Oneri sicurezza

Non indica gli oneri di sicurezza perché non richiesto espressamente dal bando

Vista la traccia di esame avvocato 2019 in relazione all’atto di amministrativo, non possiamo non pubblicare una nostra news su un tema di cui abbiamo parlato a lungo negli ultimi tempi: la mancata indicazione degli oneri di sicurezza.

La questione con particolare riferimento alla possibilità di attivare il soccorso istruttorio, soprattutto in relazione al caso in cui l’obbligo di indicare tali oneri non è espressamente previsto dal bando, è oggeto ancora oggi di acceso dibattito giurisprudenziale.

Per questa ragione, riteniamo che sia stato alquanto azzardato proporre come traccia di esame avvocato 2019 proprio questo tema alquanto controverso.

Nel caso di specie, e per ciò che qui ci interessa, una società impugna un bando, chiedendone l’annullamento, perché non richiede, come invece previsto dall’art. 95, comma 10, del Codice e dallo stesso schema di capitolato, l’indicazione dei costi della sicurezza, da ciò derivando l’illegittimità della documentazione di gara per difetto di istruttoria e irragionevolezza.

Ad avviso del Collegio, la censura sollevata non può essere condivisa.

Richiamando alcune precedenti sentenze (nn. 7321, 7322 e 12166 del 2019), il TAR ritiene che:

– il disciplinare di gara prevede che il concorrente debba indicare gli oneri di sicurezza nell’offerta economica unitamente ai costi della manodopera;

– l’obbligatorietà dell’indicazione dei costi relativi agli oneri di sicurezza attiene al contenuto dell’offerta economica redatta da ciascun operatore, in conformità con quanto previsto dall’articolo 95, comma 10, d.lgs.50/2016.

(TAR Lazio Roma, Sez. I ter, 6/12/20149, n. 14028)


Normativa sui monopattini

Monopattini elettrici: li regoliamo come fossero bici?

Nella notte del 9.12.2019 è stato approvato dalla Commissione Bilancio del Senato l’emendamento Incentivi alla mobilità sostenibile e condivisa“. Merita attenzione l’articolo che riguarda l’utilizzo del monopattini elettrici secondo cui: “I monopattini che rientrano nei limiti di potenza e velocità di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019 sono equiparati ai velocipedi di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285″. L’emendamento abbasserebbe la potenza da 0,5 a 0,35 KW. 

La definizione dei velocipedi è data dall’art. 50 del Codice della strada che recita: “I velocipedi sono i veicoli con due ruote o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo; sono altresì considerati velocipedi le biciclette a pedalata assistita, dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 KW la cui alimentazione è progressivamente ridotta ed infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare”.

Di certo, è positivo il fatto che si stia andando nella direzione di regolare un settore che ad oggi è ancora sfornito di un quadro normativo chiaro.

Come avevamo anticipato (clicca qui per leggere la news), nella legge di bilancio 2019 (l. 30.12.2018, n. 145) era stato introdotto il comma 102, art. 1, che prevede che “al fine di sostenere la diffusione della micromobilità elettrica e promuovere l’utilizzo di mezzi di trasporto innovativi e sostenibili”, nelle città sia autorizzata la sperimentazione della circolazione su strada di “veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, quali segway, hoverboard e monopattini”.

La norma richiedeva l’adozione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per definire le modalità di attuazione e gli strumenti operativi della sperimentazione. Il decreto ministeriale sulla Micromobilità elettrica era stato firmato in data 4 giugno 2019 e specifica nel dettaglio sia le caratteristiche dei mezzi che delle aree e strade oggetto della sperimentazione.

Stando all’emendamento proposto, i monopattini che rientrano nel d.m. 229/2019 sarebbero automaticamente equiparati alle biciclette. Se la proposta venisse confermata, i monopattini dovrebbero poter circolare nelle città al pari dei velocipedi ed essere soggetti alle medesime norme.

Tuttavia, emergono probelmatiche di coordinamento di questa proposta con, innanzitutto, lo stesso art. 50 del c.d.s che, ricordiamo, ammette una potenza nominale massima di 0,25 KW (emendamento prevede di ridurre a 0,35 KW).

Inoltre, sarebbe comunque auspicabile una regolamentazione che non si limiti a equiparare i monopattini ai velocipedi ma che tenga conto delle peculiarità di tali mezzi. Peraltro, sarebbe oppportuno probabilmente uniformare la disciplina sulla micromobilità non facendo eccezione e distinzioni tra monopattini elettrici e altri dispotsitivi equivalenti (es. segway).


La mancata sottoscrizione della fotocopia del documento di identità e il principio della paternità dell'atto.

In una procedura di gara per l'affidamento del servizio di ristoro interno attraverso distributori automatici di bevande, calde, fredde e snack una società veniva esclusa per la sola ragione della mancata sottoscrizione della fotocopia del documento di identità allegato alla domanda di partecipazione.

La questione giuridica è incentrata sulla rilevanza della omessa sottoscrizione della copia della carta di identità, ai fini della ammissibilità dell’offerente, in una procedura di gara.

Ricordiamo che la sottoscrizione è essenziale nelle gare pubbliche sia per verificare la necessaria coincidenza tra il soggetto apparentemente autore dell'atto e colui che lo ha sottoscritto, sia perché quest'ultimo attraverso la firma fa proprio il contenuto del documento (e quindi fa propria anche la dichiarazione che il documento rappresenta). La dichiarazione, quindi, è giuridicamente imputata all'autore del documento, nel tenore risultante dal documento stesso.

Sia per la domanda di partecipazione ad una procedura che per l'offerta, il primo elemento necessario è l'identificazione del candidato (nella prima) o dell'offerente (nella seconda), ossia – come detto – del soggetto giuridico cui l'atto deve essere giuridicamente imputato.

Il problema che si pone è quello di stabilire quali conseguenze ricollegare ad un documento rappresentativo di un'offerta, che sia privo della sottoscrizione ovvero ad un documento allegato all’offerta privo di sottoscrizione.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato e dei Tribunali Amministrativi, cui ha aderito anche l’ANAC, ritiene di dover escludere l’irrilevanza giuridica, e quindi l’inammissibilità, di offerte prive di sottoscrizione (o con la sottoscrizione solo di alcuni dei soggetti dell’atto) quando, in base alle circostanze concrete, l’offerta risultava con assoluta certezza riconducibile e imputabile a un determinato soggetto o operatore economico (si veda in tal senso Consiglio di Stato, sez. V, 21 novembre 2016, n. 4881).

Applicando l’anzidetto principio giurisprudenziale al caso di specie, la procedura in oggetto contempla sicuri elementi da cui desumere la riconducibilità dell'offerta all’autore.

Deve, dunque, ritenersi che sussistano gli elementi che consentono di superare qualsiasi incertezza sulla provenienza dell’atto, determinata dalla mancanza della firma sulla carta di identità; e, conseguentemente, consentono di imputare il contenuto dell’offerta al soggetto cui indubbiamente appartiene.

(TAR Lazio Roma, Sez. III bis, 3/12/2019, n.13812)


Forma e contenuto delle riserve: ritorno al futuro.

Torniamo sulle formalità, tese a garantire peraltro il rispetto della spesa pubblica, relative alla formulazione delle riserve ossia la previsione del termine di decadenza per la loro esplicazione e quelle inerenti i requisiti di contenuto delle stesse.
 
Questi temi nel regolamento previgente (d.P.R. 207/2010) erano disciplinati agli artt. 190 e 191, successivamente abrogati dal d.lgs. 50/2016 e connesso d.M. 49/2018.
L'abrogazione di tali norme, che invece fissavano in modo puntuale le modalità di apposizione delle riserve, ha lasciato senza un'adeguata definizione normativa una procedura che, da sempre, costituisce un punto nodale della fase esecutiva dell'appalto pubblico. Ragione che mi ha spinto a definire le riserve disciplinate dal Codice del 2016 (e d.M. 49/2018 che le rimetteva alla disciplina negoziale sottraendole ad una fonte normativa di rango primario) "riserve fai da te".
 
Ma c'è una novità. Come noto, il decreto Sblocca Cantieri ha riportato in vita il Regolamento unico, mandando la cd. soft law nel dimenticatoio,
 
Ad un primo esame dello schema di regolamento unico di attuazione del Codice dei contratti pubblici (clicca qui per visione), sembra che gli artt. 190 e 191 del Regolamento previgente stiano per tornare alla vita giacché il testo presente nella bozza di Regolamento sembra ricalcare fedelmente la disciplina regolamentare previgente.
 
E invero, all'art. 161 della bozza di regolamento è dato leggere: "1. Il registro di contabilità è firmato dall’esecutore, con o senza riserve, nel giorno in cui gli viene presentato.
2. Nel caso in cui l’esecutore non firmi il registro, è invitato a farlo entro il termine perentorio di quindici
giorni e, qualora persista nell’astensione o nel rifiuto, se ne fa espressa menzione nel registro.
3. Se l’esecutore ha firmato con riserva, qualora l’esplicazione e la quantificazione non siano possibili al
momento della formulazione della stessa, egli esplica a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni, le sue riserve, scrivendo e firmando nel registro le corrispondenti domande di indennità ed indicando con precisione le cifre di compenso cui crede di aver diritto e le ragioni di ciascuna domanda.
4. Il direttore dei lavori, nei successivi quindici giorni, espone nel registro le sue motivate deduzioni. Se il
direttore dei lavori omette di motivare in modo esauriente le proprie deduzioni e non consente alla stazione
appaltante la percezione delle ragioni ostative al riconoscimento delle pretese dell’esecutore, in corre in
responsabilità per le somme che, per tale negligenza, la stazione appaltante dovesse essere tenuta a sborsare.
5. Nel caso in cui l’esecutore non abbia firmato il registro nel termine di cui al comma 2, oppure lo abbia fatto con riserva, ma senza esplicare le riserve nel modo e nel termine sopra indicate, i fatti registrati si intendono definitivamente accertati e l’esecutore decade dal diritto di far valere in qualunque termine e modo le riserve o le domande che ad essi si riferiscono.
6. Ove per qualsiasi legittimo impedimento non sia possibile una precisa e completa contabilizzazione, il
direttore dei lavori può registrare in partita provvisoria sui libretti e di conseguenza sugli ulteriori documenti
contabili, quantità dedotte da misurazioni sommarie. In tal caso l’onere dell’immediata riserva diventa
operante quando in sede di contabilizzazione definitiva delle categorie di lavorazioni interessate vengono
portate in detrazione le partite provvisorie."
 
All'art. 162 invece: "1. L’esecutore è sempre tenuto ad uniformarsi alle disposizioni del direttore dei lavori, senza poter sospendere o ritardare il regolare sviluppo dei lavori, quale che sia la contestazione o la riserva che egli iscriva negli atti contabili.
2. Le riserve sono iscritte a pena di decadenza sul primo atto di appalto idoneo a riceverle, successivo
all’insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio all’esecutore. In ogni caso, sempre a pena di decadenza, le riserve sono iscritte anche nel registro di contabilità all’atto della firma immediatamente successiva al verificarsi o al cessare del fatto pregiudizievole. Le riserve non espressamente confermate sul conto finale s’intendono abbandonate.
3. Le riserve devono essere formulate in modo specifico ed indicare con precisione le ragioni sulle quali esse si fondono. In particolare, le riserve devono contenere a pena di inammissibilità la precisa quantificazione delle somme che l’esecutore ritiene gli siano dovute.
4. La quantificazione della riserva è effettuata in via definitiva, senza possibilità di successive integrazioni o
incrementi rispetto all’importo iscritto."
 
Se ciò venisse confermato, la novità sarebbe da accogliersi con favore giacché la procedura sulle riserve tornerebbe ad avere una fonte normativa di rango primario (e non affidata alla disciplina negoziale come voleva l'art. 9 del d.M. 49/2018 che rimetteva la gestione delle riserve alla disciplina prevista dalla stazione appaltante e riportata nel capitolato negoziale).

Libera circolazione dei servizi e radicamento territoriale negli appalti pubblici

La richiesta di un radicamento territoriale quale requisito di partecipazione, in relazione a servizi svolti nel medesimo territorio, può comportare l’annullamento del bando.
In tal senso si è espresso di recente il TAR Marche. A presidio della decisione della giurisprudenza amministrativa vi sono, ancora una volta, i principi di matrice europea: la libera concorrenza, la parità di trattamento e non discriminazione, proporzionalità.
Infatti, anche laddove la P.A. preveda il possesso di requisiti di qualificazione ulteriori, per partecipare ad una procedura di gara, questi debbono essere conformi sia ai principi sanciti dai Trattati istitutivi dell’Unione Europea, sia quelli stabiliti dalla Legge sul procedimento amministrativo.
Il caso di specie, afferisce ad un bando di selezione avente ad oggetto una manifestazione di interesse per servizi di assistenza tecnica riferiti alla gestione faunistica venatoria di competenza dell’Ambito territoriale di Caccia di Pesaro.
Il ricorrente impugna il bando deducendo l’illegittimità delle limitazioni delle candidature a coloro che abbiano svolto un servizio di almeno tre anni, in favore di almeno un ambito territoriale di caccia nelle Regione Marche.
Il TAR accoglie il ricorso sotto tale profilo, ritenendo che sia un requisito estremamente restrittivo e del tutto privo di motivazione, tale da impedire la partecipazione di concorrenti che abbiano maturato la propria esperienza in altre regioni.
Pertanto, per la violazione dei principi in materia di gare pubbliche, l’aver ancorato la partecipazione alla gara all’esperienza locale degli operatori, senza una approfondita motivazione, ha determinato l’annullamento del bando.

Variazione del contratto di appalto per servizi supplementari: al Giudice amministrativo.

In considerazione della necessità di estendere il servizio anche ad altri presidi ospedalieri e prospettando di esercitare una facoltà contrattualmente prevista, una ASL decideva di estendere detto servizio ad altri nuovi presidi ospedalieri, inizialmente non previsti in contratto, alle medesime condizioni economiche di aggiudicazione.
La seconda classificata ricorre al TAR chiedendo l'annullamento di tali atti o la declaratoria di inefficacia del contratto nelle more eventualmente stipulato, e il Collegio ritenendosi fornito di giurisdizione e accoglie il ricorso considerando illegittima l'estensione contrattuale (affidamento senza gara).L'aggiudicataria propone regolamento preventivo di giurisdizione sostenendo la giurisdizione del giudice ordinario giacché l'atto aggiuntivo, pienamente legittimo in forza della facoltà di apportare variazioni prevista espressamente in contratto, attiene alla fase esecutiva del contratto e che, inoltre, l'atto di estensione richiama la modifica in corso di esecuzione disciplinata al comma 1, lett. b), dell'art. 106 del d.lgs. 50/2016, ossia la fattispecie della variazione del contratto per l'affidamento all'appaltatore originario di lavori, forniture e servizi supplementari.
Nel dettaglio, secondo la società aggiudicataria, non vi è stata alcuna violazione delle procedure ad evidenza pubblica, trattandosi nel caso di una legittima variazione contrattuale e non di un affidamento senza gara.

La Suprema Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo.
Nel caso di specie, la seconda classificata, deducendo la modifica sostanziale del contratto, al di là della
ricorrenza delle condizioni legittimanti ex art. 106, comma 1, lett.b) e comma 7, d.lgs. 50/2016, ha inteso far valere nella sostanza l'aggiramento della gara pubblica per l'affidamento diretto da ciò conseguendo che la contestazione sulla sussistenza del presupposti per la modifica del contratto viene a rientrare nel contenzioso sulle procedure di affidamento, di spettanza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
E' di chiara evidenza come non si discuta della mera esecuzione del contratto, ma nella specie il secondo classificato fa valere come la ASL, non sussistendo i requisiti per la modifica del contratto ex art.106, comma 1, lett.b) d.lgs. 50/2016, avrebbe illegittimamente proceduto all'affidamento diretto, senza provvedere alla doverosa gara d'appalto, così ledendo l'interesse legittimo della stessa a partecipare alla gara.
Il contratto non viene quindi in rilievo di per sé, ma in quanto, ove risultasse illegittima la modifica contrattuale disposta, verrebbe a configurarsi l'affidamento diretto in violazione dei principi della gara pubblica, e qualora si faccia valere (da parte di soggetto titolare di una posizione differenziata) la illegittimità del ricorso alla trattativa privata nella scelta del contraente, per contrarietà a norme che avrebbero richiesto il ricorso a procedimenti di evidenza pubblica, trattandosi della legittimità dell'esercizio del potere pubblico, la posizione del privato è di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.
Indi, spetta proprio al giudice amministrativo il compito di stabilire la legittimità dell'adottato metodo di scelta del contraente e del mancato utilizzo dei procedimenti di evidenza pubblica.
(Cass. civ., SSUU, 31/10/2019, n. 28211)


Se la piattaforma telematica non funziona sono problemi tuoi, PA: pensa al soccorso istruttorio!

Un’impresa invia la domanda di partecipazione a una gara telematica. Malgrado la piattaforma le avesse dato ricevuta di caricamento positiva, la SA le comunica l’esclusione in quanto la documentazione amministrativa caricata risultava essere “danneggiata e non visualizzabile”.

L’impresa sostiene però che a essere illeggibile era la sola documentazione amministrativa e non l’offerta tecnica ed economica, quindi, trattandosi di carenza formale della domanda come previsto dall’art. 83, comma 9 del d.lgs. n. 50/2016, la SA avrebbe potuto chiedere l’integrazione con il soccorso istruttorio.

La vicenda finisce in Tribunale e il Collegio accoglie la domanda dell’impresa proprio in base alla chiara lettera della norma secondo cui il soccorso istruttorio è escluso in caso di mancanza, incompletezza o irregolarità “afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica”, e non nel caso in esame di irregolarità riguarda la documentazione amministrativa che risultava “essere danneggiata e non visualizzabile”.

Ancora, l’impresa, ad avviso del TAR, non poteva che fare affidamento sul messaggio di posta elettronica del gestore della piattaforma dove si diceva che era stato caricato il file contenente la Busta A – Documentazione amministrativa, senza porre in risalto disguidi.

È interessante un passaggio: le procedure informatiche applicate ai procedimenti amministrativi devono collocarsi in una posizione servente rispetto agli stessi.

Dalla natura strumentale dell'informatica applicata all'attività della PA discende che la PA deve accollarsi il rischio dei malfunzionamenti e degli esiti anomali dei sistemi informatici di cui la stessa si avvale, essendo evidente che l'agevolazione che deriva alla PA stessa, sul fronte organizzativo interno, dalla gestione digitale dei flussi documentali, deve essere controbilanciata dalla capacità di rimediare alle occasionali possibili disfunzioni che possano verificarsi, in particolare attraverso lo strumento del soccorso istruttorio.

(TAR Lazio Roma, Sez. III quater, 17/9/2019, n. 11022)


Cauzione provvisoria invalida: si al soccorso istruttorio.

La seconda classificata in una gara di appalto per l’affidamento di lavori impugna l'aggiudicazione disposta in favore di un RTI per avere quest'ultimo presentato garanzia dimidiata – nonostante l’assenza, in capo alla aggiudicataria della certificazione di qualità relativa ai lavori che essa avrebbe dovuto compiere – e pertanto l’offerta andava esclusa dalla gara, non essendo ammissibile il soccorso istruttorio.

Il Collegio non condivide e afferma che, sebbe l'aggiudicataria sia in possesso di certificazione di qualità relativa a costruzione/ ristrutturazione/restauro di edifici, e dunque, ad un aspetto diverso dai lavori (impianti interni elettrici, telefonici, radiotelefonici e televisivi) che essa avrebbe dovuto compiere nell’appalto in esame, per condivisa giurisprudenza, “la mancata presentazione della cauzione provvisoria ovvero la presentazione di una cauzione provvisoria invalida non costituisce causa di esclusione dalla procedura di aggiudicazione ma irregolarità sanabile attraverso l’istituto del soccorso istruttorio” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 novembre 2017, n. 5467; sez. III, 27 ottobre 2016, n. 4528; si veda poi, da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 23.3.2018, n. 1846, che ribadisce la sanabilità, a mezzo del soccorso istruttorio, della cauzione provvisoria mancante, incompleta o invalida, distinguendo solo la ben diversa ipotesi di cauzione provvisoria falsa)” (Tar Toscana, II, 13.3.2019, n. 357).

Pertanto, la presentazione di garanzia dimidiata non implica esclusione dell’offerente dalla gara, imponendo invece all’Amministrazione unicamente l’attivazione della procedura di soccorso istruttorio.

(TAR Puglia Lecce, Sez. II. 16/10/2019, n. 1598)


Ricalcolo pensioni militari art. 54: Legal Team vince per la polizia penitenziaria.

Legal Team vince presso la Corte dei Conti per la Basilicata sul ricalcolo della pensione aliquota 44% per la polizia penitenziaria.

Ben tre sentenze a consolidamento dell'orientamento favorevole all’applicazione, sul trattamento pensionistico e a decorrere dalla data di pensionamento, dell’aliquota di rendimento del 44%, sulla quota di pensione regolata col sistema c.d. “retributivo” (ossia fino al 31.12.1995), ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 54, d.P.R. 1092/73.

La Corte dei Conti per la Basilicata conferma la correttezza dell’applicazione della percentuale fissa del 44% della base pensionabile – sistema misto al personale militare che abbia maturato, al 31 dicembre 1995, non meno di 15 e non più di 20 anni di servizio utile a pensione, ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. 1092/1973 (clicca qui per sapere di più).

Il ricorso viene accolto con il riconoscimento del diritto alla riliquidazione della pensione, sin dalla originaria decorrenza.

questo link tutte le informazioni sul ricorso per il ricalcolo della pensione militare aliquota 44%.

(Corte dei Conti, Sez. Giur. Basilicata, 8/10/2019, n. 44; Corte dei Conti, Sez. Giur. Basilicata, 8/10/2019, n. 45; Corte dei Conti, Sez. Giur. Basilicata, 8/10/2019, n. 46)


Telepass nel mirino dell’AGCM

L’AGCM contro il c.d. Iban discrimination e avvia un procedimento nei confronti di Telepass S.p.A..

A seguito delle numerose segnalazioni dei clienti, di quanto si evince dal sito dell’azienda nonché da quanto dichiarato dalla stessa, Telepass metterebbe in essere una pratica commerciale scorretta, non permettendo ai consumatori di pagare i pedaggi autostradali attraverso la domiciliazione bancaria su conti correnti esteri.

Contrario ai principi di non discriminazione e del libero mercato, l’Iban discrimination si pone in contrasto con le disposizioni di cui al Regolamento UE 260/2012, la cui finalità è quella di creare un mercato unico integrato di pagamenti elettronici in euro, nonché del Regolamento UE 302/2018 in materia di geo-blocking, ossia la pratica per i servizi online – diffusa fino a poco tempo fa nei siti di negozi o di streaming – di bloccare i contenuti in determinati paesi o regioni.

L’avvio del procedimento è stato notificato a seguito delle ispezioni condotte dall’AGCM coadiuvata dal Nucleo Speciale Antitrust delle Fiamme Gialle.

(Comunicato Stampa AGCM del 24.9.2019)