Rigenerazione urbana Lazio: i cambi d’uso ex art. 6, co. 2, L.R. 7/2017 e i limiti da PRG. (Un nuovo spiraglio anche per superare l’art. 45, co. 6 NTA PRG Roma?)
Un parere dello scorso luglio della Regione Lazio è tornato sul tema dei cambi d’uso ex art. 6, co. 2, L.R. 7/2017 (“rigenerazione urbana”) ed il rapporto di tale norma con i limiti derivanti dal PRG.
Si tratta di un tema sul quale più volte ci siamo soffermati, avuto particolare riguardo a talune previsioni del PRG di Roma.
I. La norma e la questione delle “prescrizioni” di PRG limitative dei cambi d’uso.
L’art. 6, co. 2, L.R. 7/2017 prevede che in sede di “interventi diretti” (ristrutturazione edilizia o demolizione e ricostruzione, con premialità del 20%), “oltre al mantenimento della destinazione d’uso in essere, sono altresì consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti indipendentemente dalle modalità di attuazione dirette o indirette e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001″.
Se è chiara la prima ipotesi di “limite” che la disposizione consente di superare (l’eventuale necessità di strumento attuativo ai fini del cambio d’uso), lo è meno il riferimento alla ipotesi delle “altre prescrizioni” derivanti dal PRG, parimenti derogate ex art. 6, co. 2.
Il tema delle “altre prescrizioni” è stato espressamente affrontato – con riferimento al PRG di Roma – con un parere che abbiamo già (criticamente) commentato, che verte sulla rilevanza, quale “altra prescrizione“, della Carta per la Qualità.
Qui la Regione fornisce una nozione di “prescrizione“, la quale costituisce “limite e/o contingente concreto alla realizzazione di un intervento, ossia una previsione che incide, in senso limitativo, sull’attuazione dell’intervento“ (tale non sarebbe, appunto la Carta per la Qualità).
II. Il parere del 12.7.2021: il divieto di di cambi d’uso di cui alle NTA di un piano particolareggiato costituisce una “prescrizione”, come tale superabile ex art. 6, co. 2, L.R. 7/2017.
Un Municipio a fronte di una norma di uno strumento attuativo che pone il divieto “assoluto” di cambi d’uso, ha domandato alla Regione (insieme ad altri quesiti che qui non esamineremo nel dettaglio) se questa previsione urbanistica “possa inquadrarsi nella previsione di cui all’art. 6, comma 2, che ammette i cambi di destinazione “indipendentemente […] da altre prescrizioni previste dagli stessi”.
La Regione, con il parere in esame, rammentata la nozione di prescrizione (come ricordata prima: “limite e/o contingente volto ad ostacolare l’accesso alle altre destinazioni d’uso previste dalla strumentazione urbanistica per un determinato ambito”) ha ritenuto che un divieto siffatto rientra nell’ambito di quelle previsioni (prescrizioni, appunto) che la L.R. 7/2017 all’art. 6 co. 2 ha inteso rendere superabile (sempre a condizione, rammenta il parere, che l’intervento sia volto ad accedere ad altra destinazione urbanistica astrattamente prevista per il dato ambito di PRG).
III. E l’art. 45, co. 6, NTA PRG Roma ?
Della questione relativa alla possibilità di bypassare la peculiare disciplina ex art. 45, co. 6, NTA PRG Roma tramite l’art. 6, co. 2, L.R. 7/2017 ci siamo già occupati approfonditamente in un precedente contributo (a margine di una sentenza del TAR Lazio).
Come è noto, la norma di PRG in questione prevede, tra l’altro, che nella Città consolidata:
“(…) i cambi di destinazione d’uso verso “abitazioni singole” devono essere previsti all’interno di interventi di categoria RE, DR, AMP, estesi a intere unità edilizie, di cui almeno il 30% in termini di SUL deve essere riservato alle destinazioni “abitazioni collettive”, “servizi alle persone” e “attrezzature collettive”. (…).”.
Nel nostro precedente articolo avevamo osservato che, diversamente da quanto ritenuto da TAR Lazio 7476/2020 (secondo cui l’obbligo di riserva del 30% al mix funzionale non costituirebbe né una “modalità di attuazione” né, tanto meno, una “altra prescrizione“, con conseguente non derogabilità ex art. 6, co. 2 L.R. 7/2017), l’obbligo di c.d. mix funzionale pare costituire proprio un “limite e/o contingente volto ad ostacolare l’accesso alle altre destinazioni d’uso previste dalla strumentazione urbanistica per un determinato ambito” (ossia la nozione di “altre prescrizioni” delineata dalla Regione).
A nostro avviso, allora, ben può sostenersi (nonostante il diverso avviso del TAR Lazio, con la citata sentenza, sulla quale pende peraltro appello) che se il “divieto assoluto” di cambio d’uso integra una prescrizione di PRG (quindi derogabile ex art. 6, co. 2, L.R. 7/2017), la stessa qualificazione pare configurabile anche con riferimento al “limite” previsto dall’art. 45, co. 6, NTA PRG Roma nella parte in cui si prevede che per accedere ad una destinazione ammessa in quel dato ambito, occorra rispettare la “quota” del 30% (da destinarsi, nell’ambito del complessivo intervento, a “destinazioni “abitazioni collettive”, “servizi alle persone” e “attrezzature collettive”).