legislatore della riforma, all’art. 147 c.p.c. ha aggiunto due nuovi commi, prevedendo che le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato possono essere eseguite senza limiti orari e che si perfezionano in momenti diversi per il notificante e per il destinatario.
Modifiche al procedimento di cognizione davanti al tribunale e il nuovo rito semplificato
Il legislatore della riforma ha introdotte numerose modifiche al giudizio di primo grado.
Cambia il contenuto dell’atto di citazione che oltre a dover essere chiaro, specifico e sintetico, in virtù dei principi generali di chiarezza e sinteticità introdotti dal legislatore della riforma per tutti gli atti processuali (art. 121 c.p.c. e art. 46 delle disp. att. c.p.c.), deve contenere due nuove formule.
- La prima, ricorre solo nel caso in cui la domanda è sottoposta a condizione di procedibilità. Il legislatore della riforma ha, infatti, previsto che nell’atto di citazione bisogna dare atto che la domanda è soggetta ad una specifica condizione di procedibilità e che tale condizione è stata soddisfatta, allegando, il verbale negativo di conciliazione.
- La seconda formula invece deve essere inserita nella parte dell’atto di citazione dedicata alla vocatio in ius. È un nuovo avvertimento che l’attore deve fare al convenuto e cioè che “la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall’articolo 86 o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza di parte”.
Nella redazione dell’atto di citazione occorre poi prestare attenzione ai nuovi termini processuali.
Il legislatore della riforma ha, invero, rimodulato il termine che deve intercorrere tra il giorno della notifica dell’atto citazione e quello dell’udienza di prima comparizione, allungandolo ad almeno 120 giorni liberi.
Un altro termine processuale modificato dalla riforma è quello previsto per la costituzione del convenuto, individuato nel termine di 70 giorni prima dell’udienza indicata nell’atto di citazione.
I termini processuali sono stati rimodulati perché il legislatore della riforma, al fine di raggiungere l’obiettivo concordato in sede europea di durata ragionevole del processo, ha modificato lo svolgimento della prima udienza.
Con la riforma, infatti, prima dell’udienza di comparizione ex art. 183 c.p.c., le parti dovranno depositare le c.d. memorie integrative ex art. 171-ter c.p.c. che, nella sostanza, coincidono con le attuali memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c.
Il legislatore della riforma ha previsto che, a pena di decadenza, le memorie integrative devono essere depositate nei seguenti termini:
- la prima memoria, almeno 40 giorni prima dalla data dell’udienza di comparizione;
- la seconda memoria, almeno 20 giorni prima dalla dell’udienza di comparizione;
- infine la terza, almeno 10 giorni prima dalla data dell’udienza di comparizione.
È stato dato, quindi, un nuovo volto all’udienza di prima comparizione (art. 183 c.p.c.).
Il legislatore ha previsto che all’udienza di prima comparizione le parti devono comparire personalmente; la mancata comparizione, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c. Questo perché il legislatore della riforma ha previsto che nella prima udienza di comparizione il giudice deve interrogare liberamente le parti, chiedere i chiarimenti necessari sulla base dei fatti allegati e procedere con il tentativo obbligatorio di conciliazione. Qualora il tentativo di conciliazione dia esito negativo, il giudice, nella stessa udienza, può provvedere sulle istanze istruttorie, oppure può riservarsi ed emettere successiva ordinanza.
All’esito dell’udienza di comparizione, però, se è stata raggiunta la prova dei fatti costitutivi della domanda e quando le difese del convenuto risultano manifestamente infondate, il giudice può, adottare, previa istanza di parte, ordinanza di accoglimento della domanda (art. 183-ter c.p.c.). Allo stesso modo, se, all’esito della prima udienza di comparizione, la domanda dell’attore sia manifestamente infondata o quando non è stata sanata la nullità dell’atto di citazione, il giudice può, su istanza di parte, adottare ordinanza di rigetto della domanda (art. 183-quater c.p.c.).
Entrambe le ordinanze possono essere adottate solo su istanza di parte e nelle controversie di competenza del tribunale aventi ad oggetto diritti disponibili; mentre solo l’ordinanza di accoglimento è reclamabile ex art. 669-terdecies c.p.c.
All’udienza di trattazione il giudice, “valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria” e sentite le parti, potrebbe disporre con ordinanza non impugnabile la prosecuzione del processo nelle forme del nuovo rito semplificato, che con la riforma trova una nuova collocazione nel codice di procedura civile.
Il rito semplificato, infatti, a far data dal 28 febbraio 2023, non sarà più disciplinato dall’art. 702-bis ma dagli artt. 281-decies c.p.c. e ss. in forza dei quali il ricorso a tale rito alternativo è possibile sia “quando i fatti di causa non sono controversi”, sia quando “la domanda è fondata su prova documentale o è di pronta soluzione o richiede un’’istruzione non complessa”.
In mancanza di tali circostanze peculiari, all’esito della prima udienza di comparizione, il giudice fissa l’udienza per l’assunzione dei mezzi di prova.
Esaurita l’istruttoria, si apre la fase decisoria.
Il giudice istruttore, quindi, ritenuta la causa matura per la decisione, fissa l’udienza, a trattazione scritta, per la rimessione in decisione (o al collegio) ed assegna alle parti tre termini perentori:
- fino a 60 giorni prima dell’udienza, per il deposito di note scritte contenenti le sole precisazioni delle conclusioni;
- fino a 30 giorni prima dell’udienza, per il deposito delle comparse conclusionali;
- fino a 15 giorni prima dell’udienza per il deposito delle memorie di replica.
In alternativa alla trattazione scritta, il legislatore della riforma ha previsto due schemi: quello della trattazione mista per la quale è sempre necessaria l’istanza di parte e quello della trattazione orale.
In caso di trattazione mista, il giudice dispone lo scambio delle sole note di precisazione delle conclusioni e delle comparse conclusionali. Viene meno, quindi, lo scambio delle memorie di replica.
In caso di trattazione scritta, occorre distingue tra le cause di competenza del tribunale in composizione monocratica e le cause di competenza del tribunale in composizione collegiale.
Per le prime, il giudice invita le parti a precisare le conclusioni e fissa l’udienza per la discussione orale della causa. Per le seconde, invece, il giudice istruttore assegna un termine per il deposito di note scritte di precisazione delle conclusioni e un ulteriore termine per il deposito di note conclusionali.
Modifiche ai procedimenti davanti al giudice di pace
Grandi novità sono state introdotte anche per i procedimenti da instaurarsi davanti al giudice di pace.
Innanzitutto, è stata elevata la soglia per le cause relative a beni mobili fino a € 10.000 euro e per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti fino a € 25.000.
La novità più significativa è che, per tale giudizio, verranno applicate le forme del procedimento semplificato di cognizione.
La domanda deve essere proposta con ricorso, e non più con atto di citazione.
Alla prima udienza, fermo restando l’obbligo di procedere al tentativo di conciliazione, il giudice di pace deve osservare il disposto dell’art. 281 duodecies c.p.c., che prevede che si proceda all’istruttoria necessaria o si mandi la causa in decisione.
Il modello decisorio è identico a quello previsto per la decisione a seguito di discussione orale dinanzi al tribunale in composizione monocratica.
Infine, anche per il giudice di pace troveranno applicazione le disposizioni sul processo civile telematico e, di conseguenza, sono stati apportati i relativi adattamenti alle disposizioni in esame. Tali disposizioni però entreranno in vigore per i procedimenti instaurati successivamente al 30 giugno 2023.
Modifiche introdotte ai procedimenti davanti alla Corte d’Appello
La riforma interviene a modificare anche il giudizio di appello, al fine di assicurarne una maggiore celerità e semplificazione, eliminando strumenti processuali che non hanno dato un buon risultato nel corso del tempo. In particolare, le novità più rilevanti attengono alla eliminazione del filtro previsto dall’art. 348 bis c.p.c. ed all’inserimento di un filtro di diverso tipo: la discussione orale della causa ai sensi dell’art. 350-bis c.p.c.
È stato poi attribuito un nuovo ruolo al consigliere istruttore al quale viene demandato l’espletamento di tutti gli incombenti antecedenti la fase decisoria. Il modello delineato è, pertanto, analogo a quello del rito dinanzi al tribunale in composizione collegiale, in cui è riservata al collegio solo la fase decisoria in senso stretto, mentre tutte le altre fasi processuali sono trattate dinanzi al giudice istruttore.
Infine, sono state limitate le ipotesi di rimessione della causa al primo giudice ai soli casi di violazione del contraddittorio.
Anche il contenuto dell’atto di appello è stato modificato (artt. 342 e 434 c.p.c.). Per le impugnazioni successive al 28 febbraio 2023 l’appello deve essere motivato e per ciascuno dei motivi deve indicare a pena di inammissibilità, in modo chiaro, sintetico e specifico:
1) il capo della decisione di primo grado che viene impugnato;
2) le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;
3) le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
Diversamente dal giudizio di primo grado non cambia il termine minimo che deve intercorrere tra il giorno della notifica e quello della prima udienza. Il legislatore, infatti, eliminando il rinvio all’art. 163 c.p.c. ha previsto che tra la notifica dell’atto di appello e il giorno dell’udienza devono intercorrere termini liberi non minori di 90 giorni se residente in Italia o di 150 giorni se residenti all’estero.
Per quanto riguarda la costituzione del convenuto, l’art. 343 c.p.c. dispone che la comparsa di risposta dell’appellato, che a pena di decadenza deve contenere l’appello incidentale, deve essere depositata entro 20 giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione in appello.
Modifiche ai procedimenti davanti alla Corte di Cassazione
Per quanto concerne il giudizio di cassazione, la delega prevede innanzitutto la riforma del c.d. filtro in Cassazione, con la previsione di un procedimento accelerato per la definizione dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati. In particolare, se il giudice (giudice filtro, in luogo della sezione filtro) ravvisa uno dei possibili suddetti esiti, lo comunica alle parti lasciando loro la possibilità di optare per la richiesta di una camera di consiglio ovvero per la rinuncia al ricorso.
Per quanto riguarda il contenuto del ricorso, il legislatore della riforma ha previsto che il ricorso debba contenere la chiara ed essenziale esposizione dei fatti della causa e la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione e che ciascun motivo deve fare riferimento al documento ad esso inerente e che il contenuto di tale documento deve essere richiamato nel motivo, ai fini della sua comprensibilità (art. 366 c.p.c.)
Importanti modifiche riguardano la fase della trattazione del ricorso per cassazione, il cui riordino viene disciplinato in primo luogo attraverso la previsione dei casi in cui la Corte procede in udienza pubblica. Con riferimento alla pubblica udienza, il legislatore della riforma ha riservato la trattazione dei ricorsi alla pubblica udienza, “quando la questione di diritto è di particolare rilevanza”.
Degno di nota è, infine, il nuovo art. 391 quater c.p.c. con il quale il legislatore della riforma ha previsto la possibilità di impugnare per revocazione le decisioni passate in giudicato, il cui contenuto sia stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi Protocolli.