Rigenerazione urbana nel lazio

L'art. 6 L.R. Lazio 7/2017 sulla rigenerazione urbana prevede una "deroga condizionata"?

Rigenerazione urbana nel lazioL'art. 6 della L.R. Lazio 7/2017 sulla rigenerazione urbana  prevede una "deroga condizionata"?

La tesi - come vedremo - era già emersa e una recente modifica normativa (L.R. 1/2020) suggerisce una ulteriore riflessione.

Procediamo con ordine.

Questo il testo originario dell'art. 6, co. 1:

Per le finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta

Fino ad oggi, stante tale dato normativo - e salvo un passaggio, su cui torneremo, di un parere regionale che avevamo già segnalato - la disposizione a nostro avviso era da interpretarsi nel senso che l'inciso iniziale "per le finalità di cui all'art. 1" non rappresentaaaw una "condizione" per poter beneficiare delle deroghe e premialità di cui all'art. 6 della L.R. 7/2017, ma solo un rinvio "formale" alle finalità della legge (come spesso accade nei testi legislativi).

Detto in modo più diretto: nessun onere di dimostrazione e nessun potere discrezionale dovrebbe sussistere in capo alla P.A. in sede di esame di una pratica edilizia di rigenerazione urbana ex art. 6.

D'altra parte, nella "Circolare regionale" , nessuna indicazione diversa era stata offerta.

Inoltre, nella D.G.R. recante indicazioni ai Comuni per l'attuazione della L.R. 7/2017, la Regione aveva sottolineato che:

gli interventi da tale norma previsti [art. 6], pertanto, potranno essere attuati direttamente e senza che occorra alcuna forma di regolamentazione dell’istituto da parte del comune. La relativa disciplina è infatti interamente e compiutamente contenuta nell’art. 6 ed è ad essa sola che occorre fare riferimento per l’attuazione degli interventi.

Tuttavia, come accennato, la Regione in un recente parere aveva invece asserito che:

tali interventi di cui all’art. 6, comma 1, sono strettamente funzionali a realizzare le finalità della stessa l.r. 7/2017, e dunque devono rispettare e concretizzare i fini previsti dall’art. 1, comma 1, lettere da a) a a g), che devono essere oggetto di apposita verifica in sede di rilascio del titolo abilitativo o di controllo dei titoli presentati. La legge infatti non concede premialità a prescindere, ma mira ad incentivare la riqualificazione del patrimonio edilizio attraverso interventi di demolizione dell’esistente al fine della ricostruzione di edifici che siano di qualità progettuale superiore, a norma di legge ed armomincamente inseriti nel contesto architettonico e paesaggistico in cui si trovano”

Con la L.R. 1/2020 l'art. 6, co. 1, è stato modificando, prevedendo che:

Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta.

Quale è la logica di tale modifica? Può veramente ritenersi confermato che la norma prevede una "deroga condizionata"?

L'introduzione dell'espressione "perseguimento" delle finalità, con la precisazione che è sufficiente che ne sia perseguita almeno una, apre le porte alla tesi (che continuiamo tuttavia a non condividere, non foss'altro per il portato sistematicamente non convincente, di cui diremo a breve) avanzata dalla Regione nel parere prima citato, ossia che le deroghe al PRG sono sì "sempre" possibili, ma alla condizione che l'intervento - in concreto - persegua almeno una delle finalità ex art. 1.

E ciò con l'altrettanta ovvia conseguenza che tale finalità sia (o tali finalità siano) dichiarata e "dimostrata", lato soggetto istante, e giudicata idonea dal Comune.

Come detto, la tesi non ci convince.

E ciò non tanto per l'astratta possibilità per il legislatore di prevedere ipotesi di titoli edilizi - anche in deroga - subordinate a determinate condizioni suscettibili di valutazione, quanto, piuttosto, perché l'esame delle finalità perseguite dalla L.R. 7/2017 è tale per cui la verifica di rispondenza in concreto di ogni singola pratica edilizia a dette finalità sconfinerebbe in un livello di discrezionalità ontologicamente incompatibile con il procedimento abilitativo edilizio (che, in linea di principio, ha natura vincolata e non discrezionale).

Nè la modifica - ulteriore e parallela - dell'art. 1, co. 1,  - dove si enuncia, oggi, che, la legge "detta disposizioni finalizzate al perseguimento, attraverso la realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge, di una o più delle finalità sotto elencate" -  pare sufficiente a giustificare tale interpretazione.

Tuttavia, è innegabile, che l'intervento normativo potrà essere letto in tal senso.

Ciò con conseguenze, come accennato, assai problematiche in punto di "discrezionalizzazione" dell'ammissibilità degli interventi ex art. 6.

Come potrà un tecnico asseverare (addirittura in una SCIA, destinata a consolidarsi tramite l'inerzia della P.A.), peraltro con le conseguenti responsabilità, che una data trasformazione (ristrutturazione edilizia ovvero demo-ricostruzione con ampliamento) è idonea a raggiungere una delle finalità espresse perlopiù in termini generali dall'art. 1, comma 1? E, ancora, in base a quali criteri lo Sportello Unico per l'Edilizia valuterà se il progetto di trasformazione è in linea con la finalità predetta?

In altre parole, l'effetto paradossale di tale modifica (o, a monte, dell'interpretazione della norma, anche a prescindere di tale modifica) potrebbe essere quello di condurre la realizzabilità degli interventi diretti nella "giurisdizione" della discrezionalità degli uffici tecnici. I quali, peraltro, non hanno a disposizione alcuno strumento - ossia: linee guida e/o riferimenti normativi vincolanti - per compiere tale "giudizio".

La norma, così interpretata, susciterebbe seri dubbi di legittimità ( e ragionevolezza).

Se l'intento era quello di sottoporre ad una condizione "funzionale" gli interventi in deroga ex art. 6, probabilmente la migliore soluzione sarebbe stata quella di prevedere parametri normativi rigidi per le verifiche di competenza degli uffici o, in alternativa, rimettere ad un atto amministrativo generale del Comune l'individuazione di (ripetiamo: precisi e puntuali) criteri di verifica.

E ciò non solo per orientare chi deve "giudicare" (lo SUE) ma anche per mettere in condizione i privati ed i tecnici che li assistono di presentare progetti nella consapevolezza (certezza) di cosa occorra per vederseli approvare.

Il rischio che vi è all'orizzonte, purtroppo, è quello di un ulteriore freno all'applicazione dell'art. 6 della L.R. 7/2017.  E ciò proprio in un momento in cui invece, per la contingente crisi legata al Covid-19, sarebbe necessario facilitare le operazioni di rigenerazione edilizia ed urbana, anzichè creare le condizioni per un potenziale aumento della conflittualità - e del contenzioso - tra privati e P.A.

 

 


Covid-19 e urbanistica: quale impatto? L'intervista all'Avv. Andrea Di Leo

Covid-19 e urbanistica? Quale impatto si produrrà sulla normazione e sulla regolamentazione urbanistico-edilizia? Come inciderà la crisi sui temi della rigenerazione urbana e della pianificazione?

Ne abbiamo parlato in #TempiLegali, il podcast di Le Fonti.

 

 


art. 103 del DL cura Italia e sospensione delle procedure di gara: la posizione dell'ANAC

"Finalmente", dopo MIT, ANCI e commentatori (qui avevamo fatto un punto sullo "stato dell'arte"),  sull'art. 103 del DL cura Italia e sospensione delle procedure di gara abbiamo la posizione dell'ANAC, con la delibera 312 del 9.4 u.s.

L'intervento dell'ANAC è finalizzato a

garantire, durante l’emergenza sanitaria, l’adozione di comportamenti omogenei ed uniformi da parte delle stazioni appaltanti nello svolgimento delle procedure di gara e nella relativa fase di esecuzione

Il passaggio più interessante della delibera è quello del p.to 2, relativo alle procedure in corso di svolgimento.

In estrema sintesi la posizione di ANAC è, nella sostanza, più vicina a quella della Circolare MIT (così come da noi "interpretata") che non alla tesi "riduttiva", portata avanti da ANCI e Provincia Autonoma di Bolzano: secondo l'Autorità:

- la sospensione opera in via di principio in maniera pressoché automatica;

- residua, tuttavia, uno spazio per le SA per "derogare" alla sospensione, laddove ciò sia conciliabile con le esigenze di prevenzione epidemiologica;

- è possibile "disapplicare" (questa l'espressione adoperata da ANAC) la sospensione "laddove il tipo di procedura e la fase della stessa lo consentano", di la "sospensione di alcuni termini di gara previsti a favore dei concorrenti", salva comunque la possibilità di "acquisire preventivamente la dichiarazione dei concorrenti in merito alla volontà di avvalersi o meno della sospensione dei termini".

La posizione dell'ANAC sulla sospensione delle procedure di gara, tutto sommato ragionevole e condivisibile, cerca di bilanciare il dato normativo (l'art. 103 è inequivoco nel prevedere una automatica sospensione dei termini) con la circostanza, innegabile, che è ben possibile (e spesso necessario) per SA e OE organizzarsi in maniera tale da non "congelare" tutte le procedure (disponendo di strumenti telematici e di c.d. lavoro agile), specie con riferimento a quelle urgenti (ad esempio perché connesse ad esigenze più o meno direttamente collegate con le esigenze sanitarie, come l'esempio chiaro dei servizi di sanificazione).

Più in generale, l'ANAC pone l'accento anche sulla necessità di trasparenza (pubblicità di ogni determinazione assunta, in un senso o nell'altro, dalle SA) e leale collaborazione con gli OE (necessità di concedere proroghe o di adattare le esistenti procedure nel rispetto delle esigenze, anche organizzative, degli OE).

Nel complesso, lo sforzo dell'Autorità è senz'altro apprezzabile, considerato il punto di partenza, ossia una norma, l'art. 103, co. 1, DL cura Italia, la cui portata si è rivelata da subito problematica e discussa, tanto da indurre l'ANAC a dover trovare una soluzione che - in punto di stretto diritto ben potrebbe essere discutibile (in assenza di un espressa norma di legge, è arduo affermare che una PA possa "disapplicare" una disposizione). Ma, come abbiamo detto, non è questo il tempo dei fini ragionamenti giuridici, quanto, piuttosto, della ricerca di soluzioni ragionevoli che consentano di bilanciare le ordinarie garanzie con la straordinaria condizione emergenziale.

Certo, ci sia consentito, stupisce che in sede di conversione del DL cura Italia il legislatore non abbia avvertito la necessità di intervenire sulla norma per renderla di più agevole lettura ed applicazione (tanto osserviamo sulla base del testo della legge di conversione come approvata dal Senato).

Qui, infatti, il comma 1 dell'art. 103 non ha subito alcuna modifica o integrazione, nemmeno interpretativa, affidando (abbandonando) l'applicazione della sospensione delle procedure di gara ad operazioni interpretative che, fin da subito, hanno acceso un dibattito acceso.

L'auspicio è quello di non dover vedere - prima o dopo - anche l'intervento del Giudice Amministrativo, poiché cio significherebbe che una norma nata per aiutare le SA a gestire l'emergenza avrebbe creato una ulteriore difficoltà (in parte già manifestatasi, se è vero, come detto, che si registrano già svariati atti, circolari, pareri e commenti non concordanti sulla norma).

Non a caso l'ANAC, con l'atto di segnalazione del n. 4 del 9.4, "alla luce della proroga della sospensione dei termini procedimentali fino al 15 maggio 2020 (....) e in considerazione della possibilità di una nuova proroga di tale termine, al fine di non paralizzare gli approvvigionamenti anche solo indirettamente funzionali alla gestione dell’emergenza sanitaria, con un danno per la collettività" ha sottolineato la necessità di "adottare specifiche misure in luogo di una generalizzata applicazione della sospensione dei termini".

 

 

 


Art. 103 DL cura Italia: sospensione delle procedure di gara.

Una delle norme più discusse tra le varie disposizioni adottate ai fini della gesitione dell'emergenza Covid-19 è l'art. 103 del DL cura-Italia.

L'interrogativo fin da subito è stato: procedure di gara sospese automaticamente e o no?

1. La norma

L'art. 103 del DL cura Italia così dispone:

1. Ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d'ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020. Le pubbliche amministrazioni adottano ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorita' per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati. (...)

Se con riferimento ad alcuni settori non vi sono stati particolari dubbi nel considerarli ricompresi nel campo di applicazione della norma (ad esempio, in materia edilizia, come abbiamo visto in altro articolo), per gli appalti pubblici sono subito sorti dubbi interpretativi.

Dubbi che il legislatore d'urgenza, peraltro, ha ritenuto di non dover fugare in sede di proroga del termine, avvenuta con l'art. 37 del DL 23/2020 dal 15 aprile al 15 maggio.

 

2. La tesi a favore dell'applicabilità dell'art. 103 alle procedure di gara.

Una prima tesi - come vedremo, seguita dal MIT in una propria circolare - è quella secondo cui la norma è applicabile anche alle gare, "procedimento amministrativo" speciale disciplinato dal d.lgs. 50/2016.

In favore di tale tesi militano alcuni elementi:

- l'ampia nozione adoperata nell'art. 103, che si riferisce a qualsivoglia "procedimento amministrativo", senza riferimento ad alcuno specifica normativa (non si richiama né la L. 241/90, né il D.P.R. 380/2001, né il D.P.R. 327/2001, né il d.lgs. 50/2016, né la L. 287/90, per citare le più note discipline procedimentali, generali ma anche settoriali);

- il fatto che appare difficilmente discutibile, in termini generali, che una procedura di gara costituisca un procedimento amministrativo;

- il rilievo che, al livello "numerico", le procedure di gara rappresentano una porzione significativa dell'insieme "procedimenti amministrativi";

- la circostanza, ancora, che lo stesso art. 103, al co. 3, fa salvi i termini specificamente previsti dai vari DL "emergenziali" adottati, recanti anche alcune norme speciali in materia di appalti.

Alla luce di tali elementi - al netto della individuazione di "quali termini" siano effettivamente sospesi (ma sicuramente dobbiamo considerare il termine per la presentazione delle offerte, per adempiere al soccorso istruttorio e alla richiesta di giustificazioni, tutti "perentori") - pare francamente difficile affermare che la norma sia, in assoluto, non applicabile ai procedimenti di gara.

Salvo dover segnalare che, come si apprende dalla relazione illustrativa di accompagnamento al DL, la norma ha come finalità quella di "evitare che la P.A., nel periodo di riorganizzazione dell’attività lavorativa in ragione dello stato emergenziale, incorra in ritardi":  potrebbe in effetti dubitarsi che la sospensione generalizzata delle gare - in particolare dei termini procedimentali in seno alle stesse - sia tale da garantire tale finalità. Ma, l'elemento pare insufficiente per addivenire alla conclusione della non applicaibilità tout court dell'art. 103 ai procedimenti di gara.

3. Sospensione automatica o no? 

Ben più complesso è comprendere come, all'atto pratico, operi la sospensione.

Ossia, occorre un atto, generale o specifico, dell'amministrazione, di sospensione della gare (o della specifica gara), solo di alcuni termini, solo ad istanza del soggetto interessato, o, ancora, la sospensione opera automaticamente, salva l'adozione di "ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti".

La questione è nodale.

In altri settori "procedimentalizzati" dell'ordinamento non sono emersi particolari dubbi: ad esempio, in materia di procedimenti edilizi, si è ritenuto che la sospensione operi automaticamente.

La prima tesi è quella della sospensione automatica ed è stata sposata dal MIT con la nota circolare del 23 marzo.

Secondo il MIT, infatti, la sospensione “si applica, ad eccezione dei casi per cui il medesimo articolo 103 prevede l’esclusione“ e, quindi, in particolare a “tutti i termini stabiliti dalle singole disposizioni della lexspecialis (esemplificativamente: termini per la presentazione delle domande di partecipazione e/o delle offerte; termini previsti dai bandi per l’effettuazione di sopralluoghi; termini concessi ai sensi dell’articolo 83, comma 9, del codice per il c.d. “soccorso istruttorio”) nonché a quelli eventualmente stabiliti dalle commissioni di gara relativamente alle loro attività“, con applicabilità della norma sia ai termini in corso sia a quelli inziati a decorrere a partire dal 23.2.

Tale interpretazione, peraltro, sembra coerente con la formula legislativa che non pare attribuire una "facoltà di sospendere", ma introdurre una sospensione automatica (dal punto di vista dell'OE, il "diritto" a non veder consumato il termine nel periodo 22.2 - 15.5).

Ciò nondimeno, il MIT apre alla possibilità, comunque, di

 valutare l’opportunità di rispettare, anche in pendenza della disposta sospensione e limitatamente alle attività di esclusiva pertinenza dell’amministrazione aggiudicatrice, i termini endoprocedimentali, finali ed esecutivi originariamente previsti, nei limiti in cui ciò, al pari delle altre iniziative di carattere organizzativo ed amministrativo,sia compatibile con le misure di contenimentodella diffusione del COVID-19

il che sembrerebbe far salve solo - appunto -  le attività di pertinenza della SA (non, quindi, i termini per gli adempimenti a carico dell'OE). E ciò, peraltro, parrebbe in linea con il secondo periodo del co. 1 dell'art. 103.

Quest'ultima - ancora una volta: criptica - norma prevede che:

Le pubbliche amministrazioni adottano ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorita' per quelli da considerare urgenti (...)

La disposizione è suscettibile di due interpretazioni (ci si perdonerà la frammentarietà dell'analisi).

Si può ritenere

(i) che ci si riferisca al periodo post-sospensione procedimentale (ma ciò renderebbe la norma pressocché inutile o comunque scarsamente rilevante);

o (ii) che la norma voglia aprire alla possibilità per le SA di organizzarsi in modo da contemperare il principio di ragionevole durata delle procedure ad evidenza pubblica e le regole discendenti dalla situazione emergenziale.

Valorizzando tale seconda lettura potrebbe pervenirsi all'idea che - gara per gara e contemperando le posizioni dei concorrenti - la SA avrebbe la facoltà di superare la sospensione e "riorganizzarsi" (ad es. rimodulando i termini originariamente previsti, congruamente prorogandoli, e adottando soluzioni tecnologiche idonee,) in modo da bilanciare sia le esigenze emergenziali sia, ovviamente, il principio di par condicio tra i concorrenti.

D'altra parte, ipotizzare una insuperabile sospensione delle procedure di gara (fino al 15 maggio) pare contraddire la necessità per le SA di acqusirie una serie di servizi e forniture anche connesse con la migliore gestione dell'emergenza sanitaria (pensiamo a servizi di sanificazione e pulizia, a manutenzione/fornitura sistemi software essenziali per l'operatività in smart working, etc.).

Il paradosso sarebbe, guardando ai termini assegnati all'OE, quello per cui una richiesta di soccorso istruttorio trasmessa il 22 febbraio potrebbe essere evasa successivamente al 15 maggio, con conseguente stasi della procedura. Tale esempio, quindi, suggerisce - pur nel rispetto del testo di legge, una lettura che consenta di perseguire, comunque, la ragionevole durata dei procedimenti.

D'altra parte, a suffragare tale interpretazione "temperata" della norma vi è   l'ordinanza 25.3.2020, n. 655 della Protezione Civile (adottata in vigenza dell'art. 103 del DL cura Italia), il cui all'art. 4  dispone che per "assicurare la gestione di ogni situazione connessa all’emergenza epidemiologica" gli Enti locali possono indire "appalti di servizi e forniture in deroga ai tempi e alle modalità di pubblicazione dei bandi di gara di cui agli articoli 60, 61, 72, 73 e 74 del Codice dei Contratti pubblici".

Infine, si segnala l'esistenza di una seconda lettura, più "estrema", secondo la quale l'art. 103 non avrebbe introdotto alcuna automatica sospensione delle procedure di gara e dei relativi termini, ferma restando la necessità di valutare, caso per caso, la necessità di prorogare i termini procedimentali già fissati.

E' quanto, in estrema sintesi, prevede la delibera della giunta provinciale di Bolzano n. 236 del 7 aprile u.s.

In tal senso ha preso posizione anche la "nota tecnica" ANCI del 8 aprile u.s. la quale si conclude rilevando che:

appare coerente con il dettato normativo che la sospensione, nella fattispecie considerata, non sia da considerarsi “ope legis” e gli enti locali possano effettuare una ricognizione delle procedure di gara avviate o da indire, valutando caso per caso la necessità di una loro sospensione e/o riprogrammazione cui, del caso, dovranno seguire i successivi atti conseguenti, con le adeguate forme di pubblicità.

In conclusione, se è vero che la norma è di non facile lettura, risulta chiaro come esistano sufficienti elementi per addivenire ad una interpretazione "funzionale" e secondo ragionevolezza della stessa, onde evitare sia un insuperabile congelamento delle gare (contrario alla ratio ultima della disciplina emergenziale che giammai può essere intesa come un congelamento di oltre due mesi delle gare pubbliche) sia che l'art. 103 venga, nella sostanza, svuotato di una portata concreta e precettiva e, quindi, ridotto a norma di mero indirizzo generale (il che mal si concilierebbe con l'essere la disposizione prevista nell'ambito di una decretazione d'urgenza).

 


Sanzioni edilizie a Roma: Delibera 44/2011 tra L.R. 1/2020 e giurisprudenza

sanzioni delibera 44 2011 Roma Come noto, a Roma il computo delle sanzioni/oblazioni edilizie derivanti da irregolarità/abusi è regolato dalla famosa (o famigerata) Delibera 44/2011applicativa della L.R. Lazio n. 15/2008.

I. Delibera 44/2011 - L.R. 15/2008 e novità della L.R. 1/2020: conseguenze.

Abbiamo già visto come il regime sanzionatorio relativo alle oblazioni dovute in caso di accertamento di conformità ex art. 22 L.R. 15/2008 sia stato del tutto riscritto per effetto della sent. Corte Cost. 2/2019 e della L.R. 1/2020.

Dunque, risulta chiaro come per gli accertamenti di conformità (anche relativi ad istanze anteriori alla L.R. 1/2020) perfezionatisi dopo l'entrata in vigore di detta legge regionale la Delibera 44 risulti sostanzialmente inapplicabile (perché contra legem).

Sono quindi da considerare "saltati" i punti: 1, 2 e 3 della Delibera 44/2011, attuativi del non più vigente testo del co. 2 lett. a) e b) dell'art. 22 L.R. 15/2008.

Rimane in vita, invece, il punto 4, che si riferisce alle ipotesi di SCIA in sanatoria (per le opere soggette a SCIA semplice ex art. 22 TUEd), applicativo della lett. c) della medesima norma di legge.

 

II. Delibera 44 e cumulo tra sanzione pecuniaria e misura ripristinatoria per interventi eseguiti su immobili in zona A.

Venendo, invece, alle previsioni che sono state interessate da pronunciamenti del giudice amministrativo (TAR Lazio e Cons. Stato), il primo problema sorge in merito al regime sanzionatorio relativo agli interventi soggetti a SCIA semplice "eseguiti su immobili, anche non   vincolati" ricadenti in zona A di PRG (e, quindi, per Roma, i tessuti di PRG ad essa equiparati dall'art.108 NTA PRG.

La questione nasce dal fatto che l'art. 16, co. 5, L.R. 15/2008 sembra prevedere un cumulo tra sanzione pecuniaria e misura ripristinatoria.

Infatti tale norma dispone che:

il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente decide l’applicazione delle sanzioni previste al comma 4 previa acquisizione del parere di cui all’articolo 33, comma 4, del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche, fermo restando quanto ivi stabilito nell’ipotesi di mancato rilascio dello stesso

e il co. 4 cui rinvia - relativo alle opere eseguite su immobili vincolati -prevede, come regime sanzionatorio che la PA commina

demolizione e il ripristino (…), ed irroga una sanzione pecuniaria da 2 mila 500 euro a 25 mila euro

Il TUEd, invece, all'art. 37 co. 3 prevede l'alternatività tra restituzione in pristino e irrogazione della sanzione pecuniaria (art. 37, co. 3).

La Delibera 44/2011 ha fatto propria l'interpretazione del cumulo di sanzione pecuniaria + sanzione ripristinatoria prevedendo al p.to 6 a) che

per gli immobili ricadenti in Zona Omogenea “A” del D.M. n. 1444/68, anche non vincolati ai sensi del D.L. n. 42/2004, e gli immobili compresi tra quelli indicati nella parte seconda del D.L. n. 42/2004 oltre alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi, da eseguire previa acquisizione del parere dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, deve essere irrogata la sanzione calcolata secondo il prospetto di seguito riportato (...)

Tale impostazione, dopo alcuni oscillamenti, è stata bocciata dal Giudice amministrativo, secondo il quale l'art. 16 co. 5 della L.R. 15/2008 deve essere letto conformemente all'art. 37  co. 3 TUEd e, quindi, con alternatività tra ripristino e sanzione pecuniaria.

In tal senso si segnalano quindi le sentenze Cons. Stato 2650/2018 e TAR Lazio 8070/2018 nonché TAR Lazio 5231/2019 che disapplica proprio la Delibera 44/2011, riconoscendo l'illegittimità del cumulo ivi previsto per le ipotesi di interventi su immobili in zona A di PRG.

 

III. Sanzione pecuniaria per interventi di RE2: l'annullamento parziale della Delibera 44/2011

Infine, il giudice amministrativo si è espresso anche sulla illegittimità, per violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità, della misura pecuniara prevista dalla Delibera 44/2011 in relazione agli interventi di RE2, ossia del punto 6, lett. a), in particolare dove è previsto che

interventi che, secondo la classificazione dell’art. 9 co. 5 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore, siano riconducibili alla categoria di intervento RE2 e/o a cambi di destinazione d’uso secondo quanto specificato in premessa, relativi ad opere effettuate su intere unità edilizie o parti di esse di dimensioni fino a 200 mq. Euro 15.000,00// di dimensioni oltre i 200 mq. e fino a 400 mq. Euro 20.000,00// di dimensioni superiori a 400 mq. Euro 25.000,00

Secondo TAR Lazio 7818/2019, infatti, tale regime sanzionatorio risulta violativo dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, atteso che all'interno della categoria RE2  vi sono interventi assai variegati e di differente impatto e portata. Ciò con la conseguenza che prevedere, in ogni caso, un regime di sanzioni pecuniarie legato alla mera superficie dell'immobile o della porzione interessata dall'intervento appare non ragionevole.

Secondo il TAR infatti tale previsione della Delibera 44/2011

si ponte in palese violazione del generale canone di proporzionalità, stante l’assimilazione di differenti fattispecie senza adeguata graduazione in rapporto alla consistenza ed alla gravità dell’abuso .

Si segnala, ad ogni modo, che la sentenza è stata appellata da Roma Capitale: vedremo se il Consiglio di Stato confermerà o meno la decisione del TAR

 


Noleggio con conducente NCC illegittimo obbligo rientro in sede o rimessa dopo ogni servizio o tratta

NCC e obbligo di rientro in rimessa: la Corte costituzionale "premia" la tecnologia e tutela la concorrenza.

Noleggio con conducente NCC illegittimo obbligo rientro in sede o rimessa dopo ogni servizio o trattaCon la sentenza 56/2020, di cui abbiamo dato notizia lo scorso 26 marzo, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'obbligo di rientro in rimessa per gli NCC valorizzando la tecnologia quale idoneo strumento per tutelare la concorrenza (sia dal punto di vista dei taxisti sia da quello degli NCC).

 

  1. Il problema: l'obbligo di rientro in rimessa

Come noto agli addetti del settore, in base alla l. 21/1992 (la legge quadro sul trasporto pubblico non di linea, che disciplina il servizio taxi ed il noleggio con conducente - NCC) incombe sui NCC, in estrema sintesi e semplificando, l'obbligo di rientro in rimessa alla fine di ogni servizio, oltre che quello di ricevere le prenotazioni "presso la sede".

Tale obbligo è stato introdotto dall’art. 29, co. 1 quater, del D.L. 207/2008 e, tuttavia, immediatamente sospeso dall’art. 7 bis, co. 1, del D.L.  5/2009, sospensione reiterata "di anno in anno" sino all'intervento del  D.L. 135/2018 che ha determinato - tra l'altro - il definitivo ingresso (sospeso per un decennio) dell'obbligo di rientro in rimessa per gli NCC.

La ratio di tale onere - così come dell'obbligo di ricevere la prenotazione "presso la sede" - risiede essenzialmente nel fine di garantire che non vengano posti in essere comportamenti elusivi tali da annullare la differenza tra il servizio taxi ("servizio di piazza" sottoposto a tariffe regolate ed altri oneri di servizio pubblico) e il servizio NCC.

In particolare, le disposizioni che ci interessano sono:

a) l'art. 11, co. 4, L. 21/1992

"Le prenotazioni di trasporto per il servizio di noleggio con conducente sono effettuate presso la rimessa o la sede, anche mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici. L'inizio ed il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono avvenire presso le rimesse di cui all'articolo 3, comma 3, con ritorno alle stesse"

b) l'art. 11, co. 4-bis, L. 21/1992

"In deroga a quanto previsto dal comma 4, l'inizio di un nuovo servizio puo' avvenire senza il rientro in rimessa, quando sul foglio di servizio sono registrate, sin dalla partenza dalla rimessa o dal pontile d'attracco, piu' prenotazioni di servizio oltre la prima, (....)"

 

2 L'obbligo di rientro in rimessa: critiche di Antitrust e Autorità regolazione trasporti.

L'obbligo di rientro in rimessa era già finito sotto la lente di ingrandimento di due authorities, ossia l'AGCM e l'ART.

L'Antitrust ha preso più volte posizione sul punto, auspicando “l’abolizione degli elementi di discriminazione competitivatra taxi e NCC in una prospettiva di piena sostituibilità dei due servizi”, anche in considerazione “delle nuove possibilità offerte dall’innovazione tecnologica che ha determinato l’affermazione di diverse piattaforme on line che agevolano la comunicazione fra offerta e domanda di mobilità, consentendo un miglioramento delle modalità di offerta del servizio di trasporto di passeggeri non di linea, in termini sia di qualità sia di prezzi”. Con specifico riferimento ai servizi NCC, poi, l’AGCM aveva sottolineato le proprie perplessità circa "i vincoli territoriali previsti dalla normativa di settore (...) suscettibili di restringere significativamente il confronto concorrenziale" e ciò quale "effetto congiunto che scaturisce dall’obbligo di disporre di sedi e rimesse site nel Comune che ha rilasciato l’autorizzazione, di stazionare e sostare solo all’interno delle predette rimesse, di tornare alla rimessa per l’offerta di ogni nuova prestazione" (AGCM, AS 1137/2014Segnalazione per la legge annuale della concorrenza. Antitrust a Parlamento e Governo: spazi di intervento in tutti i settori più rilevanti, dalle banche all’energia”).

Addirittura, con un ulteriore atto, la stessa AGCM, aveva osservato, con riferimento alle nuove tecnologie affermatesi nel settore, che "una piattaforma digitale che mette in collegamento tramite smartphone la domanda e l’offerta di servizi prestati da operatori NCC non può infatti per definizione rispettare una norma che impone agli autisti l’acquisizione del servizio dalla rimessa e il ritorno in rimessa a fine viaggio. Sotto questo profilo, e in un’ottica di giusto bilanciamento tra i vantaggi concorrenziali derivanti dallo sviluppo di questo tipo di piattaforme digitali (e di tutela degli interessi pubblici ad esse connessi) e la tutela di singole categorie di operatori, seguendo un’interpretazione delle norme costituzionalmente orientata rispettosa del principio di libertà di iniziativa economica privata di cui all’articolo 41 della Costituzione, si ritiene che ai servizi che mettono in collegamento autisti professionisti dotati di autorizzazione NCC da un lato e domanda di mobilità dall’altro non vadano applicati gli articoli 3 e 11 della legge 21/92" (AGCM, AS 1222/2015, posizioni poi riprese in AGCM, AS 1354/2017).

Nella stessa direzione si è sempre mossa anche l'Autorità di settore, l'ART, che, ad esempio, nell’atto di segnalazione del 21.5.2010, osservava che “riguardo al NCC, l’Autorità condivide la necessità (...) di ridurre le differenze tra i diversi ambiti del trasporto non di linea per aumentare la concorrenza tra il servizio di taxi e quello di NCC e ridurre alcuni costi anche di natura ambientale. Si propone, a questo fine, di eliminare l’obbligo che il titolare della autorizzazione NCC faccia rientro in rimessa dopo ogni singolo servizio ritenendo tale vincolo limitativo della possibilità di svolgere l’attività secondo criteri di economicità ed efficienza” (in indentici termini anche il parere 12/2017).

 

3. La normativa del 2018 e la sentenza della Corte costituzionale.

Il legislatore - evidentemente all'esito di una concertazione per nulla facile tra le categorie coinvolte, segnatamente taxisti ed NCC - aveva quindi trovato un equilibrio consistente in:

- introduzione del foglio di servizio elettronico (strumento di tracciabilità di prenotazioni e partenze);

- mantenimento dell'obbligo di rientro in rimessa al termine di ogni servizio (art. 11, co. 4);

- deroga di quest'ultimo obbligo in caso di previa registrazione, sul foglio di servizio elettronico, di più servizi già prenotati sin dalla partenza dalla rimessa (art. 11, co. 4-bis);

La normativa continua a mancare della disciplina delle piattaforme elettroniche (come noto, ormai diffusissime) che consentono ad utenti e prestatori (NCC, ma anche taxi) di incrociare domanda ed offerta (in tal senso, dunque, il legislatore "evadendo" alle sollecitazioni/osservazioni provenienti dall'Antitrust).

La disciplina delle "piattaforme tecnologiche di intermediazione che intermediano tra domanda e offerta di autoservizi pubblici non di linea" , infatti, è rimessa, dall'art. 10-bis, co. 8, DL 135/2018, ad un ancora non emanato DPCM.

La Regione Calabria ha quindi impugnato dinanzi alla Corte costituzionale tali norme, peraltro insieme a numerose altre disposizioni.

Infatti, era stato censurato, tra l'altro, anche l’obbligo di ricevere le richieste di prestazioni e le prenotazioni presso la rimessa o la sede (che, si ricorda, l'AGCM ritiene difficilmente coordinabile con le piattaforme elettroniche di connessione utenti-prestatori del servizio) nonché quello di tenere il "foglio di servizio".

Tali obblighi, tuttavia, sono stati ritenuti dalla Consulta ragionevoli e proporzionati, in quanto

l’obbligo di ricevere le richieste di prestazioni e le prenotazioni presso la rimessa o la sede, anche con l’utilizzo di strumenti tecnologici, e l’obbligo di compilare e tenere un “foglio di servizio” ((...), costituiscono misure non irragionevoli e non sproporzionate. Esse appaiono infatti per un verso adeguate ad assicurare l’effettività del fondamentale divieto per i vettori NCC di rivolgersi a un’utenza indifferenziata senza sottostare al regime del servizio pubblico di piazza, e per altro verso impositive di un onere a carico dei vettori NCC rapportato alle caratteristiche del servizio offerto – che presuppone pur sempre un’apposita e nominativa richiesta di prestazione – e non eccessivamente gravoso, essendo possibile farvi fronte senza un aggravio dell’organizzazione dell’azienda, che presuppone comunque la necessità di una sede o di una rimessa come base dell’attività aziendale.

Diversa sorte - ossia la declaratoria di illegittimità costituzionale - è stata invece riservata all'obbligo di rientro in rimessa, il quale, secondo la Consulta:

"si risolve infatti in un aggravio organizzativo e gestionale irragionevole, in quanto obbliga il vettore, nonostante egli possa prelevare e portare a destinazione uno specifico utente in ogni luogo, a compiere necessariamente un viaggio di ritorno alla rimessa “a vuoto” prima di iniziare un nuovo servizio".

risulta anche sproporzionato "rispetto all’obiettivo prefissato di assicurare che il servizio di trasporto sia rivolto a un’utenza specifica e non indifferenziata", sufficientemente tutelato tramite  il mantenimento de "l’obbligo di prenotazione presso la sede o la rimessa e da quello, (....), di stazionamento dei mezzi all’interno delle rimesse (o dei pontili d’attracco)"

Di particolare interesse, a corollario di tale ragionamento, vi è poi il rilievo per cui è proprio l'esistenza della prenotazione mediante strumenti tecnologici - tra cui le piattaforme di "intermnediazione tra domanda ed offerta" - a rendere non congruo l'obbligo di rientro in rimessa:

"neppure è individuabile un inscindibile nesso funzionale tra il ritorno alla rimessa e le modalità di richiesta o di prenotazione del servizio presso la rimessa o la sede «anche mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici» (...) La necessità di ritornare ogni volta alla sede o alla rimessa per raccogliere le richieste o le prenotazioni colà effettuate può essere evitata, senza che per questo si creino interferenze con il servizio di piazza, proprio grazie alla possibilità, introdotta dalla stessa normativa statale in esame, di utilizzare gli strumenti tecnologici, specie per il tramite di un’appropriata disciplina dell’attività delle piattaforme tecnologiche che intermediano tra domanda e offerta di autoservizi pubblici non di linea, demandata dal comma 8 dell’art. 10-bis, come visto, a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri"

 

4. "Conclusioni"e questioni aperte.

La decisione della Corte costituzionale, rimuovendo del tutto l'obbligo di rientro in rimessa supera una questione a dir poco annosa e allinea la L. 21/1992 alle indicazioni di AGCM e ART.

Tuttavia, permane, in base alla normativa residua, l'obbligo di ricevere le prenotazioni "presso la sede o la rimessa", essendo stato tale obbligo ritenuto dalla Consulta non illegittimo (ma funzionale a differenziare il servizio NCC da quello taxi, "di piazza" ossia rivolto ad una utenza indifferenziata).

Quel che si può osservare è che, per il tramite delle piattaforme elettroniche, l'obbligo di ricevere le prenotazioni "presso la sede o la rimessa" potrebbe avere una portata assai "alleggerita".

Infatti, la eliminazione della previsione secondo cui "l'inizio di un nuovo servizio puo' avvenire senza il rientro in rimessa, quando sul foglio di servizio sono registrate, sin dalla partenza dalla rimessa o dal pontile d'attracco, piu' prenotazioni di servizio oltre la prima" (eccezione al non più vigente obbligo generale di rientro in rimessa),  potrebbe essere letto nel senso che la prenotazione può essere considerata come "ricevuta presso la sede" anche allorquando il veicolo si trovi fuori dalla stessa.

Altra interpretazione è, invece, quella per cui permarrebbe comunque l'obbligo di ricevere "fisicamente" la prenotazione presso la sede, con conseguente necessità che il servizio non possa essere prenotato quando il veicolo NCC è fuori dalla rimessa.

In tutto ciò, sullo sfondo, resta il dubbio (logico, ancor prima che giuridico) che ha già avanzato l'Antitrust, laddove ha notato che "la piattaforma digitale che mette in collegamento tramite smartphone la domanda e l’offerta di servizi prestati da operatori NCC non può infatti per definizione rispettare una norma che impone agli autisti l’acquisizione del servizio dalla rimessa e il ritorno in rimessa a fine viaggio"

Ecco, allora, che  la "partita"  regolatoria pare spostarsi, a questo punto, sulla disciplina del registro elettronico e, soprattutto, delle piattaforme tecnologiche di intermediazione.

 


Art. 103 DL cura Italia: per il MIT si applica alle procedure di gara. Ecco la Circolare.

Emergenza COVID-19 news video diritto aggiornamento

Ecco la Circolare del MIT relativa all'applicabilità dell'art. 103 del DL cura Italia alle procedure di gara.

All'indomani del DL cura-Italia è sorto un dibattito circa l'applicabilità o meno dell'art. 103 (sospensione dei procedimenti amministrativi) alle procedure di gara.

Il MIT è intervenuto con la Circolare 23.3.2020 dove la questione è espressamente risolta in senso positivo:

 

La norma, infatti, per il MIT "si applica, ad eccezione dei casi per cui il medesimo articolo 103 prevede l’esclusione,a tutti i procedimenti amministrativi e, dunque,anche alle proceduredi appalto o di concessione disciplinate dal decreto legislativo 30 aprile 2016, n. 50".

In particolare, sono sospesi "tutti i termini stabiliti dalle singole disposizioni dellalexspecialis(esemplificativamente: termini per la presentazione delle domande di partecipazione e/o delle offerte; termini previsti dai bandi per l’effettuazione di sopralluoghi; termini concessi ai sensi dell’articolo 83, comma 9, del codice per il c.d. “soccorso istruttorio”) nonché a quelli eventualmente stabiliti dalle commissioni di gara relativamente alle loro attività", con applicabilità della norma sia ai termini in corso sia a quelli inziati a decorrere a partire dal 23.2.

 


Emergenza COVID-19: tutte le news e i video di Legal Team

Emergenza COVID-19 news video diritto aggiornamentoIn questi caotici giorni, abbiamo cercato di fornire le nostre news con una particolare attenzione alle problematiche derivanti dall’emergenza COVID-19, che dal punto di vista legale impatta in maniera significativa su operatori economici, amministrazioni e privati.

Cerchiamo, quindi, di “fare ordine”, dividendo articoli e video per materia (aggiorneremo costantemente questo "indice"):

Appalti pubblici, concessioni e terzo settore

Il “vuoto per pieno” per il trasporto scolastico nella legge di conversione del decreto Cura Italia (7.5.2020)

La procedura di selezione dell’app “Immuni” (27.4.2020) 

LEGAL TEAM LIVE. Art. 103 del decreto Cura Italia e sospensione delle procedure di gara (24.4.2020) [Video]

https://www.youtube.com/watch?v=EHy15uocuv4

Le concessioni dei beni pubblici nell’attuale situazione di emergenza legata al Covid-19 (21.4.2020)

Art. 103 del DL cura Italia e sospensione delle procedure di gara: la posizione dell’ANAC (14.4.2020)

Art. 103 DL cura Italia: sospensione delle procedure di gara (10.4.2020)

Le call “Innova per l’Italia” per tecnologie innovative per il contrasto al Coronavirus (2.4.2020)

Art. 103 DL cura Italia: per il MIT si applica alle procedure di gara. Ecco la Circolare. (27.3.2020)

DL cura Italia e servizi sociali (24.3.2020) [Video]

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Gli appalti di servizi sociali nel decreto “Cura Italia” (23.3.2020)

Decreto cura Italia: tutte le novità in materia di appalti e contratti pubblici (19.3.2020)

Le procedure negoziate d’urgenza di Consip per le forniture destinate all’emergenza sanitaria (17.3.2020)

 

Edilizia ed urbanistica

Covid-19 e prospettive dell'urbanistica (Intervista a #Tempilegali di Le Fonti) (30.4.2020)

Le norme del cura Italia per il rilancio delle costruzioni [articolo su MonitorImmobiliare.it] (26.4.2020)

Titoli edilizi: decadenze e proroghe tra D.P.R. 380/2001 ed emergenza sanitaria [webinar gratuito - Video] (22.4.2020)

DL Cura Italia e DPCM 22 marzo 2020: edilizia privata tra art. 15 TUEd e norme emergenziali. (25.3.2020)

La proroga dei titoli edilizi (webinar con Carlo Pagliai) (18.3.2020) [Video]

La proroga dei termini dei titoli edilizi in situazioni straordinarie (16.3.2020)

Trasporti e mobilità

Rigenerazione urbana: come la nuova mobilità impatta l’urbanistica delle nostre città? (11.5.2020) [Video]

Fase due al via, la mobilità urbana nell’emergenza (3.5.2020)

La legge del Covid: come cambieranno le regole della mobilità? (23.4.2020) [Video]

Esecuzione del contratto pubblico e privato

Riserve per costi extra Covid-19 nell’ambito dei lavori pubblici (24.6.2020) [Pubblicazione]

LEGAL TEAM LIVE. Le imprese in fase di (ri)lancio - Covid-19 (27.5.2020)

https://www.youtube.com/watch?v=lWZXSAnc4ts&t=1s

APPALTI LIVE. Maggiori costi Covid-19, riserve e sguardo al nuovo regolamento unico (18.5.2020)

https://www.youtube.com/watch?v=2-vfQtRdJ_4&t=101s

L’anticipazione del prezzo fino al 30% negli appalti pubblici: tra decreto Rilancio e Cura Italia (25.5.2020)

LEGAL TEAM LIVE. Strutture ricettive nella fase 2. Protocolli e rischi - Covid-19 (12.5.2020) [Video]

https://www.youtube.com/watch?v=RCiXLoxip3s&t=61s

LEGAL TEAM LIVE GUEST. End Act of God. Il punto sui contratti nella fase 2 - Covid-19 (11.5.2020) [Video]

https://www.youtube.com/watch?v=A2gXvlieaCU&t=73s

Alberghi e Covid-19, i protocolli della fase due per ridurre il rischio contagio (9.5.2020)

Appalti pubblici, il pagamento anticipato dello stato avanzamento lavori (SAL) nella normativa emergenziale Covid-19: segnalazione ANAC  (6.5.2020)

La proroga dei termini dei lavori edili nei contratti : il nuovo comma 2 ter dell’art. 103 del Cura Italia (5.5.2020)

LEGAL TEAM LIVE. I contratti nella fase 2 - Covid-19 (30.4.2020) [Video]

https://www.youtube.com/watch?v=uZhv5Dvdjso&t=5s

LEGAL TEAM LIVE GUEST. Act of God. I contratti nella fase 2 - Covid-19 (28.4.2020) [Video]

https://www.youtube.com/watch?v=PN08b5Pp-fw&t=42s

Il pagamento dei lavori edilizi nel nuovo comma 2 ter dell’art. 103 Cura-Italia (28.4.2020)

Settore alberghiero, i rischi della fase due (23.4.2020)

LEGAL TEAM LIVE GUEST. Act of God. Lo stato dei decreti e il punto sui contratti - Covid-19 (16.4.2020) [Video]

https://youtu.be/L0OBLXA6nZE

I contratti di locazione nell’emergenza Covid-19 (10.4.2020)

L’epidemia che sconvolge i contratti. Vademecum sui rimborsi (10.4.2020)

Anticipazione del prezzo e pagamento dei SAL nel Decreto Cura Italia (7.4.2020)  [Video]

https://www.youtube.com/watch?v=JACdGSwtCII

Il pagamento anticipato dello stato avanzamento lavori (SAL) nella normativa emergenziale Covid-19: modifica del contratto? (5.4.2020)

Turismo in lockdown: il caso dei rimborsi per le disdette (3.4.2020)

LEGAL TEAM LIVE. I lavoratori nel cambio appalto e norme emergenziali Covid-19 (1.4.2020) [Video]

LEGAL TEAM LIVE GUEST. Sospensione degli appalti pubblici e Covid-19 (2.4.2020) [Video]

https://youtu.be/5t4KUVBgOxw

LEGAL TEAM LIVE GUEST. Act of God. Lo stato dei contratti - Covid-19 (30.3.2020) [Video]

https://youtu.be/Y3_UVanzB0k

I pagamenti dei SAL nell'attuale situazione di emergenza, fra normativa nazionale e inidicazioni regionali (30.3.2020)

La revisione dei prezzi negli appalti privati per lavori edilizi (25.3.2020)

Act of God. Legal Tips (23.3.2020)  [Video]

Le procedure per escludere l’inadempimento negli appalti per lavori edilizi nella situazione attuale di emergenza (23.3.2020)

Tra pandemia e inadempimento. La causa di forza maggiore nei contratti. (18.3.2020)

Effetti di situazioni straordinarie e/o emergenziali sulle imprese. Sospensione dei lavori: appalti pubblici e privati. (17.3.2020) [Video]

La sospensione dell’appalto pubblico per ragioni di necessità o pubblico interesse: e il Covid-19? (12.3.2020)

La sospensione dell’appalto per impossibilità temporanea della prestazione (9.3.2020)

Privacy

Covid-19 e il trattamento dei dati da parte dei Tribunali (30.6.2020)

Garante Privacy e Covid-19: il datore di lavoro non può effettuare direttamente test sierologici ai propri dipendenti (19.5.2020)

Coronavirus e protezione dei dati: il Garante e le Faq (11.5.2020)

Contact Tracing: l’App “Immuni” e la privacy (30.4.2020)

Didattica a distanza e privacy ai tempi del Covid-19 (14.4.2020)

LEGAL TEAM LIVE GUEST. Privacy e Covid19: app e sistemi di controllo dei contagi (9.4.2020) [Video]

https://youtu.be/VuLxsSykj3o

INPS: grave data breach o pesce d’aprile? (2.4.2020)

COVID-19 ecco un’altra vittima: la privacy. (31.3.2020)

Coronavirus e Privacy: siglato il protocollo per la protezione dei dati sullo stato di salute di dipendenti o terzi. (19.3.2020)

Le truffe informatiche legate al Coronavirus (10.3.2020)

Coronavirus: Garante Privacy, no a iniziative “fai da te” nella raccolta dei dati. (6.3.2020)

 

Profili generali

LEGAL TEAM LIVE GUEST. Locazioni commerciali post Covid-19 e reti di imprese tra appalti pubblici e decreto rilancio alla luce degli incentivi fiscali (23.6.2020)

https://www.youtube.com/watch?v=YkDn6k2q2h8

LEGAL TEAM LIVE GUEST. Le novità del decreto rilancio e superbonus110% - Covid-19 (10.6.2020) [Video]

https://www.youtube.com/watch?v=Y98fJjHz0Qo

La responsabilità nei cantieri edili per il contagio da Covid-19 (26.5.2020)

Congiunti & co.: una definizione tanto discussa (4.5.2020)

L'autocertificazione ai tempi del Coronavirus. Le novità del D.L. 19/2020 (27.3.2020)

LEGAL TEAM LIVE. Aspetti generali della disciplina emergenziale COVID-19 (27.3.2020) [Video][dzs_video source="https://www.youtube.com/watch?v=zdkotYoU34c&feature=youtu.be" config="skinauroradefault" autoplay="off" cue="on" loop="on" type="youtube" responsive_ratio="default"]


coronavirus e privacy:protocollo per la protezione dei dati sullo stato di salute dei dipendenti

DL Cura Italia e DPCM 22 marzo 2020: edilizia privata tra art. 15 TUEd e norme emergenziali.

coronavirus e privacy:protocollo per la protezione dei dati sullo stato di salute dei dipendenti

Ne abbiamo già parlato in alcuni precedenti contenuti (La proroga dei termini dei titoli edilizi in situazioni straordinarie La proroga dei titoli edilizi (webinar con Carlo Pagliai ), è però il caso di tornarci con riferimento agli ultimi due interventi normativi: il DL Cura Italia e il DPCM 22 marzo, adottati sempre ai fini della gestione della emergenza COVID-19.

In particolare - venendo al punto - l'interrogativo che sorge è come si coordinino l'art. 15 del TUEd, su decadenza e sospensione dei titoli edilizi, l'art. 103 del DL Cura Italia (DL 17.3.2020, n. 18) e il DPCM 22 marzo 2020.

Proviamo a mettere ordine (sperando che, nel frattempo, non intervenga qualche ulteriore intervento normativo!).

L'art. 15, co. 2, del TUEd, ai fini che qui ci interessano, prevede che

2. Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, (...)

Tale norma (peraltro oggetto delle "consuete" variazioni sul tema in sede di legislazione regionale, ben illustrate da un esaustivo dossier ANCE) sarebbe astrattamente sufficiente a permettere la sospensione dei termini legati ai titoli edilizi nel dato contesto, ma con due limiti:

a) la sospensione non opera mai automaticamente (secondo una giurisprudenza molto consolidata);

b) quindi, occorre una istanza ed un provvedimento espresso da parte della PA (no al silenzio assenso, come recentemente chiarito sempre dalla giurisprudenza) .

Ragionando sulla situazione di emergenza venutasi a creare e su tale norma, alcune Amministrazioni avevano cercato di darsi (e dare agli operatori) indicazioni. Così, ad esempio, Roma Capitale aveva reso noto che:

Con riferimento ... a quanto disposto dall'art. 1, comma 1 lett. a) del DPCM dell'8.03.2020 - la cui validità è stata estesa con successivo DPCM del 9.03.2020 a tutto il territorio nazionale -, che prevede, tra l'altro, quale misura atta a contenere il contagio da COVID-19 quella di "evitare ogni spostamento delle persone fisiche ... salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ... ", si rappresenta che qualora nell'esecuzione dei lavori nei cantieri edili, oggetto di valide procedure edilizie di cui al D.P.R. 380/2001 ss.mm.ii., il Committente unitamente al Direttore dei Lavori dispongano la sospensione dei relativi lavori, per effetto di quanto disposto dai richiamati Decreti, la detta sospensione costituisce fattispecie di proroga dei titoli edilizi, da comunicare alle Direzioni Tecniche Municipali, in quanto "fatto sopravvenuto" (art. 15, comma 2 D.P.R. 380/2001 ss.mm.ii.), estraneo alla volontà del titolare del Permesso di Costruire o a qualsivoglia altro titolo edilizio.
La proroga è da intendersi accordata per il periodo che intercorre dal giorno dell'avvenuta sospensione dei lavori disposta dal Committente e Direttore dei Lavori (non prima del 9.03.2020), fino al giorno della cessata emergenza epidemiologica disposta dalle autorità competenti.

Le intenzioni erano buone, ma lo strumento decisamente meno, atteso che una Circolare non è idonea a derogare le modalità di applicazione di una norma di legge (l'art. 15, co. 2, TUEd, come visto non prevede né consente automatismi e implica un provvedimento espresso).

E veniamo agli ultimi (?) due provvedimenti.

Il DL cura-Italia prevede, all'art. 103, co. 2, che:

Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validita' fino al 15 giugno 2020

Tale norma ha un raggio d'azione tale da sovrapporsi e derogare in via ecezionaòe (anche) l'art. 15 co. 2 TUEd con un meccanismo presuntivo ed automatico cosicché può ritenersi che: i termini ex art. 15 TUEd sono automaticamente (e retroattivamente) sospesi per l'intero periodo indiocato dalla norma (31.1 - 15.4), senza cioè che occorra alcuna istanza e conseguente provvedimento amministrativo.

 

In tal senso si segnalano anche alcuni atti di indirizzo regionali (in questo caso, diversamente dalla Circolare di Roma Capitale prima portata ad esempio) in linea con la norma del DL cura-Italia.

Così, ad esempio, la Regione Emilia-Romagna, con la circolare del 19.3.2020 chiarisce che si è al cospetto di una proroga ex lege di tutti i titoli abilitativi in scadenza tra 31.1 e 15.4.

 

In tutto ciò arriviamo all'ultima puntata, ossia al DPCM del 22 marzo 2020 dove vengono individuate - tramite l'ormai noto sistema del rinvio ai codici ATECO - le attività economiche "sospese e non sospese".

Quanto all'edilizia, pubblica e privata, un utile lavoro di ricognizione è stato fatto da ANCE.

Tale provvedimento pare ratificare che l'edilizia privata è sostanzialmente sospesa, giacché, salvo la categoria di cui alla divisione 43.2 (lavori specializzati afferenti a installazione di impianti elettrici, idraulici ed altri lavori di costruzioni ed installazione), restano "ferme" le attività di costruzione di edifici (p.to 41, salvo, della classe 41.20 la costruzione di strutture per impianti industriali , esclusi gli edifici). Restano invece attive (ossia non sospese ex lege) categorie di intervento sub. 43 (tra cui anche, ad esempio, alcuni interventi impiantistici) .

Ad ogni modo - anche a voler interpretare il complesso e scivoloso combinato disposto del DPCM del 22.3 e dei codici ATECO sospesi/non sospesi  in modo da ritenere ancora possibili taluni interventi di edilizia privata (*)., ai fini di ciò che qui ci interessa, data la natura sovraordinata e generale dell'art. 103 del DL cura-Italia, si deve ritenere che anche per i cantieri che - in ipotesi - dovessero restare attivi, resterebbero comunque sospesi i termini nel periodo 31.1 - 15.4.

 

(*) Si veda ad esempio questo articolo de Il Sole24 ore che fa riferimento alle prime FAQ del MiSE. Si consideri a tal proposito ad es. il 43.22, non sospeso, che reca "Installazione di impianti idraulici, di riscaldamento e di condizionamento dell’aria", il 43.29.01 "Installazione, riparazione e manutenzione di ascensori e scale mobili -installazione in edifici o in altre opere di costruzione di: ascensori, scale mobili inclusa riparazione e manutenzione" .

 

 

 


Rigenerazione urbana nel lazio

Rigenerazione urbana Lazio (LR 7/2017): è davvero cumulabile con il recupero dei sottotetti?

Rigenerazione urbana nel lazioRigenerazione urbana Lazio (L.R. 7/2017): è possibile "cumulare" le premialità ex art. 6 (DR con ampliamento fino al 20%) con il recupero dei sottotetti ex L.R. 13/2009 (contestuale o precedente) ?

Il punto di partenza del nostro ragionamento è sicuramente l'art. 8, co. 5, L.R. 7/2017:

Le premialità di cui alla presente legge si applicano una sola volta e non sono cumulabili tra loro e con quelle previste da altre leggi regionali e statali.

 

 

Norma criptica e sibillina, la cui interpretazione necessiterebbe di chiarire alcuni concetti e, in particolare:

  • cosa è una "premialità";
  • cosa è  il "cumulo"

Nella vigenza del Piano Casa) la Regione, in una delle FAQ via via diffuse, aveva preso posizione su una questione analoga, riferendosi all'art. 3, co. 8, L.R. 21/2009, nel senso che:

la norma mira chiaramente ad escludere che, ove le prescrizioni del piano regolatore prevedano la possibilità di assentire ampliamenti … a titolo di premialità o beneficio … i detti ampliamenti non sono cumulabili con quelli previsti dal Piano Casa, facendo invece salvi “i residui di edificabilità previsti dal PRG

Tale chiarimento mette in luce come per premialità si dovrebbe intendere solo l'ampliamento di superficie.

La questione è affrontata nella DGR 867/2017 (Indirizzi e direttive per l'applicazione della L.R. 7/2017, che avevamo esaminato in generale in altro precedente articolo), dove in particolare si legge che:

quanto al cumulo con il Piano Casa che:  Quanto al rapporto con le premialità previste o già realizzate ai sensi di altre leggi, la situazione che certamente si presenta quale più ricorrente riguarda l’accesso ai benefici volumetrici di cui alla l.r. 21/2009, che certamente esclude l’applicazione delle l.r. 7/2017.

circa, invece, il recupero dei sottotetti ex L.R. 13/2009: "giova precisare che le premialità previste dalla LR 7/2017 possono coesistere con gli interventi contemplati nella LR 13/2009, contenente le “Disposizioni per il recupero a fini abitativi e turistico ricettivi dei sottotetti esistenti”. Difatti, la LR 13/2009 non prevede il riconoscimento di volumetrie aggiuntive rispetto a quelle preesistenti, così come invece previsto dalla LR 7/2017, bensì favorisce il mero recupero, ai fini abitativi o turistico ricettivi, di superfici già esistenti nell’immobile. Con la conseguenza che sullo stesso fabbricato o unità immobiliare potrà essere eseguito, anche non contestualmente, sia un recupero ai sensi della LR 13/2009 che uno degli interventi contemplati dalla LR 7/2017.

Sembra confermata la linea interpretativa per la quale "premialità = bonus volumetrico" (da cui l'ulteriore rilievo incidentale che ci pare emergere chiaro: un residuo di cubatura da PRG non è un "bonus", ma un diritto edificatorio, quindi non una premialità, in continuità con le indicaizioni regionali fornite nella vigenza del Piano Casa).

Dati tali presupposti, che paiono emergere dalle direttive regionali, parrebbero non sussistere dubbi circa la possibilità:

a) di applicare l'art. 6 L.R. 7/2017 (DR+20%) su un immobile che abbia già beneficiato del recupero del sottotetto;

b) di applicare l'art. 6 L.R. 7/2017 (DR+20%) contestualmente al recupero del sottotetto ex L.R. 13/2009 (in questo caso, tuttavia, con la precisazione che la superficie del sottotetto non dovrebbe rientrare nella base di calcolo per applicare il +20%).

Tutto chiaro? Niente affatto.

Il Dipartimento PAU di Roma Capitale ha infatti sottoposto alla Regione un quesito concernente una istanza per un "intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio,del qualesi intende recuperare, contestualmente,anche la superficie collocata nel sottotetto".

La Regione, con il parere 216230 del 11.3.2020, ha espresso un articolato parere, difficilmente coordinabile con le conclusioni poc'anzi esaminate.

Il progetto sottoposto al parere regionale, come si apprende dal medesimo atto regionale consiste in:

demolizione di un edificio dotato di sottotetto, allo stato non recuperato ai sensi della l.r. 13/2009,e nella sua ricostruzione.Nell’edificio da ricostruirela superficie del sottotetto esistente andrebbe ad assumerela connotazione di superficie residenziale a tutti gli effetti, non essendo più collocata nel sottotetto di questo, che pure progettualmente ne è dotato per collocarvi impianti tecnici

A fronte di ciò il DPAU ha chiesto se le indicazioni di cui alla Circolare - che, come visto, ammette il "cumulo" L.R 7/2017 + L.R. 13/2009, anche contestuale - valgano anche in un caso di intervento in cui, a seguito della DR "vengano a mutare sia la configurazione morfologica che la consistenza del sottotetto esistente".

La Regione, premesso che la L.R. 13/2009 ha come fine quello di recuperare i sottotetti con trasformazione della superficie degli stessi in residenziale/turistico-ricettiva, concretizzandosi gli interventi ex L.R. 13/2009 in "recupero dell'esistente", con un intervento che, quindi, rimane nell'ambito della ristrutturazione edilizia, con "mantenimento della identità dell'edificio su cui si agisce".

Sicché, prosegue il parere, "è da escludere la possibilità che il volume o la superficie" risultante dal recupero dei sottotetti sia collocata, per effetto della DR ex L.R. 7/2017, "nel nuovo edificio ma non nel sottotetto".

Inoltre - ma è un aspetto non dirimente e solo "aggiuntivo" nel ragionamento della Regione - nel caso esaminato si avrebbe anche un aumento di volume poiché, nel progetto esaminato, la superficie traslata dal sottotetto al nuovo edificio avrebbe una altezza maggiore, con conseguente aumento anche del volume.

La domanda, allora, sorge spontanea: come coordinare queste conclusioni con le indicazioni date nella Circolare? In che termini, insomma, è possibile fruire del cumulo delle premialità ex L.R. 7/2017 con i "benefici" del recupero dei sottettti ex L.R. 13/2009?

Ecco come la Regione esce dall'empasse:

la compatibilità, asserita dalla circolare, tra l’intervento di demolizione e ricostruzione previsto dalla l.r. 7/2017 ed il recupero dei sottotetti di cui alla l.r. 13/2009 va quindi riferita alla sola demolizione e ricostruzione che preveda, nel nuovo edificio ricostruito, il mantenimento del sottotetto, con le caratteristiche di quello preesistente; solo in tal caso sarà possibile effettuarne, mediante demolizione e ricostruzione dell’intero edificio, il recupero conferendo ad esso una destinazione residenziale o turistico ricettiv aed applicandovi, se necessario, le modalità attuative ed operative previste dalla l.r. 13/2009 medesima soprarichiamate a titolo esemplificativo

Il parere regionale sembra dunque voler porre un limite a quanto inizialmente ammesso (in modo molto esteso) dalla Circolare; tuttavia, in disparte il caso ivi esaminato, ciò che è meritevole di riflessioni, anche da un punto di vista tecnico, è cosa dobbiamo intendere per "mantenimento del sottotetto con le carettaristiche di quello preesistente"?

Di seguito un riassunto "grafico" di cosa sembrerebbe non consentito secondo la Regione e di cosa, forse, sembrerebbe essere consentito.