Avvalimento fatturato specifico: requisito economico-finanziario o tecnico-operativo?

Avvalimento fatturato specifico: requisito economico-finanziario o tecnico-operativo?

Avvalimento fatturato specifico: requisito economico-finanziario o tecnico-operativo?

Il fatturato specifico – requisito essenziale di partecipazione ad una gara d’appalto – rientra tra i requisiti tecnico-professionali o tra quelli economico-finanziari? Ove un operatore economico ricorra all’avvalimento per sopperire alla carenza di tale requisito, dovrà impiegare l’avvalimento di garanzia o quello tecnico-operativo?

All'esito di una procedura di gara telematica, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con cui la stazione appaltante metteva a gara l’affidamento del servizio di smontaggio, revisione e montaggio di arredi interni e impianti su un totale di 216 carrozze, la seconda graduata ricorreva al TAR lamentando l’illegittimità dell’aggiudicazione.

Nel giudizio che ne seguiva – conclusosi con sentenza TAR Veneto Venezia, Sez. II, 23.4.2020 n.361 – il ricorrente sosteneva che l’aggiudicataria doveva essere esclusa dalla gara avendo violato l’art. 89 Codice nonché l’art. III.1.3 lett. a) del bando di gara. Secondo l’impresa, l’aggiudicazione era illegittima a causa della nullità del contratto di avvalimento stipulato dall’aggiudicataria per la indeterminatezza dell’oggetto del contratto stesso – il quale non consentirebbe all’aggiudicatario di dimostrare il possesso del requisito del fatturato specifico in attività analoghe a quelle oggetto di gara, come richiesto dalla lex specialis a pena di esclusione.

Il Collegio di prime cure, con la richiamata pronuncia, accoglieva il ricorso statuendo, in via preliminare, che la qualificazione del fatturato specifico come requisito di carattere economico-finanziario o di capacità tecnico-professionale vada effettuata, come stabilito dalla più recente giurisprudenza amministrativa, sulla base del tenore letterale della lex specialis (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, 9.3.2020 n.1704).

Da ciò deriva che, in ossequio al disposto lex specialis di gara, l’inserimento del fatturato tra i requisiti di capacità professionale e tecnica serva a dimostrare la specifica esperienza maturata dal concorrente nel settore oggetto di gara: in virtù di tale collocazione – e stante la specificità della lex di gara sul punto - l’avvalimento sarà quindi tecnico–operativo (e non di garanzia), con la conseguente necessità di individuare le risorse e i mezzi messi a disposizioni dall’ausiliaria, onde evitare che l’avvalimento si trasformi in una scatola vuota.

Il Collegio, quindi, concludeva che “il contratto di avvalimento per cui è causa è del tutto generico e non specifica i modi (…) attraverso i quali la specifica esperienza maturata dall’impresa ausiliaria nel settore considerato possa essere effettivamente trasferita all’impresa ausiliata” e va quindi considerato nullo per indeterminatezza dell’oggetto ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c. – con la conseguenza che “l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa per non aver adeguatamente dimostrato il possesso del requisito del fatturato specifico in attività analoghe richiesto dal bando di gara”.

In sede di giudizio di appello, i diversi atti di gravame – sia in via principale che incidentale - censuravano, sostanzialmente, la statuizione secondo cui il fatturato specifico venisse fatto rientrare tra i requisiti di capacità tecnico-professionale dei concorrenti.

Secondo uno degli appellanti, infatti, il requisito del fatturato servirebbe a dimostrare, ex art.83, c.4 Codice, la capacità economico-finanziaria dei partecipanti. Da tale assunto deriverebbe, quindi, il corollario secondo cui il fatturato specifico potrebbe essere oggetto di avvalimento di garanzia – il che rende non necessaria, per costante giurisprudenza, la specifica indicazione dei mezzi messi a disposizione dall’ausiliaria per l’esecuzione dell’appalto.

I giudici di Palazzo Spada, condividendo la tesi così formulata, riformano la pronuncia di prime cure e dunque respingono il ricorso introdotto in primo grado, argomentando, nello specifico, che:

  1. a) dall’esame delle disposizioni che disciplinano i requisiti economici e quelli tecnico-professionali (rispettivamente art. 83, c.1 lett. b) e art. 83, c.1 lett. c)) deriva che la richiesta di un volume di fatturato nel settore delle attività oggetto dell’appalto, sebbene riconducibile alla solidità economica dell’impresa, può essere considerato indice di capacità tecnica solo ove accerti che la capacità di produrre profitti nel settore succitato derivi da una dotazione di risorse e di esperienza rilevanti sul piano della corretta esecuzione delle prestazioni previste dal contratto;
  2. b) a differenza di quanto argomentato nel ricorso di primo grado – e di quanto affermato nella giurisprudenza richiamata dalla ricorrente (in particolare, Cons. Stato, Sez. III, 9.3.2020 n.1704) - per raggiungere tale scopo non è sufficiente la mera qualificazione, nel bando di gara, del fatturato specifico come requisito di capacità tecnico-professionale – ad essa dovendo accompagnarsi la dimostrazione (da fornire con una o più delle prove elencate nell’allegato XVII del Codice) del possesso dell’esperienza necessaria all’esecuzione dell’appalto.

Per tali ragioni, conclude il Collegio di appello che “dalla natura di requisito afferente alla solidità economica dell’operatore deve desumersi che in caso di avvalimento non era necessaria la specificazione dei mezzi aziendali messi a disposizione dall’ausiliaria per l’esecuzione dell’appalto, ma solo che questa (…) mettesse a disposizione della stazione appaltante la propria solidità economica, secondo lo schema dell’avvalimento di garanzia invalso presso la giurisprudenza amministrativa, in contrapposizione a quello operativo”.

(Cons. St., Sez. V, 26/11/2020 n. 7436)


Legittimità del sopralluogo effettuato da soggetto non dipendente della concorrente alla gara di appalto pubblico

È possibile incaricare dell’esecuzione di un sopralluogo un soggetto che non sia dipendente dell’impresa concorrente alla gara di appalto pubblico? È necessario, in tal caso, uno specifico adempimento? Risposta ai quesiti così formulati arriva dalla pronuncia in commento.

Un operatore economico prendeva parte alla procedura di gara finalizzata all’affidamento  dei lavori di completamento dei collettori fognari e l’adeguamento funzionale di un depuratore nonché la realizzazione di un impianto a fanghi attivi.

All’esito delle operazioni di gara – formata la graduatoria – accadeva che la seconda classificata proponeva istanza di accesso agli atti: ottenuta la documentazione, detta impresa evidenziava alla stazione appaltante come l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere, a suo parere, esclusa in ragione di irregolarità tali da inficiare la legittimità dell’aggiudicazione medesima.

Sennonché la Stazione Appaltante, effettuate le verifiche prescritte dall’articolo 32 comma 7 del Codice, confermava la graduatoria formatasi e disponeva l’aggiudicazione in favore della prima classificata.

Avverso tale provvedimento la seconda gradata proponeva ricorso al TAR, evidenziando in particolare come fosse illegittimo il sopralluogo effettuato dalla aggiudicataria. Tale assunto era motivato dal fatto che il soggetto incaricato del sopralluogo, pur munito di espressa delega del titolare dell’impresa, risultava collegato all’impresa aggiudicataria da un contratto di prestazione d’opera professionale – e non da un rapporto di lavoro subordinato.

Nelle more del procedimento – ossia a ricorso principale già instaurato, essendosi medio tempore costituita l’aggiudicataria – quest’ultima proponeva ricorso incidentale con il quale censurava l’illegittimità di alcune clausole del disciplinare poiché contrastanti con il principio di tassatività delle clausole di esclusione, di favor partecipationis, di libertà delle forme e di concorrenza.

Il Collegio adito, stabilendo di esaminare congiuntamente i ricorsi pervenuti, rigettava il ricorso principale e accoglieva quello incidentale. Nello specifico, il Tribunale evidenziava che:

- è pacifico che il sopralluogo in favore dell’impresa aggiudicataria è stavo eseguito da un soggetto che, pur munito di specifica delega e sebbene qualificato come dipendente dell’impresa in questione, risulta essere, per sua stessa ammissione, legato all’impresa medesima da un contratto di prestazione d’opera;

- la giurisprudenza prevalente è concorde nel ritenere che non possano intendersi equipollenti tra loro il rapporto di lavoro subordinato e il contratto di prestazione d’opera, sia pure con vincolo di esclusiva, in quanto “Le due figure, infatti, si distinguono nettamente atteso che l'articolo 2094 del codice civile definisce prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro, intellettuale o manuale, alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore" (…). Diversamente, l'articolo 2222 c.c., sotto la rubrica contratto d'opera, sancisce che quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo” (così TAR Molise, Sez. I, 28/4/2017, n.150);

- dalla lettura delle disposizioni di lex specialis non emerge alcuna ambiguità in merito, del che sarebbe pacifico e incontestato l’errore commesso dalla stazione appaltante la quale, una volta avuta contezza della reale qualifica del delegato, non aveva disposto i previsti provvedimenti nei confronti dell’impresa aggiudicataria – ossia il provvedimento di esclusione dalla gara.

Astrattamente, quindi, il sindacato della ricorrente sarebbe meritevole di accoglimento.

Il possibile accoglimento delle conclusioni così raggiunte rende tuttavia necessario, ad opinione del Collegio, l’esame del ricorso incidentale cui si è fatto sopra cenno.

Il Collegio, sul punto, osserva che:

  1. a) l’articolo 80 comma 8 Codice prevede che “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”;
  2. b) sebbene il Codice non preveda l’obbligo di effettuare il sopralluogo, una disposizione della lex specialis che lo preveda come obbligatorio non sarà contraria alla legge vigente in ragione della funzione sostanziale dell’obbligo così descritto – nel senso che consente ai partecipanti di formulare una offerta consapevole e maggiormente aderente alle esigenze dell’appalto;
  3. c) ad essere in contrasto con la legge, invece, è la prescrizione – sanzionata con l’esclusione dalla gara – della necessità di uno specifico adempimento formale – vale a dire la necessità di ottenere una procura rilasciata per atto notarile al fine dell’esecuzione del sopralluogo nel caso in cui il soggetto incaricato non sia un dipendente dell’impresa a questa legato da rapporto di lavoro subordinato (laddove nel caso di dipendente sarà sufficiente una delega rilasciata per scrittura privata).

Conclude, quindi, il Collegio che “Una prescrizione di tal fatta – per di più laddove, come nel caso controverso, sia prevista a pena di esclusione – risulta anzitutto in sé ingiustificabile e sproporzionata in termini di oneri formali gravanti sulle imprese partecipanti alla gara (…). D’altronde, a prescindere dalle modalità di formalizzazione dell’atto di delega, la presenza del delegato, che agisce in nome e per conto del delegante, equivale, sotto un profilo giuridico, alla presenza di quest'ultimo al sopralluogo, ragion per cui deve ritenersi realizzato il fine cui l’incombente tende, ossia la miglior valutazione degli interventi da effettuare in modo da formulare, con maggiore precisione, la migliore offerta tecnica; per tale ragione, neanche sotto tale aspetto è giustificabile l’aggravio costituito dall’imprescindibilità della forma pubblica, per atto notarile, della procura in favore del delegato non dipendente dell’impresa concorrente.

(TAR Calabria Catanzaro, Sez. I, 10/11/2020, n. 1772)


Legittima la revoca di aggiudicazione a contratto di appalto pubblico già sottoscritto?

Legittima la revoca di aggiudicazione a contratto di appalto pubblico già sottoscritto?

Legittima la revoca di aggiudicazione a contratto di appalto pubblico già sottoscritto?Il caso preso in esame ha ad oggetto la revoca di una aggiudicazione in presenza di contratto di appalto pubblico già sottoscritto per irregolarità contributive definitivamente accertate.

Un operatore economico si aggiudicava una gara – espletata mediante procedura telematica aperta da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo – e sottoscriveva con la stazione appaltante il relativo contratto divenendo affidatario del servizio di messa in disponibilità di mezzi meccanici mediante nolo a caldo per un periodo di sei mesi.

Emerse in capo all’aggiudicatario irregolarità definitivamente accertate circa, tra le altre, il pagamento di imposte e tasse, il RUP comunicava l’avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione. In seguito a ciò la stazione appaltante, disattese le osservazioni formulate dall’aggiudicataria, disponeva la revoca dell’aggiudicazione e la conseguente risoluzione del contratto di appalto.

Avverso tali provvedimenti l’aggiudicatario proponeva ricorso al TAR lamentando che:

- la revoca non poteva più intervenire essendo già intervenuta la stipula del contratto di appalto, potendo in tal caso la stazione appaltante – in accordo con quanto stabilito dall’Adunanza Plenaria (sentenza n.14/2014) - procedere solamente al recesso;

- le irregolarità non erano definitivamente accertate, in quanto non erano stati notificati l’avviso di accertamento e le successive cartelle di pagamento, il che faceva venir meno il debito iscritto a ruolo.

Il Collegio, tuttavia, rigetta le argomentazioni così formulate e respinge il ricorso, osservando in particolare che non è possibile invocare, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria secondo la quale “Se nell’ambito della normativa che regola l’attività dell’amministrazione nella fase del rapporto negoziale di esecuzione del contratto di lavori pubblici, è stata in particolare prevista per gli appalti di lavori pubblici una norma che attribuisce il diritto di recesso, non si può ritenere che sul medesimo rapporto negoziale si possa incidere con la revoca basata su presupposti comuni a quelli del recesso (la rinnovata valutazione dell’interesse pubblico per sopravvenienze) e avente effetto analogo sul piano giuridico (la cessazione ex nunc del rapporto negoziale”.

Ciò in quanto il provvedimento di revoca, come sopra identificato, si fonda su una ragione di esclusione preesistente, sicché quella che si configura è una ipotesi di annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione - la qualificazione di revoca attribuita al provvedimento non incide sul potere del Giudice di vagliarne la legittimità in relazione al suo contenuto dispositivo, essendo indifferente il nomen juris adoperato.

È acclarato, inoltre, che si tratti di un accertamento definitivo di un debito tributario in quanto dall’istruttoria effettuata dall’Agenzia delle Entrate è emerso che: 1) le cartelle esattoriali sono state correttamente notificate – a dispetto di quanto sostenuto dal ricorrente – in quanto l’Agenzia delle Entrate ha dimostrato, con l’esibizione della schermata generata dal sistema informatico, l’avvenuta notifica; 2) l’aggiudicatario non ha emendato gli errori commessi in sede di trasmissione delle liquidazioni periodiche.

Tanto chiarito, il Collegio conclude affermando che “il ritiro dell’aggiudicazione si mostra legittimamente fondato sulla sussistenza di un motivo di esclusione che (…) preclude alla ricorrente di rendersi affidataria del servizio, con effetto caducante sul contratto nel frattempo sottoscritto” nonché “gli impugnati provvedimenti sono stati dunque legittimamente adottati in presenza di un motivo di esclusione, senza che sia apprezzabile il denunciato deficit motivazionale in presenza di atti aventi carattere vincolato alla verifica condotta e in relazione ai quali è in re ipsa l’interesse pubblico perseguito.”

 (TAR Campania Napoli, Sez. III, 4/11/2020, n. 5022)

 


Appalto pubblico di forniture ospedaliere. Prodotto “equivalente” privo dei requisiti tecnici minimi per la partecipazione alla gara: escludiamo?

Appalto pubblico di forniture ospedaliere. Prodotto “equivalente” privo dei requisiti tecnici minimi per la partecipazione alla gara escludiamoIn un appalto pubblico di forniture ospedaliere una società offre un prodotto a suo dire “equivalente” ma privo dei requisiti tecnici minimi per la partecipazione alla gara. In particolare, l’operatore economico veniva escluso dalla procedura di gara poiché il prodotto offerto non era conforme ai requisiti previsti dalla lex specialis.

La ricorrente proponeva ricorso al TAR avverso l’esclusione sostenendo che era stato violato l’art. 68 d.lgs. 50/2016 nella parte in cui la stazione appaltante non aveva tenuto in considerazione che il prodotto offerto – seppure di dimensioni inferiori rispetto ai 38 mm indicati nel disciplinare – era comunque equivalente, nelle specifiche tecniche, a quanto previsto nella lex specialis di gara.

Il Collegio di prime cure, tuttavia, riteneva il ricorso irricevibile per tardività nell’impugnazione di clausole autonomamente lesive e statuiva che “La lunghezza pari ad almeno 38 mm costituiva dunque caratteristica tecnica essenziale del prodotto da offrire in gara che, nella sostanza, si traduceva in un requisito di partecipazione espressamente previsto a pena di esclusione” con la conseguenza che “la ricorrente era in possesso di prodotti ex se non idonei a consentire la partecipazione alla gara” (TAR Lazio Roma, Sez. III quater, 24.7.2020 n. 8724).

L’appellante censurava la pronuncia di primo grado, investendo della questione come detto il Consiglio di Stato, ed evidenziava che il collegio di primo grado aveva errato nella statuizione di irricevibilità atteso che quest’ultimo, rilevato che la lunghezza del prodotto posto a base della procedura di gara costituiva caratteristica tecnica essenziale, sbagliava nel ritenere che la sostanziale equivalenza tra prodotti aventi lunghezze diverse non dovesse formare specifico oggetto di valutazione, omessa valutazione sorretta da prescrizioni della lex specialis.

Sennonché i giudici di Palazzo Spada rigettavano il gravame, sul duplice motivo che:

- è corretta l’esclusione dell’appellante, in quanto “la prescrizione di un preciso limite minimo di lunghezza per i prodotti oggetto di fornitura non poteva essere superata attraverso una valutazione di sostanziale equivalenza di prodotti diversi”;

- non vi è, del pari, alcuna illegittimità in tema di requisiti della fornitura oggetto della procedura alla base del presente contenzioso, sicché “deve essere esclusa dalla gara un’impresa che abbia offerto un prodotto privo dei requisiti minimi di carattere tecnico richiesti per la partecipazione alla gara”.

Conclude, dunque, il giudice dell’appello che “occorre convenire circa la legittimità della decisione di escludere l’odierna appellante per il mancato rispetto dei requisiti tecnici espressamente richiesti dagli atti di gara, risultando in tal modo del tutto corretta la decisione del Giudice di prime cure di ritenere tardivo il ricorso, atteso che controparte non ha tempestivamente impugnato la richiesta di un requisito da essa non posseduto” 

(Cons. St., Sez. III, 15/9/2020 n. 5464)


Legittimo annullamento in autotutela atti di gara anche dopo l’aggiudicazione definitiva?

Legittimo annullamento in autotutela atti di gara anche dopo l’aggiudicazione definitiva?

Legittimo annullamento in autotutela atti di gara anche dopo l’aggiudicazione definitiva?Il TAR Genova si chiede se sia legittimo procedere all'annullamento in autotutela degli atti di gara anche laddove sia nel contempo intervenuto un provvedimento di aggiudicazione definitiva.

Con ricorso al TAR, la mandataria – e capogruppo – di un RTI partecipante ad una procedura di gara impugnava la determina con cui la stazione appaltante disponeva l’annullamento in autotutela degli atti di gara avente ad oggetto l’esecuzione di lavori, annullamento disposto a seguito dell’espletamento di tutti gli atti della procedura.

Nello specifico, accadeva che la ricorrente risultava essere aggiudicataria di una gara – caratterizzata da estrema urgenza ex art. 63 comma 2 lett. c) Codice – e che l’impresa, richiesta di giustificare un’offerta ritenuta anomala, forniva alla S.A. tutta la documentazione necessaria a provare la bontà e correttezza dell’offerta medesima.

A seguito di ciò, persistendo silenzio da parte della S.A. in merito al prosieguo della procedura l’operatore economico formulava richiesta di notizie in merito: è a questo punto che veniva disposto l’annullamento di cui sopra, avverso il quale, come detto, veniva adito il TAR.

A sostegno delle proprie tesi, la ricorrente sosteneva da un lato che era assolutamente carente la motivazione comprovante la necessità ed urgenza della gara; dall’altro, lamentava che, al fine di garantire la piena parità di trattamento tra i partecipanti la gara, l’annullamento della procedura avrebbe dovuto essere integrale – ossia ricomprendere anche l’avviso di indagine di mercato e gli inviti degli operatori economici – in modo da non lasciare in vita parte dei risultati, con l’effetto di favorire i soggetti non risultati vincitori, penalizzando invece chi si fosse classificato al primo posto in graduatoria.

Il Collegio, tuttavia, rigetta il ricorso, evidenziando che:

- il potere di cui all’art. 32 comma 8 Codice – che fa salvo l'esercizio dei poteri di autotutela della stazione appaltante anche dopo che l’aggiudicazione sia divenuta efficace, fino alla stipulazione del contratto – è un potere ampiamente discrezionale, il quale si fonda sui principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità della P.A. nonché sul principio di cui all’art.1328 c.c., a mente del quale la proposta di conclusione del contratto è sempre revocabile sino al momento della conclusione dell’accordo;

- con riguardo ai procedimenti ad evidenza pubblica, l’amministrazione ha la facoltà di ritirare in autotutela gli atti di gara – ivi incluso il provvedimento di aggiudicazione, ancorché definitivo – laddove si sia in presenza di vizi tali da inficiare la regolarità della procedura o tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara, dovendo tener conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse.

Tanto chiarito, il Collegio aggiunge – e ciò assume particolare rilevanza nel caso di specie - che l'aggiudicatario provvisorio, in ragione della natura giuridica di atto ad effetti instabili della proposta di aggiudicazione, non appare neppure titolare di un affidamento giuridico meritevole di una tutela rinforzata, tale da richiedere – ex artt. 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241 del 1990 - un raffronto con l'interesse pubblico al ritiro dell’atto.

Conclude: “l’esercizio del potere di autotutela riveste infatti natura ampiamente discrezionale, e non richiede una specifica comparazione rispetto alle aspettative – di mero fatto – dell’aggiudicatario provvisorio. Ciò significa che le ragioni di interesse pubblico sottese all’atto di ritiro della gara, ove effettivamente addotte dall’amministrazione ed ove plausibili e non affette da macroscopici vizi logici, sfuggono al sindacato giurisdizionale.”

(TAR Liguria Genova, Sez. I, 3/9/2020 n. 603)


Indicazione oneri di sicurezza in busta diversa da quella prevista: escludiamo dall’appalto pubblico

Indicazione oneri di sicurezza in busta diversa da quella prevista: escludiamo dall'appalto pubblico?

Indicazione oneri di sicurezza in busta diversa da quella prevista: escludiamo dall’appalto pubblicoÈ legittima l’esclusione di un operatore economico ove questi inserisca l’indicazione degli oneri di sicurezza in una busta differente da quella all’uopo prevista nell'ambito di una procedura di appalto pubblico? È questo il quesito cui il Consiglio di Stato è chiamato a rispondere nella pronuncia in commento.

All’esito di una procedura di gara ristretta, suddivisa in lotti ed avente ad oggetto la concessione di una molteplicità di servizi (foresteria, ristorazione, bar, pizzeria, pulizia locali, reception, lisciviatura, animazione, salvataggio, assistenza bagnanti, gestione attrezzature da spiaggia/tempo libero etc.), la partecipante potenziale aggiudicataria veniva esclusa dalla procedura di gara poiché la stazione appaltante riteneva mancante l’indicazione espressa, nel corpo dell’offerta, degli oneri di sicurezza, come previsto dall’art. 95 c. 10 Codice. La partecipante in questione, tuttavia, eccepiva di aver considerato e indicato detti oneri all’interno della busta D, che non veniva aperta né considerata nonostante la espressa richiesta sul punto.

Per tale motivo l’operatore de quo ricorreva al TAR, al quale richiedeva l’annullamento sia della disposta esclusione sia della susseguente aggiudicazione in favore dell’altra partecipante alla procedura de qua. Il Collegio di prime cure, tuttavia, respingeva il ricorso, evidenziando sinteticamente che l’art. 95 c. 10 Codice “prevede un obbligo legale inderogabile, a carico delle imprese partecipanti ad una pubblica gara, di indicare nell’offerta economica gli oneri di sicurezza e tanto a prescindere da una specifica indicazione in tal senso nella disciplina di gara, stante la capacità della norma primaria di eterointegrare la stessa lex specialis” (TAR Lazio Roma, Sez. I bis, 18/3/2019 n. 3605).

Avverso tale pronuncia veniva interposto appello dinanzi ai giudici di Palazzo Spada, ai quali veniva chiesto di riformare la sentenza de qua e, per l’effetto, annullare l’intervenuta aggiudicazione nonché gli atti presupposti.

Il Consiglio di Stato accoglie l’appello nei termini richiesti ed evidenzia che non vi è stata omissione dell’indicazione degli oneri della sicurezza - così come sostenuto, invece, sia dalla S.A. sia dal giudice di primo grado; l’operatore ha indicato tale voce di costo non nel corpo della offerta economica, ma all’interno della busta D – preordinata a fornire i chiarimenti necessari – in ragione del fatto che la lex specialis consentiva la presentazione delle c.d. giustificazioni preventive.

Non è dunque condivisibile la conclusione raggiunta dalla S.A. atteso che la verifica del contenuto della busta D non può ritenersi “meramente formale o addirittura formalistico, ma è strumentale alla verifica – non suscettibile di recupero a posteriori attraverso il soccorso istruttorio, trattandosi di elementi dell’offerta – che la formulazione della proposta negoziale, da parte dell’operatore economico concorrente, abbia sostanzialmente tenuto conto dei relativi costi.”

Conclude pertanto il Collegio affermando che “assume importanza la circostanza che le giustificazioni preventive – pur attenendo alla valutazione dell’offerta in quanto anomala – fossero state, in conformità alla  lex specialis, allegate immediatamente e contestualmente all’offerta, sia pure in busta separata: con ciò, l’operatore economico ha sostanzialmente dimostrato di aver tenuto conto dei relativi costi, fornendone, di fatto, separata ed immediata  indicazione nel corpo della (complessiva) documentazione presentatacon la conseguenza che la commissione avrebbe dovuto procedere alla apertura della busta D e verificare, in concreto, il rispetto sostanziale della regola di  cui all’art. 95, comma 10, del Codice.

(Cons. St., Sez. V, 26/8/2020 n. 5210)


Invarianza della soglia di anomalia. E’ ammissibile il ricalcolo a seguito di riammissione di un concorrente?

Invarianza della soglia di anomalia. E’ ammissibile il ricalcolo a seguito di riammissione di un concorrente?

Invarianza della soglia di anomalia. E’ ammissibile il ricalcolo a seguito di riammissione di un concorrente?Una recentissima pronuncia del TAR capitolino si interroga sulla legittimità dell’invarianza della soglia di anomalia nelle procedure di appalto pubblico. E’ ammissibile il ricalcolo a seguito di riammissione di un concorrente?

A seguito della riammissione in gara, successivamente ad apposita istanza di parte di alcune concorrenti, in precedenza escluse per ragioni riguardanti qualificazioni possedute dalle imprese stesse, la S.A. procedeva ad inserire i ribassi delle offerte da queste presentate all’interno del calcolo delle medie previste ex art. 97 c. 2 Codice e a ricalcolare la soglia di anomalia, determinando in tal modo un aggiudicatario differente rispetto a quello originariamente indicato.

A fronte di ciò, l’originaria aggiudicataria ricorreva innanzi al giudice amministrativo, lamentando che il provvedimento di aggiudicazione così ottenuto fosse illegittimo per violazione dell’art. 95 c.15 Codice e del principio di invarianza delle medie e delle soglie di anomalia, nonché del principio di conservazione degli atti giuridici.

Secondo la ricorrente, la succitata norma, che ha il fine di disciplinare il principio di invarianza delle medie e delle soglie che conducono al calcolo dell’anomalia al fine di rispettare il principio di conservazione degli atti giuridici e di evitare alterazioni del confronto concorrenziale, non consentirebbe, ad aggiudicazione intervenuta, ad alcun evento successivo di incidere sulle medie e sulle soglie di garaformatesi.

Il Collegio, tuttavia, non condivide tale tesi e rigetta il ricorso, evidenziando anzitutto che l’art. 95 c.15 Codice, a mente del quale “Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte”, va interpretato nel senso che la non modificabilità della soglia di anomalia è da riferirsi a specifiche fattispecie relative a nuove valutazioni discrezionali della S.A.

Poiché, invece, la questione oggetto della pronuncia in esame è riconducibile ad un comportamento della Commissione di gara, la quale commetteva un errore in sede di lettura delle offerte presentate in sede di gara, tale evenienza va ritenuta estranea al cd “principio di invarianza”, di cui all’art. 95 c.15 citato, e va invece ricondotta alla determinazione del dato fattuale espresso dalle singole offerte presentate.

Diversamente opinando – ossia ritenendo valido il ragionamento della ricorrente – il Collegio evidenzia che “ogni errore di calcolo dovrebbe comportare la immodificabilità dell’avvenuta aggiudicazione e questo – per ipotesi - persino nel caso di una interessata e/o dolosa individuazione di una soglia di anomalia contraria al dato reale”.

In definitiva, poiché “il legislatore ha inteso tutelare in tal modo la stabilità della individuazione della soglia in conformità delle diverse offerte come proposte dai concorrenti ammessi alla gara, nel senso che solo una volta individuata esattamente la platea di questi e le conseguenti offerte, queste risultano immodificabili, anche ai fini del calcolo della soglia di anomalia” conclude il Collegio che “l’invocato principio di invarianza, successivamente alla riammissione dei concorrenti in prima fase esclusi, non poteva ancora ritenersi operante”.

(TAR Lazio Roma, Sez.I, 14/7/2020 n. 8033)


Avvalimento certificazione di qualità: elementi necessari del contratto

Avvalimento certificazione di qualità: elementi necessari del contratto.

Avvalimento certificazione di qualità: elementi necessari del contrattoCon la sentenza in commento il giudice amministrativo si è interrogato su quali elementi debbano essere assolutamente presenti in un contratto di avvalimento avente ad oggetto una certificazione di qualità – ossia quali elementi che, se assenti, determinino la nullità e/o l’invalidità del contratto de quo, con impossibilità di ricorrere all’istituto di cui all’art. 89 Codice.

Casus belli che ha dato il via alla vicenda in esame è stato il contratto di avvalimento stipulato dall’impresa aggiudicataria di un procedimento di gara avente ad oggetto la cura del verde, la manutenzione e la custodia di aree pertinenti un cimitero.

Detto contratto sarebbe, nel motivo addotto dalla ricorrente che in questa sede interessa: a) generico; b) condizionato; c) indeterminato nel compenso da corrispondere all’avvalente; d) non corredato delle dichiarazioni prescritte dall’art. 89 codice appalti.

Più nello specifico, il contratto di avvalimento sarebbe generico in quanto l’impresa ausiliaria si limiterebbe a conferire un direttore tecnico ed il know how aziendale laddove l’avvalimento dovrebbe, ad opinione della ricorrente, comprendere l’organizzazione aziendale nella sua interezza.

Non solo. Il contratto sarebbe condizionato poiché soggetto alla successiva ed eventuale richiesta dell’ausiliata di prestare la certificazione di qualità.

Ancora. L’indeterminatezza deriverebbe dal fatto che il compenso da corrispondere per il prestito dei requisiti richiesti sarebbe condizionato ad un eventuale – e futuro – prestito della certificazione de qua, oltre che dal fatto che l’ausiliaria non assumerebbe alcun ruolo esecutivo nello svolgimento delle attività previste.

Infine, sostiene la ricorrente, la documentazione prodotta a corredo dell’offerta di gara sarebbe incompleta e comunque non conforme alle prescrizioni allo scopo dettate dal legislatore.

Il Collegio adito accoglie, parzialmente, il ricorso.

In particolare, i giudici sposano le argomentazioni contenute nel succitato motivo, asserendo che l’art. 89 Codice prevede che nel contratto di avvalimento l'ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell'appalto, con la conseguenza che il contratto de quo deve contenere, a pena di nullità e in modo dettagliato, i requisiti forniti e le risorse messe a disposizione dell’ausiliaria.

Fattispecie, quella indicata nella citata norma, che nel caso in commento non si verifica.

Invero, sebbene sia ammessa in giurisprudenza la possibilità che la certificazione di qualità sia oggetto di avvalimento, è necessario ricordarsi che tale possibilità rientra nell’ambito del cd avvalimento operativo.

Afferma, infatti, il Collegio che “tale certificazione attesta un requisito tecnico – professionale attinente all’organizzazione che connota l’avvalimento in senso operativo e non invece di garanzia” Quanto all’avvalimento della certificazione medesima, il Collegio richiama il Consiglio di Stato secondo cui “quando oggetto dell'avvalimento è la certificazione di qualità di cui la concorrente è priva, occorre, ai fini dell'idoneità del contratto, che l'ausiliaria metta a disposizione dell'ausiliata l'intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse, che, complessivamente considerata, le ha consentito di acquisire la certificazione di qualità da mettere a disposizione” (Cons. St., Sez. V, 27.7.2017 n. 3710)

(TAR Lombardia Milano, Sez. IV, 6/7/2020 n. 1288)


Soccorso istruttorio per mancata indicazione costi manodopera servizi di natura intellettuale: di che si tratta?

Soccorso istruttorio per mancata indicazione costi della manodopera servizi di natura intellettuale: di che si tratta?

Soccorso istruttorio per mancata indicazione costi manodopera servizi di natura intellettuale: di che si tratta?I giudici di Palazzo Spada sono chiamati a pronunciarsi sulla legittimità del soccorso istruttorio in favore di un’impresa, rea di non aver indicato i costi della manodopera in un appalto pubblico avente ad oggetto servizi di natura intellettuale.

Nello specifico, nel corso della procedura di appalto pubblico de qua, la stazione appaltante ammetteva con riserva il concorrente, poi risultato aggiudicatario, motivando tale decisione con la rilevata mancanza della dichiarazione ex art. 95 comma 10 del codice dei contratti pubblici - riferita all’ammontare del costo della manodopera – per poi ammettere a pieno titolo tale concorrente mediante soccorso istruttorio ex art. 83 comma 9.

Nel giudizio di primo grado, la ricorrente lamentava l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione ritenendolo viziato da un soccorso istruttorio non ammissibile, in quanto in contrasto con gli artt. 83 comma 9 e 95 comma 10 del codice.

Il Collegio di prime cure, tuttavia, rigettava il ricorso evidenziando in particolare che l’art. 95 comma10 prevede che “Nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera (…) ad esclusione delle forniture (…), dei servizi di natura intellettuale”.

Nel procedimento di appello avverso tale pronuncia, l’impugnante sostiene la non applicabilità del soccorso istruttorio atteso che il servizio oggetto di gara non rientrava nelle prestazioni d’opera intellettuale.

Tale eccezione è motivata col fatto che la Direttiva UE 24/2014 qualificava come intellettuali alcuni servizi di consulenza, di architettura o d’ingegneria oppure appalti pubblici di servizi aventi ad oggetto prestazioni intellettuali come la progettazione di lavori, ponendo l’accento sul carattere squisitamente professionale della prestazione.

Il gravame viene, tuttavia, rigettato in quanto il Collegio sostiene da un lato che i criteri di valutazione per l’attribuzione del punteggio presuppongono “una preparazione a livello tributario oltre la media, necessaria anche a valutare le eventuali evasioni non solo contabilistiche, ma giuridiche e la gestione del contenzioso” in misura tale da ritenere “la correttezza della qualificazione intellettuale delle prestazioni messe a gara”  e dall’altro esclude che “la nozione di “intellettuale” sia connessa all’accezione colloquiale di appartenenza ad una élite di soggetti accomunati da una cultura o da un’istruzione superiori a livello accademico e depositari di valori culturali universali”.

(Cons. St., Sez. V, 26/6/2020 n. 4098)


Appalto di opere pubbliche. Cosa accade se un Comune perde il finanziamento dell’opera?

Appalto di opere pubbliche. Cosa accade se un Comune perde il finanziamento dell’opera?

Appalto di opere pubbliche. Cosa accade se un Comune perde il finanziamento dell’opera?Come noto, l’art. 191 TUEL, co. 1, stabilisce che: “Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’articolo 153, comma 5.(…)”.

Questo il caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Milano.

Un’A.T.I. conveniva in giudizio l’ente comunale, deducendo l’illegittimità della risoluzione del    contratto di appalto pubblico per impossibilità sopravvenuta avendo il Comune perso un   finanziamento regionale.

In altri termini, il Comune tentava di esimersi dalle proprie responsabilità deducendo che la perdita del finanziamento regionale era riconducibile alle ipotesi di impossibilità sopravvenuta.

Di diverso avviso il Tribunale liddove ha chiarito che “La perdita del finanziamento per la  mancata esecuzione dell’opera  nei  tempi previsti  (e  prorogati)  non  costituisce  affatto  impossibilità  sopravvenuta  della prestazione pecuniaria dovuta dall’ente”.

Del resto, il Tribunale tiene a precisare che “il richiamo alla disciplina in materia di finanza pubblica e ai principi di necessaria copertura della spesa a  cui  è  soggetta  la  pubblica  amministrazione  appaltante non  risultano  conferenti  nel  caso  concreto,  dal  momento  che  nel  caso  concreto l’A.T.I. ha concluso un contratto di appalto con il Comune  per la realizzazione   di un’opera  pubblica  che  al  momento  della  conclusione  del contratto era finanziata.

Pertanto, la perdita del finanziamento non poteva essere invocata dall’ente appaltante come motivo di impossibilità sopravvenuta della prestazione.

Di diverso avviso, in una fattispecie analoga, il Tribunale di Matera il quale è giunto sin anche a dichiarare la nullità del contratto sul presupposto che la copertura finanziaria dovesse ritenersi sussistente per tutta la durata dei lavori e dunque, non solo al momento della conclusione del contratto (cfr. Trib. Matera, 4.06.2018, n. 542).

Tale ultima decisione si ritiene di non condividerla proprio in ragione delle ipotesi di tassatività delle cause di nullità del contratto. Ben diversa sarebbe stata l’ipotesi in cui ab origine il contratto di appalto fosse privo della relativa copertura finanziaria allora sì che il contratto avrebbe potuto dichiararsi nullo.

In estrema sintesi, la perdita di un finanziamento non costituisce impossibilità sopravvenuta della prestazione né tantomeno determina la nullità del contratto, ma, come condivisibilmente affermato  dal Tribunale di Milano, fa sorgere in capo all’appaltatore un’obbligazione risarcitoria, poiché al momento della conclusione del contratto l’opera pubblica da realizzare era finanziata. Spetterebbe, dunque, all’appaltatore il diritto ad ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento dell’ente comunale, con diritto al risarcimento del danno.

(Tribunale di Milano, Sez. VII, 25/09/2018, n. 9368)