contratto di avvalimento indicazione risorse vale per avvalimento operativo e non per garanzia

Contratto di avvalimento: le risorse prestate vanno indicate solo nel caso di avvalimento operativo o anche nel caso di avvalimento di garanzia?

contratto di avvalimento indicazione risorse vale per avvalimento operativo e non per garanziaCon una recente sentenza, il Consiglio di Stato ribadisce che la regola della puntuale indicazione, nel contratto di avvalimento, delle risorse in concreto prestate e della necessaria specificità della dichiarazione resa in tal senso vale incondizionatamente nel caso di avvalimento c.d. tecnico od operativo e non nel caso di avvalimento c.d. di garanzia.

L’avvalimento di garanzia, ad avviso del Consiglio di Stato infatti, non implica necessariamente il coinvolgimento di aspetti specifici dell'organizzazione della impresa, ma assolve alla funzione di ampliare lo spettro della responsabilità per la corretta esecuzione dell'appalto con le risorse economiche dell'ausiliaria, il cui indice è costituito dal fatturato. Il che vale anche nel caso di richiesta di fatturato specifico, poiché anche quest'ultimo attiene alla capacità economica e finanziaria, in mancanza di puntuale dimostrazione di caratteristiche prettamente tecniche e operative del requisito e di conseguente necessità di indicare uno specifico  sostrato di mezzi aziendali da mettere a disposizione per l'esecuzione dell'appalto.

La ratio sottesa all’istituto dell’avvalimento, è il favor, che si alimenta della riconosciuta finalità di favorire l’apertura delle commesse pubbliche alla concorrenza “nella misura più ampia possibile, a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici”.

Posto ciò, riassume il Consiglio di Stato:

  1. a) il c.d. fatturato specifico va qualificato come requisito di carattere economico-finanziario e non risorsa tecnica, atteso che l'art. 83, comma 4, lett. a), del Codice dei contratti pubblici, stabilisce che, ai fini della verifica del possesso dei requisiti di capacità economica e finanziaria, le stazioni appaltanti, nel bando di gara, possono richiedere “che gli operatori economici abbiano un fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell'appalto” e, correlativamente, l'allegato XVII (“Mezzi di prova dei criteri di selezione”) prescrive, nella parte I, dedicata alla capacità economica e finanziaria, che questa possa essere provata mediante una dichiarazione concernente il fatturato globale e, se del caso, il fatturato del settore di attività oggetto dell'appalto;
  2. b) la soluzione è conforme all’art. 58 § 3 della dir. 2014/24/UE, alla cui stregua, “per quanto riguarda la capacità economica e finanziaria, le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano la capacità economica e finanziaria necessaria per eseguire l’appalto” e che “a tal fine, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere in particolare che gli operatori economici abbiano un determinato fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto”;
  3. c) come tale, il fatturato minimo va tenuto distinto dalle “esperienze necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità”, che costituiscono, in base all’ art. 58 § 4 della richiamata direttiva, un requisito che può essere richiesto per dimostrare una adeguata capacità tecnica professionale e che deve essere comprovato “da opportune referenze relative a contratti eseguiti in precedenza”;
  4. d) sia nel caso in cui l’avvalimento riguardi requisiti economico finanziari che nell’ipotesi in cui abbia ad oggetto quelli tecnico professionali, l’operatore economico – ai fini della partecipazione – deve solo dimostrare che “disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno assunto da detti soggetti a tal fine”.

Nel caso giunto in Consiglio di Stato, l’avvalimento aveva ad oggetto il fatturato specifico minimo da ricondurre – contrariamente all’avviso del TAR – al genus del c.d. avvalimento di garanzia per il quale non era neppure necessario che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisse a specifici beni patrimoniali o ad indici materiali atti ad esprimere una certa e determinata consistenza patrimoniale e, dunque, alla messa a disposizione di beni da descrivere e individuare con precisione, essendo sufficiente che dalla ridetta dichiarazione emergesse l’impegno contrattuale a prestare e a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria e il patrimonio esperienzale, così garantendo una determinata affidabilità e un concreto supplemento di responsabilità

Più in dettaglio, giacché il fatturato globale veniva richiesto in quanto tale, vale a dire solo ai fini della dimostrazione della situazione di solidità finanziaria, l’aggiudicataria – che aveva dichiarato di essere tecnicamente ed economicamente attrezzata per l’esecuzione dell’appalto e di voler fare ricorso all’avvalimento al solo fine di integrare il requisito del fatturato minimo – non aveva alcuna necessità di specificare le modalità con le quali l’impresa ausiliaria avrebbe dovuto “coordinarsi con i responsabili della società appaltatrice in corso di esecuzione”, né di indicare “le ore di lavoro” che le risorse dell’ausiliaria sarebbero state tenute a prestare.

(Cons. St., Sez. V, 12/2/2020, n. 1120)


Appalto a corpo: variazioni in aumento del prezzo pattuito?

Durante l’esecuzione dei lavori, in un appalto pubblico “a corpo” si verificano eventi che possono far variare il prezzo pattuito.

Come noto, in un contratto (di appalto) a corpo le parti determinano il corrispettivo che si cristallizza in modo fisso in ragione del ribasso offerto sull’importo a base d’asta e ciascuna delle parti non può pretenderne una modifica per una diversa quantità delle lavorazioni svolte.

Tuttavia, vi sono casi in cui è possibile derogare al principio della immodificabilità del prezzo, ossia :

  • l’appaltatore non ha completato l’opera e non ha svolto alcune categorie di lavorazioni. In questo caso, non potrà essere riconosciuto il suo diritto a percepire l’intero compenso ma si dovrà valutare il valore delle opere non compiute ai fini della deduzione del corrispettivo;
  • l’appaltatore ha eseguito lavorazioni extra contratto, ovvero lavorazioni nuove e diverse da quelle inizialmente concordate sulla base di progetti redatti dal committente. In tale ipotesi il diritto dell’appaltatore al compenso trova riconoscimento negli artt. 1660, 1661 c.c..

Pertanto, negli appalti a corpo il prezzo contrattualmente pattuito tra le parti può subire variazioni in aumento o in diminuzione e l’appaltatore avrà diritto ad un compenso ulteriore per i lavori extracontratto, i quali saranno calcolati “a misura” relativamente alle opere oggetto di variazione su richiesta del committente, a “corpo”, invece, sulle opere rimaste invariate.

Tuttavia, l’appaltatore che pretenda un maggior compenso per le opere extracontratto eseguite deve, a pena di decadenza, iscrivere immediatamente la riservaentro il momento della prima annotazione successiva all’insorgenza della situazione integrante la fonte delle vantate ragioni, nonché deve esplicarle nel termine di quindici giorni e poi confermarle nel conto finale, dovendosi altrimenti intendere definitivamente accertate le risultanze della contabilità” .

(Trib. Crotone, 21/1/2020, n. 59)


Risoluzione contratto appalto pubblico per inadempimento della P.A.: quanto spetta all’impresa per le opere già eseguite?

Durante l’esecuzione dei lavori, spesso accade che una impresa agisca in giudizio per ottenere la declaratoria di risoluzione del contratto di appalto pubblico per grave inadempimento della P.A. per non aver potuto realizzare le opere secondo le pattuizioni contrattuali (ad esempio per errore progettuale o per indisponibilità delle aree di cantiere ecc.).

Occorre premettere che nell’ambito di un contratto di appalto pubblico, la giurisprudenza ha chiarito che la declaratoria giudiziale di risoluzione del contratto per inadempimento del Committente (P.A.) non si sottrae alla regola generale, dettata dall'art. 1458 cod. civ., della piena retroattività di tutti gli effetti della risoluzione, anche in ordine alle prestazioni già eseguite.

Ne consegue che, in linea di principio, il Committente sarebbe tenuto a restituire l’opera già eseguita dall’appaltatore (cd. restitutio in integrum), cosa che in realtà è del tutto impossibile e dunque il prezzo delle opere già eseguite viene liquidato, a seguito della risoluzione del contratto, a titolo di equivalente pecuniario della dovuta "restitutio in integrum".

Orbene, e quale sarebbe il prezzo delle opere già eseguite?

In merito la Giurisprudenza non è univoca.

Infatti, un primo orientamento ritiene che il risarcimento del danno per equivalente debba determinarsi facendo riferimento ai prezzi contrattuali delle opere realizzate (Trib. Roma, 5.7.2017,n. 13654).

Altro, invece, ritiene che la reintegra del patrimonio dell'appaltatore va valutata tenendo conto del valore venale dell'opera, ossia ai prezzi di libero mercato, determinati con riferimento al momento della pronuncia di risoluzione e detraendo l'importo dei corrispettivi contrattuali già versati all'impresa per le lavorazioni eseguite.

Infatti si è precisato che “Tenuto conto della differenza tra l’importo globale dei lavori da realizzare e l’ammontare dei lavori non ancora realizzati al momento della risoluzione, rilevante orientativamente quale valore dell’<opus> al momento della risoluzione del contratto, ...... il valore dell’<opus> al momento della risoluzione può farsi coincidere con l’importo dei lavori eseguiti al momento della risoluzione calcolati al lordo del ribasso d’asta, senza applicazione, cioè del ribasso d’asta(Trib. Reggio Calabria, 5.9.2018, n. 1300; Trib. Roma, 3.5.2018, n. 8737).

In altri termini, stando al più recente orientamento della giurisprudenza di merito, è ragionevole ritenere, a titolo meramente esemplificativo, che se un appaltatore ha eseguito € 2 milioni di opere al lordo del ribasso del 50 % offerto in sede di gara e la P.A. ha corrisposto al netto del ribasso € 1 milione, a seguito della declaratoria di risoluzione, ha diritto di vedersi riconoscere il valore venale delle opere eseguite, cioè senza il ribasso e, dunque, l’ulteriore € 1 milione.

(Trib. Reggio Calabria, 5/9/2018, n. 1300)


Avvalimento esperienze professionali: a chi tocca l’esecuzione?

Una fondazione partecipava ad una gara avente ad oggetto l’affidamento in concessione del servizio di ristorazione scolastica per le scuole dell’infanzia e primaria nel territorio della S.A., servizio avente durata triennale e da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La lex specialis di gara – ovvero il disciplinare – prevedeva che le concorrenti dovessero possedere, tra i requisiti di capacità tecnica e professionale, esperienza nel campo della gestione di servizi di ristorazione scolastica, servizi effettuati a regola d’arte e con buon esito nei tre anni scolastici 2014/2015 – 2015/2016 – 2016/2017 per un ammontare pari a complessivi 140.000 pasti.

A seguito dell’esame della documentazione amministrativa la S.A. escludeva la suddetta fondazione dalla gara, ritenendo invalido il contratto di avvalimento avente ad oggetto il suddetto requisito – contratto sottoscritto, come noto, ex art. 89 Codice – in quanto, in particolare, il contratto non specificava i servizi direttamente eseguiti dall’impresa ausiliaria per le capacità oggetto di avvalimento.

Il provvedimento di esclusione, e la sottesa nullità del contratto di avvalimento, venivano confermati sia dalla medesima S.A., la quale sanciva la nullità del contratto per indeterminatezza del suo oggetto – essendo esso privo dell’impegno dell’ausiliaria ad eseguire direttamente il servizio da affidarsi e di adeguata e specifica indicazione dei mezzi e delle risorse da prestare all’avvalente – sia dal giudice di prime cure.

Il Collegio di primo grado, nello specifico, evidenziava che -  sebbene fosse suscettibile di soccorso istruttorio la genericità nell’indicazione delle competenze tecniche e/o professionali oggetto di trasferimento o di prestito da parte dell’ausiliaria - il contratto di avvalimento era lacunoso laddove l’intero servizio oggetto di appalto doveva essere svolto in via diretta dall’ausiliaria stessa; detta lacuna non era peraltro colmabile mediante soccorso istruttorio, in quanto inerente un elemento essenziale di tipo negoziale.

Da parte loro, anche i giudici di Palazzo Spada ritenevano corrette l’esclusione e la decisione di primo grado, conclusivamente statuendo che “Il primo giudice pertanto è coerentemente pervenuto alla condivisibile conclusione che, nel caso di specie, il contratto di avvalimento aveva ad oggetto il prestito del requisito di “esperienza pregressa”, dal che discendeva la necessità dell’impegno dell’ausiliaria ad assumere un ruolo esecutivo nello svolgimento del servizio, e non solo a trasmettere all’ausiliata il Know how e la struttura organizzativa dall’esterno”.

(Cons. St., Sez. V, 3/4/2019, n. 2191)


Esclusione dalla gara per mancata sottoscrizione del curriculum vitae: la ratio della previsione della firma.

La società ricorrente impugna gli atti di gara relativi all'aggiudicazione di una procedura ristretta avente ad oggetto “l'affidamento della manutenzione ordinaria programmata, assistenza tecnica, pronto intervento e presidio, nonché dei lavori di riparazione dei guasti degli impianti di riscaldamento, di climatizzazione, idrici e del gas installati […]” per l’illegittimità derivante dall'esame del curriculum vitae del tecnico responsabile della manutenzione, nonostante questo non fosse stato firmato, venendo, al contrario, vagliato il curriculum firmato relativo ad altra procedura in corso.

In particolare, la ricorrente lamenta che il documento di identità, che accompagna il curriculum vitae del tecnico de quo, è stato depositato solo in un secondo momento, insieme al curriculum firmato.

Il Collegio ritiene il ricorso fondato - e lo accoglie - con particolare riferimento alla firma del curriculum.

Difatti, nell'ambito dell’offerta tecnica, per quanto riguarda il criterio di valutazione, l’Allegato “Scheda offerta tecnica” prevedeva che la richiesta “Esperienza lavorativa in attività analoghe in siti con particolari restrizioni di security” dovesse essere dimostrata allegando il curriculum.

Più precisamente, l’ulteriore Allegato riportante i “criteri di valutazione offerta tecnica”, nella “tabella dei requisiti” - a sua volta riportante le “precisazioni per l'attribuzione dei punteggi” - specificava che non fosse richiesto che il responsabile della manutenzione fosse già alle dipendenze dell’azienda al momento della presentazione dell’offerta, essendo sufficiente che il relativo curriculum, allegato all'offerta tecnica, venisse sottoscritto personalmente dallo stesso.

Dalle citate previsioni di gara risultava, quindi, che il curriculum vitae, in quanto necessario a comprovare la sussistenza del profilo professionale richiesto, dovesse intendersi quale documento integrante l’offerta tecnica, potendo implicare l’assegnazione da 0 a 7 punti.

D’altra parte, la stessa commissione giudicatrice - nel verbale della seduta riservata di esame offerte tecniche - escludeva una delle imprese concorrenti per non aver validamente compilato le “Schede di offerta tecnica” proprio con riferimento all'indicazione del nominativo del responsabile della manutenzione.

Decisivo rilievo assume quanto dichiarato dalla stessa commissione, in quella sede, ovvero che tali profili sono “oggetto di valorizzazione nell'ambito dell’offerta tecnica e non possono essere oggetto di soccorso istruttorio, ai sensi dell’art. 83, comma 9, del Codice”.

Pertanto, il curriculum del tecnico manutentore indicato dalla controinteressata, sarebbe dovuto essere sottoscritto personalmente dall'interessato non risultando, questi, suo dipendente.

Al contrario, il curriculum presentato era privo di sottoscrizione, risultando infondata la tesi della società controinteressata per cui la Commissione dovesse invitare il concorrente a sanare ex post l’irregolarità, facendo sottoscrivere dal responsabile della manutenzione il curriculum.

La sottoscrizione del curriculum riveste indubbia valenza di assunzione di paternità e manifestazione di volontà di prendere parte alla specifica procedura selettiva istruenda. Ad ulteriore sostegno, si fa rilevare che il responsabile della manutenzione non è chiamato a sottoscrivere nessun altro documento di gara.

È, allora, innegabile che il valore della “personale sottoscrizione”, specie ove il tecnico non sia un “dipendente”, consiste non solo nel garantire l'effettiva riferibilità del relativo contenuto, ma anche la serietà del formalizzato impegno a rendere le proprie prestazioni lavorative/professionali in caso di aggiudicazione.

Ergo, la scelta della Commissione di acquisire un curriculum firmato, presentato in “altra” e “diversa” procedura di gara - peraltro a seguito di soccorso istruttorio (inammissibile sul punto) - non soddisfa in alcun modo la ratio posta a base della previsione della firma del curriculum.

(TAR Lazio Roma, Sez. II-bis, 4/7/2019, n. 8849)


La prova della provenienza e dell’integrità dell’offerta economica, marcatura temporale e firma digitale a confronto.

Una società viene esclusa da una procedura aperta telematica per mancata apposizione sul documento informatico costituente l’offerta economica della firma digitale.

La ditta esclusa ricorre al TAR sostenendo che il documento denominato “schema offerta economica – xls”  conteneva la marcatura temporale del tutto equivalente alla firma digitale e che, in ogni caso, lo “schema offerta” avrebbe la sola finalità di riepilogare un dato (il prezzo unitario) già dichiarato dal concorrente nell’ambito del citato “dettaglio dell’offerta economica”, correttamente sottoscritto.

La società afferma, inoltre, che le funzioni della firma digitale sarebbero, comunque, assolte anche dall’apposta marcatura temporale, dovendosi ulteriormente ritenere la provenienza del citato “schema offerta”, per quanto non sottoscritto, garantita dalla procedura telematica del sistema stesso.

Tali motivi di impugnazione sono stati dichiarati infondati nel merito.

La lex specialis di gara, infatti, distinguendo nettamente lo “schema di offerta” dal dettaglio di offerta, ha chiaramente e letteralmente inteso attribuire solo al primo natura e valore di offerta economica ai fini della partecipazione al procedimento di gara, laddove il secondo risulta, invece, disciplinato alla stregua di un documento accessorio e secondario recante, per l’appunto, degli elementi di specificazione ed illustrazione dell’importo complessivo indicato nel primo, che è pertanto l’unico a veicolare la proposta contrattuale del concorrente.

Alcuna rilevanza può essere attribuita all’invio, da parte del sistema, di una PEC contenente l’accettazione della domanda di partecipazione, non avendo la stessa alcun valore ricognitivo circa il proprio contenuto e men che meno del rispetto delle prescrizioni della lex specialis di gara e non è condivisibile la doglianza per cui alla marcatura temporale equivale la firma digitale ai fini della certezza della provenienza del documento informatico dalla ricorrente e della relativa inviolabilità/integrità.

Difatti, la marcatura temporale garantisce la validazione temporale opponibile a terzi, attesta il preciso momento in cui il documento è stato creato, trasmesso o archiviato (cfr. d.lgs. n. 82/2005, art. 20, comma 3, cd. Codice dell'Amministrazione Digitale) ed è, inoltre, utilizzabile anche su files non firmati digitalmente.

Solo la firma digitale è idonea al diverso e ulteriore scopo di “rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico.

(TAR Lazio Roma, III quater, 2/7/2019, n. 8605)


Eccessivo numero di affidamenti diretti: e la rotazione?

Un'impresa ricorre al TAR chiedendo l’annullamento della determinazione emessa dalla SA - avente ad oggetto una richiesta di preventivo per l’affidamento del servizio di conduzione e manutenzione della rete idrica, fognatura, sollevamenti fognari, conduzione e manutenzione di tre impianti di depurazione e potabilizzazione ex art. 36, c. 2 lett. a Codice - nonché della determinazione avente ad oggetto l’affidamento del predetto servizio all’impresa controinteressata.

In particolare, lamenta la reiterata violazione del principio di rotazione da parte dell’ente comunale sul rilievo che nel triennio 2016/2019 a fronte di 39 procedure messe in campo dalla P.A. per la gestione, ordinaria e/o straordinaria, del servizio in oggetto, vi sono stati 36 affidamenti diretti privi di confronto concorrenziale, dei quali 30 hanno avuto come destinatario la controinteressata.

Nello specifico, la controinteressata è stata destinataria – a detta della ricorrente - di affidamenti per 571.182,80 € senza alcuna procedura selettiva o comparativa, ma soltanto mediante affidamenti diretti reiterati e artificiosamente frazionati in importi sotto la soglia di Euro 40.000,00 cadauno, al fine di poter applicare – sul piano formale – l’art. 36 comma 1 lett. a) Codice – a fronte di un valore complessivo degli affidamenti triennali per la gestione e manutenzione del servizio idrico e fognario di 742.852,22 €.

Il Collegio, condividendo la tesi della ricorrente, accoglie il ricorso evidenziando che non trova “obiettiva giustificazione a mente degli artt. 30 e 36 del d.lgs. 50/2016 l’attribuzione, nel corso degli ultimi tre anni, dei numerosissimi affidamenti diretti (30 su 36) alla società controinteressata della gestione, ordinaria e straordinaria, del sopra specificato servizio di manutenzione idrica comunale” in quanto “La latitudine applicativa del principio – che ha come scopo precipuo di evitare che il carattere discrezionale della scelta si traduca in uno strumento di favoritismo e si estrinseca mediante l'affidamento, preferibilmente e ove possibile, a soggetti diversi da quelli che in passato hanno svolto il servizio – è ampia e ricomprende già la fase della individuazione degli operatori cui indirizzare gli inviti”.

(TAR Calabria Catanzaro, Sez. I, 12/04/2019 n. 813)


Valore giuridico Linee Guida ANAC: facciamo il punto.

A seguito della formazione di graduatoria provvisoria di gara - bandita dalla SA per l’affidamento biennale del servizio di igiene urbana – l’impresa giunta seconda impugnava dinanzi al TAR le note di ammissione alla gara medesima dell’impresa giunta prima.

In particolare – per quanto qui di interesse – la ricorrente lamentava l’omessa dichiarazione, da parte della provvisoria prima graduata, delle penali comminatele in relazione ad altro contratto, per una cifra pari ad oltre € 816.108 nel triennio 2015-2018 - corrispondente all’1,26% del valore lordo dell’appalto per il corrispondente periodo.

Per tale ragione, sostiene la ricorrente, la provvisoria aggiudicataria andava esclusa dalla procedura di gara de qua ex art. 80 c. 5 lett. c) Codice - ossia per aver fornito false informazioni suscettibili di influenzare il processo decisionale della S.A.

Nello specifico, allorquando l’ammontare delle penali sia superiore all’1% del valore lordo di appalto è doveroso per il destinatario delle sanzioni dichiararle in sede di presentazione dell’offerta, con la conseguenza che l’omissione di tale adempimento integrerebbe l’ipotesi espulsiva di cui all’art. 80 c. 5 lett. c., Codice.

Il Collegio tuttavia rigetta il ricorso, evidenziando che la sanzione espulsiva invocata dalla ricorrente non è prevista né dal Codice né dalla lex specialis di gara, ma trova sede nelle Linee Guida ANAC, ossia in atti che non possiedono la forza normativa dei regolamenti ministeriali – che non sono dunque assimilabili alle fonti del diritto e non possono, pertanto, soddisfare il requisito del clare loqui predicato a livello eurounitario.

In altri termini, conclude il Collegio, “si pretende di ricavare la sanzione espulsiva non già dalla violazione di una precisa norma giuridica, ma da una prassi dettata da una autorità amministrativa (tale dovendosi intendere l’Anac), cui, nel caso di specie, non è attribuito alcun potere di normazione primaria o secondaria. Ed è appena il caso di precisare che, proprio perché trattasi di prassi, essa non soddisfa il requisito della certezza dei rapporti giuridici, ben potendo mutare nel corso del tempo”.

(TAR Puglia Lecce, Sez. II, 28/3/2019, n. 519)


Omessa comunicazione di revoca dell’aggiudicazione: escludiamo?

La SA indiceva una procedura aperta - riservata alle cooperative sociali ex art. 112 Codice - per l’affidamento del servizio di raccolta RSU, ingombranti, spazzamento manuale, e raccolte differenziate la cui durata veniva fissata in 12 mesi.

Un consorzio partecipava alla procedura sottoscrivendo il modello con le dichiarazioni sostitutive, nel quale espressamente dichiarava “di non aver subito la risoluzione anticipata dei contratti negli ultimi tre anni per inadempimento contrattuale e di non aver subito revoche di aggiudicazione per mancata esecuzione del servizio”.

Sennonché la Commissione escludeva il consorzio ai sensi dell’art. 80 c. 5 lett. c) / f bis) Codice, poiché quest’ultimo ometteva di comunicare di essere stato dichiarato decaduto dall’aggiudicazione in un procedimento di gara avente ad oggetto un servizio analogo a quello oggetto dell’odierno appalto.

In particolare, il concorrente era stato destinatario del provvedimento di revoca per non aver depositato la documentazione richiesta per la stipula del contratto nei termini indicati dall’amministrazione.

Avverso l’esclusione il consorzio ricorreva al TAR, lamentando in particolare che, anche ammettendo la presenza di un grave illecito professionale ex art. 80 c. 5 lett. c) Codice, tale illecito non sarebbe valutabile dalla SA fino alla sua iscrizione nel Casellario Informatico dell’ANAC ex art. 213 c. 10 Codice, circostanza non ancora avvenuta.

Il Collegio, tuttavia, disattende la censura evidenziando che:

- occorre anzitutto stabilire se nella vigente disciplina dei motivi di esclusione ex art. 80 c. 5 Codice la falsità della dichiarazione (lett. f-bis), che include l’omissione di fatti veri, operi automaticamente quando riguardi una qualsiasi delle informazioni inserite negli appositi moduli sottoscritti dai concorrenti, oppure rilevi solo quando abbia sottratto alla stazione appaltante elementi di valutazione su altre cause escludenti;

- va preferita, in tal caso, la seconda opzione perché sanzionare anche i falsi innocui restringerebbe la partecipazione alla gara senza rendere alcuna utilità alla stazione appaltante.

Conclude, dunque, il Collegio sostenendo che “la decadenza dall’aggiudicazione per fatto dell’aggiudicatario si presta certamente a essere inquadrata nella nozione di grave illecito professionale (lett. c)” potendo includere “anche il rifiuto di sottoscrivere il contratto, sia che tale rifiuto venga espresso direttamente, sia che si manifesti attraverso la mancata collaborazione nella predisposizione dei documenti necessari” e sussistendo “grave illecito professionale quando sia stata avviata l’esecuzione anticipata del servizio, e, a causa della mancata sottoscrizione del contratto, la stazione appaltante si trovi in una situazione di incertezza sulle intenzioni dell’aggiudicatario e sulla prosecuzione del servizio.”

(TAR Lombardia Brescia, Sez. I, 5/3/2019, n. 215)


Firma non autografa su contratto di avvalimento: quali conseguenze?

A fronte di provvedimento di aggiudicazione, una delle imprese partecipanti alla procedura di gara ricorreva innanzi al TAR, lamentando la illegittimità del suddetto provvedimento.

In particolare, sosteneva che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere estromessa dalla procedura di gara in ragione della non autografia della sottoscrizione sul contratto di avvalimento, che ne avrebbe determinato la nullità, trattandosi di firma scansionata in violazione dell’art. 89 Codice e degli artt. 38 e 47 D.P.R. 445/2000.

A detta della ricorrente, inoltre, l’impresa aggiudicataria doveva essere esclusa atteso che il legale rappresentante di quest’ultima era destinatario di misura cautelare, essendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine alla posizione apicale dallo stesso rivestita in seno a un’associazione a delinquere; misura, questa, che non veniva riportata nella domanda di partecipazione.

Il Collegio, tuttavia, riteneva tale argomento privo di pregio e rigettava, pertanto il ricorso, evidenziando che:

- anche ammettendo che la sottoscrizione apposta in calce al contratto di avvalimento sia in forma scansionata (e, quindi, non autografa), ciò non determinerà la nullità del contratto medesimo con conseguenti effetti espulsivi;

- si tratta, a tutto voler concedere, di mera irregolarità sanabile con il ricorso al soccorso istruttorio posto che, nel caso di specie, viene in rilievo una modalità di sottoscrizione che risulta comunque idonea a determinare la paternità del contratto di avvalimento de quo;

- non sussiste alcuna violazione delle norme del D.P.R. 445/2000, venendo in rilievo documenti sottoscritti, corredati da copia della carta di identità e trasformati in pdf, come tali redatti in conformità al combinato disposto degli artt. 38 cc. 1, 2, e 47 c. 1 della citata normativa.

Né, conclude il Collegio, assume rilievo l’applicazione di una misura cautelare atteso che questa “non costituisce adeguato mezzo di prova della commissione di un grave illecito professionale, che comporterebbe l’esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80 comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016; la sua omessa dichiarazione, pertanto, non configura la causa di esclusione dell’operatore ai sensi della successiva lett. c-bis) dell’art. 80

(TAR Calabria Catanzaro, Sez. I, 22/02/2019, n. 388)