Un operatore economico impugna innanzi al Tribunale amministrativo regionale il provvedimento con il quale la Stazione appaltante ha disposto l'esclusione della società da una procedura aperta per l'affidamento triennale di servizi di accoglienza, sicurezza e accompagnamento dei clienti, nonché di altre prestazioni accessorie, da svolgersi nel settore dei trasporti, da aggiudicare in ragione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

L'operatore, in particolare, ai fini della partecipazione alla procedura, faceva ricorso allo strumento dell'avvalimento al fine di integrare, in misura sufficiente rispetto alle prescrizioni del bando, sia il requisito di capacità economico - finanziaria, che il requisito di capacità tecnica.

Tuttavia, nel corso della gara, la stazione appaltante disponeva l'esclusione del concorrente su un duplice ordine di motivi, entrambi afferenti ai contenuti del contratto di avvalimento prodotto in gara dalla ricorrente.

Con riferimento al primo profilo, quello che maggiormente interessa il presente contributo e che verte sul requisito di capacità economico - finanziaria, la Stazione appaltante rileva che il contratto di avvalimento reso dall'operatore non risulterebbe conforme all'art. 89, d.lgs. 50/2016, in quanto l'impegno dell'impresa ausiliaria si sostanzia in una dichiarazione a costituirsi fideiussore nei confronti del concorrente (impresa ausiliata) per un importo pari al 2% del valore dell'appalto a garanzia della capacità economico - finanziaria richiesta.

Il Giudice amministrativo non accoglie lo specifico motivo di ricorso e, conclusivamente, ritiene infondato il ricorso.

Nell'iter logico che contraddistingue la pronuncia, il Giudice adito osserva che la questione deve risolversi mediante la corretta comprensione della natura e dell'entità dei requisiti di partecipazione onde verificare se l'avvalimento e la connessa dichiarazione di impegno da parte dell'ausiliaria siano idonei a soddisfare i requisiti richiesti e di cui la concorrente era carente.

Il TAR muove dalla considerazione che trattasi del requisito di natura economico - finanziaria, il quale "afferisce alla solidità patrimoniale che la concorrente è chiamata a garantire, o direttamente con la sua capacità economico patrimoniale, o indirettamente, avvalendosi di quella di altra impresa (ausiliaria)".

Così definito, l'avvalimento può essere ricondotto alla figura dell'avvalimento cd. di garanzia (già esaminato recentemente in altro articolo a questo link) nel quale l'ausiliaria assolve alla funzione di garantire con le proprie risorse economiche l'impresa ausiliata, proporzionalmente al valore dell'appalto, mettendo a disposizione la complessiva capacità economico - finanziaria al fine di assicurare il buon esito della commessa.

La prospettazione offerta dal TAR muove, come già accennato, dall'interpretazione del contratto di avvalimento, del dato testuale in particolare, nel quale l’impegno è assunto dall' ausiliaria, non in misura globale e corrispondente all'intero ammontare del requisito, bensì in misura alquanto ridotta, pari al 2% del valore dell’appalto.

Da tali premesse ne discende, secondo il Giudice amministrativo, che "Il riferimento all'art. 89 del Codice dei contratti pubblici, pure contenuto nel contratto di avvalimento, non sembra poter sanare o, in qualche modo, “superare” quella che è una espressa assunzione limitata di responsabilità ... peraltro nella veste di fideiussore ex art. 1936 c.c.. Va in ogni caso sottolineato che l’art. 89, co. 5 d.lgs. n. 50/2016 prevede una responsabilità solidale fra impresa ausiliaria ed ausiliata che ha ad oggetto le “prestazioni oggetto del contratto” di appalto. Diversamente, l’art. 5 del contratto di avvalimento di cui si discute, invece, non prevede l’assunzione di una responsabilità ... in relazione all'esecuzione del contratto di appalto, ma “relativamente ai requisiti oggetto di avvalimento”. Ancora una volta, quindi, la responsabilità solidale assunta all'art. 5 del contratto non rivela che l’ausiliaria abbia inteso mettere a disposizione dell'ausiliata il complesso della propria capacità economico finanziaria. Anche perché la clausola contrattuale qui in discussione ... opera un collegamento testuale tra impegno “fideiussorio” pari al 2% del valore dell’appalto e “garanzia della capacità economico finanziaria richiesta (punto III.1.2 del bando)”.

Anche la tesi della ricorrente, secondo il TAR, non può essere accolta "Quanto all'affermazione di parte ricorrente secondo cui la fideiussione costituirebbe (soltanto) un impegno contrattuale integrativo (e collegato a quello più ampio, derivante dal contratto di avvalimento) nei confronti della S.A., detta affermazione non è condivisibile in quanto, così interpretata, la costituzione della fideiussione sarebbe priva di causa concreta, atteso che non si comprenderebbe l’utilità determinata dal costituirsi l'ausilaria garante ex art. 1936 cod. civ. dell’adempimento di una obbligazione altrui (cioè della società ricorrente) verso il creditore (vale a dire la S.A.), laddove fosse effettivamente già operante la prestazione della propria solidità finanziaria e della garanzia nella totalità, concessa nella veste di ausiliaria".

(TAR Lazio Sez. III, 22.7.2020, n. 8576)

 

Irregolarità contributiva temporanea (cd. preavviso DURC negativo): l'operatore è da escludere dalla procedura.

Il Consiglio di Stato ha recentemente acclarato che l'operatore economico destinatario di un invito alla regolarizzazione contributiva (cd. preavviso di DURC negativo) ex art. 4, co. 1, D.M. 30.1.2015, di consistente importo è da escludersi dalle procedure ad evidenza pubblica per violazione del principio sancito dall'art. 80, co. 4, d.lgs. 50/2016 e di quello di continuità del possesso dei requisiti di partecipazione.

La questione delle problematiche applicative dell'art. 80, co. 4, d.lgs. 50/2016, a seguito della modifica introdotta con il cd. DL sblocca cantieri, è stata già affrontata in questo articolo.

La controversia attiene sostanzialmente ad una procedura aperta per l'affidamento del servizio di spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti urbani ed assimilabili di un ambito di raccolta ottimale composto da 10 comuni.

All'esito del giudizio di primo grado, gli operatori secondo e terzo classificati, interponevano appello deducendo, tra l'altro, un'irregolarità del RTI aggiudicatario dell'appalto, poi sanata, insorta posteriormente alla presentazione dell'offerta.

La questione sottoposta all'esame del Supremo Consesso amministrativa riguardava, in particolare, l'omessa esclusione del RTI aggiudicatario per irregolarità contributiva temporanea di uno dei componenti occorsa in un periodo rilevante ai fini della gara ovvero dopo la scadenza del termine di presentazione dell'offerta e prima dell'aggiudicazione: la circostanza veniva in rilievo all'esito della verifica dei requisiti disposta dal R.U.P.

Condividendo le argomentazione affermate dal Tribunale amministrativo, il Consiglio di Stato ha operato un richiamo della disciplina applicabile ovvero l'art. 80, co. 4, d.lgs. 50/2016 e del principio di continuità del possesso dei requisiti di partecipazione affermando che "l’art. 80 citato stabilisce che è causa di esclusione dalla gara, l’irregolarità contributiva che abbia i due caratteri della gravità e del definitivo accertamento. Le violazioni, in virtù della medesima norma, sono da considerarsi definitivamente accertate se sono tali da impedire il rilascio del Durc".

Nel caso di specie il problema risiedeva nel fatto che una delle ditte del raggruppamento aggiudicatario era stata destinataria di un invito alla regolarizzazione, o preavviso di DURC negativo, sebbene presentavano DURC regolari per tutto il periodo rilevante ai fini della partecipazione alla gara.

La disciplina normativa è contenuta all'art. 31, co. 8, D.L. 69/2013 e s.m.i. che dispone espressamente che “ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità”.

Secondo le disposizioni sopra menzionate, l’emissione di un DURC “negativo” deve essere preceduta da un invito alla regolarizzazione, o preavviso di DURC negativo, all'impresa interessata, la quale verrà raggiunta da DURC negativo nel caso di mancato pagamento entro quindici giorni.

Il Consiglio di Stato, nel richiamare la costante giurisprudenza comunque scandita dall'Adunanza plenaria con la sentenza 29 febbraio 2016 n. 5, ha chiarito che l'impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, essendo dunque irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva; l'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo) può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa ai fini della partecipazione alla gara d'appalto.

Secondo il Consiglio di Stato "tale interpretazione sul c.d. preavviso di DURC negativo si porrebbe in linea con alcuni principi fondamentali che governano le procedure di gara: i principi di parità di trattamento e di autoresponsabilità e il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione alla gara. L’applicazione della regolarizzazione postuma finirebbe per consentire ad una impresa di partecipare alla gara senza preoccuparsi dell'esistenza a proprio carico di una irregolarità contributiva, potendo essa confidare sulla possibilità di sanare il proprio inadempimento in caso di aggiudicazione e, dunque, a seconda della convenienza. Si arriverebbe, in tal modo, a consentire all'offerente - che pur a conoscenza di una irregolarità contributiva abbia reso una dichiarazione volta ad attestare falsamente il contrario - di beneficiare di una facoltà di regolarizzazione postuma della sua posizione, andando così a sanare, non una mera irregolarità formale, ma la mancanza di un requisito sostanziale, mancanza aggravata dall'aver reso una dichiarazione oggettivamente falsa in ordine al possesso del requisito. Dunque il principio di continuità nel possesso dei requisiti (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8), che non possono essere persi dal concorrente neanche temporaneamente nel corso della procedura si pone in insuperabile contrasto con l’ammissibilità della regolarizzazione postuma in linea con la pacifica giurisprudenza in materia di già sussistente al momento della richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria n. 5/2016, ossia che nelle gare di appalto per l'aggiudicazione di contratti pubblici, i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all'aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell'esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità".

(Cons. St. Sez. V, 26.6.2020, n. 4100)


Il principio di prossimità per lo smaltimento dei rifiuti urbani non differenziati.

Con una pronuncia suscettibile di ampia discussione fra gli operatori economici del settore, il Consiglio di Stato è intervenuto a dirimere una questione di fondamentale importanza nella gestione dei rifiuti urbani non differenziati ovvero quella relativa al conferimento di tali rifiuti presso l'impianto di trattamento più vicino al luogo di raccolta.

E' bene premettere che il trattamento dei rifiuti, quale segmento della gestione complessa degli stessi, costituisce un servizio il cui affidamento non può sottrarsi alle regole dell'evidenza pubblica.

In  questo articolo ci siamo occupati dell'introduzione, sul piano della regolamentazione del settore della gestione dei rifiuti, dell'ARERA, quale Autorità indipendente.

La vicenda qui in commento trae origine dal ricorso proposto da un gestore di un impianto di trattamento di rifiuti, il quale deduce la violazione dell'obbligo da parte dell'Ente civico di smaltimento dei rifiuti urbani presso l'impianto fisicamente più vicino al luogo di produzione e raccolta, obbligo normativamente previsto in materia ambientale.

Si trattava, nel caso specifico, della scelta operata dall'ente civico di conferire la frazione indifferenziata ad un impianto posto ad una distanza di circa 17 km in più rispetto a quello più vicino al luogo di raccolta.

Il giudizio di primo grado, poi confermato dal giudice d'appello, si conclude con il rigetto del ricorso introduttivo.

Il Supremo Consesso amministrativo, ritenendo infondato il motivo centrale della questione, al fine di dirimere la controversia, opera un richiamo dell'art. 182bis del codice ambiente rubricato "principi di autosufficienza e prossimità" stabilendo che, nella gestione dei rifiuti non differenziati, il principio di prossimità è "finalizzato alla riduzione dei movimenti e trasporti dei rifiuti onde ridurre le gravose incidenze ambientali derivanti da tale attività": secondo l'autorità giudiziaria investita del caso, detto principio "impone che il trattamento dell'indifferenziato avvenga in uno degli impianti più vicini al luogo di raccolta ma non certo nell'impianto fisicamente meno distante".

La motivazione alla base dell'attenta osservazione svolta dal Consiglio di Stato è giustificata sia da ragioni pro - concorrenziali, sia per ragioni di coordinamento con altri principi, primo fra tutti quello di autosufficienza, il quale postula "l'individuazione da parte della Regione (in base a criteri dimensionali di tipo demografico e geografico) di un ambito territoriale rilevante all'interno del quale, mediante una rete integrata di impianti, possano essere smaltiti tutti i rifiuti indifferenziati nello stesso prodotti".

La pronuncia di merito consente al Consiglio di Stato di confermare, inoltre, l'orientamento giurisprudenziale prevalente relativo al ruolo assegnato dall'ordinamento giuridico alla Regione nell'ambito della gestione dei rifiuti, il cui potere è essenzialmente quello di approvare il piano, dettare direttive ed indirizzi e autorizzare ove previsto eventuali deroghe in relazione a specifici profili del settore, "dovendosi invece escludere che la regione stessa possa direttamente intervenire sugli appalti comunali".

(Cons. St. Sez. IV, 17.6.2020, n. 3895)


Perdita dei requisiti in corso di gara in ipotesi di subappalto qualificatorio: no all'esclusione automatica del concorrente.

Negli ultimi anni, la disciplina italiana degli appalti pubblici ha risentito dell'influenza della giurisprudenza comunitaria.

L'istituto che è stato interessato da tale processo è sicuramente quello del subappalto, che trova nell'art. 105, d.lgs. 50/2016, la disciplina di dettaglio.

In tale prospettiva, recentemente la giurisprudenza amministrativa ha dovuto rivedere, in funzione "correttiva", l'ambito applicativo dell'istituto ed i relativi confini alla luce della pronuncia resa dalla Corte di Giustizia dell'U.E. (Corte di Giustizia U.E. Sez. II, 30.1.2020, C-395/18) in una causa avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, vertente l’interpretazione dell’articolo 57, paragrafo 4, e dell’articolo 71, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE.

Il Supremo Consesso amministrativo, nella pronuncia in commento, ha chiarito l'ambito applicativo del cd. "subappalto necessario o qualificatorio", tema già affrontato in questo articolo.

La società appellante, nel primo grado del giudizio, deduceva che la ditta subappaltatrice “necessaria”, alla quale avevano fatto ricorso alcuni concorrenti poi risultati aggiudicatari della procedura, al fine di integrare il requisito consistente nell'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali, per una determinata categoria e classe, avesse medio tempore perso il requisito (della classe, in particolare): a ciò avrebbe dovuto conseguire la necessaria esclusione dei concorrenti.

Il Tribunale amministrativo regionale, tuttavia, respingeva la tesi difensiva.

In secondo grado, il Giudice amministrativo, nel rigettare lo specifico motivo di ricorso, si è soffermato sugli aspetti giuridici della vicenda quali la qualificazione del subappalto cd. necessario e la relativa disciplina in caso di perdita dei requisiti in corso di gara da parte del subappaltatore.

In punto di fatto, secondo l'analitica ricostruzione operata dal Giudice amministrativo, si è verificato che la ditta subappaltatrice necessaria, nel periodo compreso tra l'approvazione della graduatoria definitiva dei lotti e l'adozione da parte della stazione appaltante del provvedimento di aggiudicazione, aveva perso per regressione la classe di riferimento dell'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali.

Secondo la prospettazione dell'appellante, avendo detta società perso il requisito prima del provvedimento di aggiudicazione, le imprese concorrenti che si erano avvalse di tale operatore avrebbero dovute essere escluse stante il venir meno di un requisito soggettivo richiesto a pena di esclusione.

A sostegno del proprio operato, invece, l'Amministrazione deduceva la piena applicazione dell'art. 105, co. 12, d.lgs. 50/2016 a mente del quale "l'affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80".

In primo luogo, la decisione resa dalla quinta Sezione del Consiglio di Stato conferma l'ammissibilità nell'ordinamento giuridico dell'istituto del subappalto c.d. necessario o qualificatorio, la cui disciplina è stata ricostruita dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 9/2015; la validità del ricorso all'istituto del subappalto qualificatorio era ammissibile anche nel caso di specie in quanto previsto dalla lex specialis di gara.

Successivamente, il Giudice adito, si sofferma sulla questione centrale della vicenda ovvero se sia consentita la sostituzione di uno dei subappaltatori della terna, indicato dall'impresa concorrente al fine di procurarsi per suo tramite il requisito dell’idoneità professionale per le prestazioni oggetto del subappalto (subappalto c.d. necessario o qualificatorio), qualora il subappaltatore abbia perso in corso di gara tale requisito di partecipazione, previsto a pena di esclusione.

A ragion del Consiglio di Stato, la questione deve essere risolta in senso positivo.

A sostegno delle proprie argomentazioni, il Giudice amministrativo non condivide l'interpretazione sostenuta dalla Stazione appaltante secondo cui l'art. 105, co. 12, Codice appalti, sarebbe applicabile in via diretta anche prima della stipula del contratto poiché, secondo la prospettazione del Supremo Consesso amministrativo, " ... la proposta di aggiudicazione non consenta affatto di ritenere chiusa la fase pubblicistica di scelta del contraente né di applicare l’art. 105, comma 12. Infatti, manca ancora l’affidatario dell’appalto, in capo al quale soltanto insorgono le obbligazioni di indicazione del subappaltatore esecutore ... nonché di deposito del contratto di subappalto ... In conclusione, l’art. 105, comma 12, è norma applicabile alla fase esecutiva, non anche alla fase della procedura di gara".

Richiamando poi la recente decisione della Corte di Giustizia, 30 gennaio 2020, in causa C-395/18 (che ha ritenuto la normativa interna del subappalto non conforme al dettato eurounitario), il Consiglio di Stato ha fornito un'interpretazione conforme al principio del favor partecipationis asserendo, tramite un ragionamento analogico riferito ai motivi di esclusione ex art. 80, d.lgs. 50/2016, che "non è consentita l’esclusione automatica dell’impresa concorrente che abbia indicato un subappaltatore per il quale siano emerse in corso di gara cause di esclusione, essendo rimessa alla stazione appaltante la valutazione circa la sostituzione del subappaltatore".

Secondo quanto dedotto dal Consiglio di Stato, ne consegue che "l’interpretazione <<comunitariamente orientata>> degli artt. 80, comma 5, lett. c) e 105, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016,  ... comporta che, quando è indicata una terna di subappaltatori in sede di offerta, l’esclusione del concorrente che abbia indicato un subappaltatore privo dei requisiti o della qualificazione per eseguire la prestazione da subappaltare non è automatica, anche qualora si tratti di subappalto c.d. necessario o qualificatorio ... Pertanto, è rimesso alla stazione appaltante consentire la sostituzione del subappaltatore, a maggior ragione quando gli altri subappaltatori indicati nella terna abbiano requisiti e qualificazione".

L'esclusione, infine, del concorrente, secondo l'autorevole ragionamento operato dal Consiglio di Stato "avrebbe dovuto essere disposta dalla stazione appaltante soltanto nel caso in cui uno dei subappaltatori indicati non avesse avuto i requisiti ab initio ... poiché già così intesa la disposizione è di dubbia legittimità (ove se ne tragga il corollario dell’automatismo di tale esclusione), essa non può certo essere interpretata nel senso di estendere la sanzione dell’esclusione (automatica) al caso in cui il subappaltatore abbia perso tale requisito in corso di gara".

(Cons. St. Sez. V, 4.6.2020, n. 3504).


L'indicazione separata dei costi della manodopera ex art. 95, co. 10, d.lgs. 50/2016 e le migliorie.

Nell'ambito di una procedura di gara per la realizzazione di un'importante struttura sanitaria di notevole interesse economico -da aggiudicarsi secondo il criterio dell'offerta economica più vantaggiosa sotto il triplice profilo tecnico, temporale ed economico-, l'operatore secondo classificato ha impugnato i provvedimenti di aggiudicazione in favore di altro concorrente deducendo una serie di motivi, tra cui, la violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs n. 50/2016.

Si tratta, come condivisibilmente ha dedotto il Consiglio di Stato, della previsione del Codice appalti la cui ratio è quella di consentire alla stazione appaltante, in un’ottica acceleratoria e di massima tutela e protezione dei lavoratori, di procedere alla verifica della congruità del costo della manodopera proposto dai concorrenti in base alle previsioni contenute nelle tabelle ministeriali e nei contratti collettivi applicabili.

In particolare, la contestazione operata in giudizio è fondata sul fatto che i costi della manodopera relativi alle migliorie proposte nell'ambito dell’offerta tecnica sarebbero stati esplicitati dall’aggiudicataria solo in sede di verifica dell’anomalia, e non invece indicati nel modulo dell’offerta economica alla voce “costi della manodopera”.

Il primo giudice, respinte le ulteriori censure, annullava tanto l’atto di ammissione alla gara del Rti ricorrente, quanto la declaratoria di congruità dell’offerta dell'operatore primo classificato e la consequenziale aggiudicazione, facendo salva sul punto la successiva riedizione del potere da parte della stazione appaltante.

Il giudice d'appello, nel riformare la sentenza impugnata, ha operato una ricostruzione puntuale della fattispecie normativa, rilevando l'errore logico e giuridico commesso dalla parte ricorrente nel ritenere violata la prescrizione di cui all'art. 95, co. 10, Codice appalti, ovvero quello di attrarre la fattispecie all'esame nel genus casistico dell’omessa indicazione o della non consentita variazione del costo della manodopera.

Rileva, il Supremo Consesso amministrativo, che il tratto peculiare che connota in senso distintivo il caso in oggetto dalle fattispecie chiamate a raffronto è rappresentato dal fatto che i costi del lavoro di cui qui si discute afferiscono ad interventi di miglioria e che gli stessi costi sono stati autonomamente considerati e contabilizzati dall'offerente ab initio, sia pure in una distinta parte dell’offerta poiché ricomprese nelle spese generali.

Secondo il Giudice amministrativo, quindi, "la mancata inclusione nel costo complessivo della manodopera dei costi del lavoro relativi alle sole opere di miglioria ed il loro inserimento nelle spese attinenti" non costituisce violazione della disposizione di cui all'art. 95, co. 10, d.lgs. 50/2016 e della lex specialis di gara poiché  l’art 95, comma 10, Codice appalti, impone all’operatore di  indicare nell'offerta economica “i propri costi della manodopera”, senza risolvere i dubbi concernenti la portata di tale indicazione, poiché non chiarisce se tale formulazione debba intendersi riferita anche alla componente dei costi relativi agli interventi migliorativi, da includersi necessariamente nella voce unitaria dei costi del lavoro dell’offerta economica.

Nel caso di specie, dunque, tanto la lex specialis, quanto la ratio dell’art. 95, co. 10, d.lgs. 50/2016, potevano legittimamente indurre a ritenere che "gli oneri della manodopera per l’esecuzione degli interventi migliorativi, esclusi dal progetto a base di gara, non dovessero essere indicati specificatamente nel modulo dell’offerta economica".

(Consiglio di Stato Sez. III, 5.6.2020, n. 3573)

 


La legittimazione ad agire degli enti collettivi nelle procedure d'appalto: un nuovo stop dal Consiglio di Stato.

Nel giudizio promosso per l'annullamento delle clausole di un bando di gara da parte dell'ente collettivo rappresentativo degli operatori edili, il Consiglio di Stato, riformando la pronuncia resa in primo grado, ha escluso la legittimazione ad agire dell'ente che tutela gli interessi collettivi e della sua articolazione locale.

In particolare, il Supremo Consesso amministrativo, nell'ambito di un giudizio promosso con ricorso collettivo da parte di un'associazione nazionale rappresentativa degli operatori edili e della sezione locale della medesima associazione, nonché da alcuni operatori del settore che contestavano alcune clausole del bando e del disciplinare di gara di una procedura di affidamento di lavori (inerenti, in particolare, i criteri di valutazione delle offerte tecniche ed alcuni oneri "indebiti"), ha ricostruito in maniera puntuale la questione della legittimazione degli enti collettivi ad agire nel giudizio di impugnazione davanti agli organi della giurisdizione amministrativa,

Si tratta di una pronuncia che fa seguito a quella dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 20 febbraio 2020, n. 6.

Il Giudice d'appello, in coerenza proprio con la sentenza dell'Adunanza plenaria, ha precisato che "l’interesse collettivo è dunque distinto in termini sostanziali da quello individuale ... La distinzione sta nel fatto di riferirsi a beni e utilità non appropriabili dal singolo, e senza che un singolo si trovi – rispetto a quei beni - in posizione differenziata rispetto al quisque de populo: perciò questo interesse è chiamato interesse adespota. L’interesse collettivo nasce dalla possibilità di imputazione della sua cura a figure collettive ...".

Nel caso sottoposto all'esame del Consiglio di Stato, per configurare un interesse per sua natura imputabile all'ente collettivo non è è sufficiente "un semplice rapporto di coerenza tra l'interesse individuale e quello fatto valere dall'ente collettivo" bensì è necessario " ... che vi sia comunque un interesse qualificabile come adespota, cioè non appropriabile dal singolo, ma diffuso presso i soggetti che compongono la collettività, e che solo attraverso la sua aggregazione in capo a un ente esponenziale possa emergere come autentico interesse legittimo e su quel sostrato si possa azionare una sua tutela, anche in giudizio ... E’ inoltre necessario che l’azione dell’ente collettivo non si ponga in conflitto con gli interessi dei singoli appartenenti alla categoria".

Nell'interesse a contestare l’eccessiva onerosità di un contratto pubblico, a causa di clausole del bando di gara in grado di porre a carico dell’operatore economico oneri aggiuntivi e non pertinenti con l’oggetto dei lavori da affidare o contributi per servizi di committenza contrari alla legge, il giudice d'appello non ha ravvisato le caratteristiche proprie di tale interesse diffuso.

La tesi espressa dal Consiglio di Stato è così riassunta: "l’interesse alla convenienza economica di un contratto è infatti riferibile al singolo operatore e di esso non è data una dimensione collettiva ulteriore alla sfera di quest’ultimo. Si tratta più precisamente di un interesse individuale, strettamente inerente a quello di lucro proprio dell’impresa".

Per tale ragione, conclude la pronuncia, l'associazione non è titolata ad impugnare le clausole del bando di gara relative ai criteri della valutazione delle offerte e del corrispettivo posto a carico dell’aggiudicatario per i servizi di committenza poiché trattasi "di interessi riferibili alla singola impresa, che solo la stessa è pertanto legittimata uti singulus a fare valere in giudizio".

(Consiglio di Stato Sez. V, 19.5.2020, n. 3173)

 

 

 

 


Il giudizio di anomalia dell'offerta ex art. 97 Codice appalti: l'obiettivo è verificare la serietà dell'offerta.

Il sub procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta non assolve allo sopo di "far quadrare i conti" bensì a quello di verificare la serietà dell'offerta formulata dal concorrente in sede di partecipazione.

E' quanto stabilito dal Giudice amministrativo in una recente pronuncia concernente l'aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi.

Sono numerosi i profili controversi relativi al tema della valutazione delle offerte anormalmente basse di cui all'art. 97 del d.lgs. 50/2016 e s.m.i., specie allorquando la procedura ad evidenza pubblica prevede il criterio di scelta dell'operatore secondo il prezzo più basso.

Nel caso esaminato dal Giudice amministrativo, un'operatore ha impugnato la determinazione con la quale l'Amministrazione, all'esito dell'iter istruttorio di verifica dell'anomalia dell'offerta, ha disposto l'esclusione del concorrente per aver sostanzialmente proceduto ad una rideterminazione del piano economico - finanziario dell'appalto di igiene urbana.

Il Tribunale salentino, quindi, acclarando il corretto operato svolto dall'Ente civico, ha richiamato il pacifico principio secondo il quale "il G.A. può sindacare le valutazioni dell'Amministrazione solo sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell'istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci, perché ciò rappresenta un'inammissibile invasione della sfera propria dell'Amministrazione".

Sulle possibili variazioni che l'operatore può apportare in sede di contraddittorio procedimentale, il Giudice amministrativo ha specificato che il giudizio di anomalia postula un apprezzamento globale circa l'affidabilità dell'offerta nel complesso; pertanto, è consentito all'operatore di apportare solo ed esclusivamente delle compensazioni tra sottostime e sovrastime limitatamente ad alcune voci dell’offerta economica stante il principio generale di immodificabilità dell'offerta.

In altre parole, secondo il TAR, il principio che governa l'iter di verifica dell'anomalia dell'offerta può così sintetizzarsi "... tale operazione non deve essere tale da determinare una modifica strutturale dell’originaria offerta economica, sì da alterarne l’originario equilibrio, diversamente verificandosi una violazione della par condicio competitorum, posto che il concorrente ammesso a giustificazioni si gioverebbe di una sostanziale modifica dell’originario piano economico-finanziario, al di fuori di qualsivoglia confronto competitivo con le altre imprese partecipanti alla gara".

Ad ulteriore conferma del principio innanzi espresso si ritiene che "il sub procedimento di verifica dell’anomalia non ha quale obiettivo la riparametrazione dell’offerta alla luce delle sollecitazioni provenienti dalla stazione appaltante, ma quello di verificare la serietà dell’offerta già formulata, pena la palese violazione del principio della par condicio tra i concorrenti".

I presupposti che il TAR ritiene validamente applicabili nella fase di verifica della congruità possono così sintetizzarsi:

  1. vige il principio di immodificabilità dell'offerta;
  2. la modifica delle singole voci è ammissibile solo per sopravvenienze di fatto o normative;
  3. non è consentito operare al solo scopo di "far quadrare i conti".

(TAR Puglia Lecce Sez. II, 4.5.2020, n. 494)


Calcolo dell'anomalia delle offerte ammesse art. 97: il Consiglio di Stato conferma che il decremento è tra valori assoluti.

Con una recente sentenza il Consiglio di Stato ha acclarato che il decremento di calcolo di cui all'art. 97, comma 2, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016, è da intendersi tra valori assoluti e non percentuali.

La questione risulta tutt'ora controversa, nonostante l'indirizzo maggioritario propende per l'interpretazione dell’art. 97, comma 2, lett. d), del codice dei contratti pubblici (recante appunto l’operazione conclusiva da svolgere per determinare in via automatica la soglia di anomalia delle procedure di affidamento da aggiudicare secondo il criterio del prezzo più basso, ai sensi del comma 8 della medesima disposizione) in conformità dei chiarimenti resi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con  la circolare n. 8 del 24 ottobre 2019 aventi la finalità di fornire alle stazioni appaltanti indicazioni e modalità operative relativamente alle modalità di calcolo per l’individuazione della soglia di anomalia nei casi di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso.

Il Supremo Consesso amministrativo, con la pronuncia n. 2856 del 6.5.2020, dopo una ricostruzione analitica delle fasi in cui il calcolo della soglia di anomalia si deve sviluppare, si sofferma su una ricostruzione puntuale dell'operazione prevista dalla lettera d) del citato articolo: in essa la somma tra la media dei ribassi e lo scarto medio aritmetico ottenuta in base alla precedente lettera c) deve essere decrementata di un fattore correttivo, dato da "un valore percentuale pari al prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lettera a) applicato allo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b)".

L'Organo giudicante ha acclarato la correttezza del calcolo eseguito dall'Ente comunale il quale "ha applicato quale valore correttivo ai sensi della lettera da ultimo richiamata, quello di 0,195, che per quanto esposto finora è già un «valore percentuale» in base alla medesima lettera, omogeneo alla somma della media dei ribassi con lo scarto medio aritmetico medio che va a decrementare" stabilendo espressamente che "la disposizione ora richiamata impone quindi di riprendere la somma dei ribassi già calcolata ai sensi della lettera a) e di moltiplicare tra loro le prime due cifre dopo la virgola di tale somma; il prodotto così ottenuto va applicato allo scarto medio aritmetico a sua volta già calcolato in base alla lettera b); del valore così ottenuto va infine decrementata la soglia determinata dalla somma prevista dalla lettera c) tra la media dei ribassi e lo scarto medio aritmetico".

Secondo il Giudice adito "tutti i valori ottenuti attraverso le operazioni previste dall’art. 97, comma 2, del codice dei contratti pubblici consistono del resto in percentuali rispetto alla base d’asta: - a partire dalla media dei ribassi percentuali prevista dalla lettera a); - per proseguire con lo scarto medio aritmetico dei medesimi ribassi di cui alla lettera b), pari al differenziale medio di quelli superiori alla media; - quindi, evidentemente, la somma della media dei ribassi con lo scarto medio aritmetico ai sensi della lettera c); - e per finire al valore ottenuto, secondo quanto dispone la lettera d), applicando il prodotto delle prime due cifre della somma dei ribassi allo scarto medio aritmetico, ovvero ad un valore già espresso in percentuale, di cui deve essere decrementata la somma della media dei ribassi con lo scarto medio aritmetico".

(Consiglio di Stato Sez. V, 6.5.2020, n. 2856)

 


Calcolo dell'anomalia in caso di numero offerte ammesse pari o superiore a 15: il decremento è tra valori assoluti.

 

L’art. 97, co. 2, d.lgs. n. 50/2016, recante la disciplina delle offerte anormalmente basse, ha sancito che negli appalti da aggiudicarsi col criterio del prezzo più basso, qualora il numero delle offerte ammesse è pari o superiore a 15, la congruità delle offerte è valutata sulla scorta di quelle che presentano un ribasso pari o superiore ad una soglia di anomalia determinata secondo un preciso algoritmo.

Il legislatore, al fine di scongiurare che i concorrenti possano ex ante calcolare il valore della medesima soglia ovvero condizionare la determinazione del valore mediante quella che è comunemente definita “offerta di appoggio”, ha introdotto un'articolata procedura di calcolo.

Il punto della discordia tra gli operatori del settore è rappresentato dalla determinazione del valore di cui alla lett. d) del citato articolo 97 ovvero "la soglia calcolata alla lettera c) viene decrementata di un valore percentuale pari al prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lettera a) applicato allo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b)".

Con una recente sentenza, il TAR Calabria, chiamato a dirimere una controversia nell'ambito della quale si contrapponeva la tesi dell'interpretazione della determinazione della soglia di anomalia mediante decremento di un valore “percentuale" a quella del decremento di un valore “assoluto”, ha privilegiato l'interpretazione che fa leva sulla determinazione della soglia di anomalia dell’offerta ove effettuata in conformità alla circolare emanata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti secondo il quale il decremento è da operarsi in termini assoluti.

Si tratta di una questione ancora controversa, nonostante la pubblicazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della circolare ministeriale n. 8 del 24.10.2019, adottata al fine di risolvere i problemi applicativi derivanti dall’art. 95, d.lgs. n. 50/2016, ed assicurare uniformità ed omogeneità dei comportamenti.

(TAR Calabria Sez. I, 24.2.2020, n. 341)