Formazione - Legal Team a Colico

Gli Avv.ti Rosamaria Berloco  e Aurora Donato, su invito dell'associazione Anutel, che si ringrazia, con la collaborazione dell'Amministrazione comunale, hanno tenuto un seminario formativo dal titolo "L'affidamento dei contratti pubblici tra nuovo codice e soft law" a Colico (LC).

Si è discusso delle norme vigenti, delle modifiche ad opera del Correttivo, delle linee guida ANAC, dei decreti attuativi sino ad oggi emanati e di temi salienti, come la programmazione e la qualificazione degli operatori economici e il confronto con i partecipanti è stato stimolante.


Mancanza di dati rimorchio in carta di circolazione: ostacolo allo sviluppo del mercato sui dispositivi di traino

L'Antitrust invita il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a prevedere l'obbligo di inserire nella carta di circolazione i dati relativi alla massa massima a rimorchio tecnicamente ammissibile.

La questione nasce da una segnalazione relativa ad ostacoli all’accesso presenti sul mercato dell’installazione e commercializzazione dei dispositivi di traino (ganci di traino e portamoto), ritenuta di rilievo dall'AGCM sulla scorta dei seguenti dati normativi:

  1. l’art. 63 del D.Lgs. n. 285/1992, prevede che " (...) La solidità dell'attacco, le modalità del raino, la condotta e le cautele di guida devono rispondere alle esigenze di sicurezza della circolazione. […] Nel regolamento sono stabiliti i criteri per la determinazione della massa limite rimorchiabile, nonché le modalità e procedure per l'agganciamento";
  2. l’art. 219 del d.P.R. n. 495/1992 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada), stabilisce che "il valore massimo ammissibile della massa rimorchiabile, nonché le modalità e le procedure per l'agganciamento dei rimorchi sono stabiliti nell'appendice III al presente titolo";
  3. il D.M. dei trasporti e della navigazione 14 febbraio 2000, relativo ai documenti di immatricolazione veicoli, ha previsto che "il Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero dei trasporti e della navigazione, in sede di immatricolazione dei veicoli di cui all’articolo 2, rilascia una carta di circolazione […]. I dati di tutti i veicoli immatricolati sono registrati elettronicamente. Tali dati comprendono: a) tutti gli elementi obbligatori di cui al punto II.5 dell’allegato I […] b) altri dati non obbligatori elencati nell’allegato I (…) ove possibile";
  4. nell’allegato I, punto VI, è previsto che la carta di circolazione possa riportare i dati relativi alla «(O) massa massima a rimorchio tecnicamente ammissibile: rimorchio (O.1) rimorchio frenato (Kg) (O.2) rimorchio non frenato (Kg)».

Il fatto che tali dati, essenziali per garantire la corretta applicazione dei dispositivi di traino e la conformità del veicolo alle norme del codice della strada, sfuggano alla previsione di obbligatorietà relativa all'inserimento nella carta di circolazione, implica naturalmente che gli stessi siano soggetti alla discrezionalità del produttore del veicolo, il quale in alcuni casi non li inserirebbe nella carta di circolazione.

Ai sensi dell’art. 236 del Regolamento di attuazione del Codice della Strada, infatti, ogni modifica riguardante la massa massima rimorchiabile è subordinata al rilascio, da parte della casa costruttrice del veicolo, di apposito nulla osta.

Dunque, in assenza di tali dati nella carta di circolazione, la possibilità di installare un dispositivo di traino è soggetta al rilascio di un nulla osta da parte del produttore del veicolo, il quale potrebbe essere incentivato a concederlo in maniera preferenziale alla propria rete di officine al fine di favorire l’installazione dei dispositivi di traino di propria produzione.

Ad avviso dell'Authority, ciò comporterebbe l’effetto di ostacolare l’operatività dei produttori e installatori di dispositivi di traino indipendenti, a detrimento dello sviluppo competitivo del relativo mercato.

Sulla base di tanto, l'AGCM invita il MIT a includere i dati relativi alla massa massima a rimorchio (ora riportati nella lettera “O” dell’allegato I del D.M. 14 febbraio 2000) tra i dati da riportare obbligatoriamente nella carta di circolazione.

(AGCM, Segnalazione del 31/01/2018, AS1472)


Illegittimo il bando che non individua i costi di manodopera

Una cooperativa porta innanzi al Tar due questioni di attualità.

Da un lato, l'applicazione dell'art. 95, comma 10 bis, c. app., e, dall'altro, l'individuazione da parte della SA nei documenti posti a base di gara dei costi di manodopera.

In particolare, la ricorrente impugna un bando di gara a procedura aperta per l’affidamento di servizi da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, poiché la lex specialis avrebbe indicato la ripartizione del punteggio tra progetto e prezzo in 60/100 per il progetto e in 40/100 per il prezzo, lamentando, in secondo luogo, la mancata individuazione di costi della manodopera nei documenti di gara in violazione dell'art. 23, comma 16, c. app. a mente del quale "Nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, al fine di determinare l'importo posto a base di gara, individua nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla base di quanto previsto nel presente comma".

Il Collegio, nel ritenere il ricorso manifestamente fondato, e tale da essere definito con sentenza semplificata, osserva che:

(i) è contraria alla previsione di cui al comma 10 bis dell’art. 95 del c. app., introdotto dal correttivo, che impone alla SA di stabilire un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30%, la clausola con cui la SA prevede di attribuire al punteggio economico un rilievo del 40%.

(ii) è illegittimo il bando che non individua i costi della manodopera sulla base di quanto previsto dall’art. 23, comma 16, del c. app., e cioè in base al costo del lavoro annualmente determinato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali a mezzo di apposite tabelle, in mancanza delle quali trova applicazione l’art. 216, comma 4, Codice, secondo cui, sino all’adozione delle menzionate tabelle, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali già emanati in materia.

(Tar Sicilia Catania, Sez. III, 29/01/2018, n. 227)

 

 

 


Terna: obbligatoria nel subappalto necessario

Una recente sentenza del Tar Liguria conferma il principio per cui l'indicazione della terna sia obbligatoria esclusivamente nel caso di subappalto necessario e non già nel caso di subappalto facoltativo.

Nei fatti, la seconda classificata ad una gara per fornitura, progettazione, posa in opera e messa in esercizio del planetario del Museo navale di Imperia, impugna l’aggiudicazione in favore della prima poiché a suo dire avrebbe strutturato la propria offerta sulla base di una serie di prestazioni che avrebbero configurato un subappalto senza, però, farne espressa menzione e senza indicare la terna di subappaltatori come previsto dall’art. 105 del c. app..

Ad avviso del Tar, se l’aggiudicataria possiede i requisiti per lo svolgimento dell’appalto, la mancata preventiva indicazione del nominativo del subappaltatore non costituisce causa di legittima esclusione.

Sotto altro profilo, il Collegio precisa che è ammesso il soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione del subappaltatore necessario.

(Tar Liguria Genova, Sez. II, 6/02/2018, n. 112)


Illecito antitrust: causa di esclusione dalla gara?

Nell’ambito di una procedura negoziata, la SA aggiudica l’appalto a una società che era stata sanzionata dall’AGCM per comportamenti anticoncorrenziali di particolare gravità.

La società, infatti, era stata ritenuta responsabile di una pratica concordata restrittiva della concorrenza avente ad oggetto il condizionamento degli esiti di una gara indetta da Consip.

Il secondo classificato alla procedura impugna l’aggiudicazione in favore di tale società perché, a suo dire, la stessa avrebbe dovuto essere esclusa per illecito professionale in ragione del provvedimento antitrust.

Secondo il Collegio, il nuovo codice appalti ha individuato una nozione di illecito professionale che abbraccia molteplici fattispecie e, quindi, include condotte che intervengono non solo in fase di esecuzione contrattuale ma anche in fase di gara; la disposizione, infatti, disegna una fattispecie aperta indicando un elenco dalla chiara natura esemplificativa e non tassativa, rimettendo alle SA la possibilità di individuare altre ipotesi.

Ciò è confermato dall’utilizzo dell’espressione “tra questi rientrano” (art. 80, comma 5: Tra questi rientrano: (…) il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione (…)).

Questa interpretazione è stata condivisa anche dall’ANAC che, con le Linee Guida n. 6, non vincolanti, ha individuato ulteriori casi di esclusione rispetto a quelli individuati dal codice quali “gli illeciti antitrust definitivamente accertati”.

A ciò si aggiunga anche che è la stessa norma a fare riferimento a comportamenti ricadenti nella fase di scelta del contraente, volte ad influenzare indebitamente il processo decisionale della SA, mediante l’alterazione del meccanismo di gara posto a garanzia della concorrenza.

In conclusione, ad avviso del Tar, acclarato che l’illecito anticoncorrenziale rientra tra le ipotesi escludenti, la SA è tenuta a valutare concretamente l’incidenza dei fatti sulla gara, a prescindere dalla definitività del provvedimento.

(Tar Lazio Roma, Sez. I, 31/01/2018, n. 1119)


Diretta streaming Legal Team sull'avvalimento della certificazione di qualità

Avvalimento della certificazione di qualità tra ANAC e giurisprudenza.

Legal Team - con gli Avv. Aurora Donato e Avv. Pietro Falcicchio – ne parlerà in diretta streaming nel gruppo Gare e Appalti Group by Made Appalti rispondendo alle domande degli operatori sul tema.

Si può partecipare iscrivendosi al gruppo e collegandosi giovedì 1 febbraio 2018 alle ore 19.00.


Aumento costi causa covid-19 e anticipazione del prezzo negli appalti pubblici tra facoltà della stazione appaltante e “vorrei ma non posso” del Legislatore.

Avvalimento e attestazione SOA

In una gara di appalto di lavori, la lettera di invito richiede quale requisito speciale di partecipazione l’attestazione SOA riferita alla categoria OS24, class. I.

Un’impresa dimostra il predetto requisito facendo ricorso all’avvalimento con stipulazione di apposito contratto con un’impresa ausiliaria prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte e viene esclusa per mancato possesso di SOA riferita alla categoria OS24, class. I, richiesto dalla lettera di invito (requisito speciale di partecipazione).

Esclusione illegittima ad avviso del TAR, che sottolinea come l'ambito applicativo dell'istituto dell'avvalimento è limitato ai requisiti oggettivi di ordine speciale, economico - finanziari e tecnico – organizzativi; non potendo avere ad oggetto requisiti soggettivi di moralità e onorabilità professionale.

È pertanto ammissibile l'avvalimento in relazione alla certificazione SOA, purché sia effettivo e non astratto; dal contratto deve infatti risultare l'impegno dell'impresa ausiliaria a prestare le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l'attribuzione del requisito di qualità.

Quanto al fatto che la lettera di invito richiedesse il possesso della SOA come condizione di partecipazione, il TAR puntualizza che la fase di prequalifica costituisce una fase preliminare, prodromica alla gara vera e propria, mediante la quale la SA si limita a verificare la disponibilità del mercato e, quindi, ad individuare la platea dei potenziali concorrenti da invitare alla procedura, mentre solo in fase di presentazione delle offerte è necessario provare in concreto la sussistenza dei requisiti di ordine generale e speciale in capo ai soggetti invitati.

Il Collegio accoglie il ricorso e dispone il subentro nel contratto.

(Tar Campania Napoli, 24/01/2018, n. 481)


Revoca dell'aggiudicazione. La cauzione non va escussa.

Un’impresa si aggiudica un appalto di lavori con tempi di esecuzione ristretti: 120 giorni.

SA e impresa sottoscrivono il verbale di consegna dei lavori, pur in assenza di sottoscrizione del contratto; in questo verbale, la SA specifica di essere in attesa della documentazione tecnica relativa al controllo dei materiali da impiegare, del cronoprogramma, del POS e del piano sostitutivo di sicurezza dando termine di 5 giorni per la produzione.

L’impresa però non produce i documenti e la SA notifica l’ordine di servizio n. 1 reiterando la richiesta. Segue un secondo successivo ordine di servizio con ulteriore sollecito. L’impresa produce la documentazione in ritardo, peraltro incompleta.

La SA avvia il procedimento di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione e adotta il provvedimento di revoca ex art. 21 quinquies della l. n. 241/1990  disponendo anche l’escussione della cauzione definitiva.

L’impresa agisce innanzi al Tar.

Ad avviso del Collegio il ricorso è solo parzialmente fondato.

In primo luogo, la comunicazione di avvio del procedimento reca lo specifico riferimento al motivo dell’autotutela, ossia il mancato adempimento degli ordini di servizio adottati dalla SA. Lo strumento della revoca ex art. 21 quinquies della l. n. 241/1990 è stato correttamente utilizzato, non essendo stato stipulato il contratto di appalto.

Sulla “illegittimità” della consegna anticipata dei lavori, il TAR rileva che l’impresa si era impegnata, ricevendo la consegna anticipata dei lavori e senza esprimere riserve, ad effettuare quanto necessario per il rapido avvio del cantiere.

Il provvedimento di revoca appare giustificato, dato che la ricorrente non ha dimostrato il necessario affidamento per la rapida esecuzione dell’appalto. Il POS andava infatti consegnato entro 30 giorni dall’aggiudicazione come previsto dal CSA, mentre è stato consegnato con ritardo in forma gravemente incompleta.

Sulla cauzione il Tar condivide le lamentele dell’impresa: l’articolo 103, comma 2, del c.app., prevede che le SA si valgono della cauzione definitiva in caso di risoluzione del contratto in danno dell’aggiudicataria e possono incamerarla per l’inadempimento della medesima. L’escussione della cauzione definitiva riguarda, dunque, la fase successiva alla stipula del contratto.

La SA ha citato alcuni precedenti giurisprudenziali ove la risoluzione per inadempimento, con l’escussione della cauzione, è stata ritenuta legittima in assenza di contratto (Cons. Stato, VI, 6 giugno 2013, n. 3320).

Ad avviso del Tar, nel caso in esame è stato esplicitamente utilizzato lo strumento della revoca ex art. 21 quinquies per motivi di interesse pubblico che, al di là degli inadempimenti contestati alla ricorrente, appare incompatibile con l’escussione della garanzia definitiva.

(Tar Marche Ancona, Sez. I, 12/01/2018, n. 37)


No al silenzio-assenso per l’installazione di cartelloni pubblicitari

Sanzionata per abusiva installazione di cartelli pubblicitari, la ditta si oppone deducendo di aver richiesto il permesso per l’installazione degli impianti e che sull’istanza si era formato il silenzio assenso.

Il ricorso viene rigettato.

Per la Cassazione l’installazione di impianti pubblicitari è soggetta ad un provvedimento autorizzatorio da parte del Comune, come si evince dal chiaro tenore letterale degli artt. 3, comma 3, del d.lgs. 507/1993 e dall’art. 23, comma 4, del codice della strada, d.lgs. 285/1992.

Nel richiedere un provvedimento espresso per l’autorizzazione dell’attività di affissione, quest’ultima norma demanda alla P.A. un preciso onere di verifica circa le condizioni e i presupposti per lo svolgimento di essa.

Il meccanismo del silenzio-assenso ad opera di fonti secondarie, non è applicabile nel caso di provvedimenti in materia della pubblica sicurezza, quale è quello in questione.

In tema di illecito amministrativo, l’inevitabilità dell’ignoranza del precetto violato va apprezzata anche alla luce della conoscenza e dell’obbligo di conoscenza delle leggi che grava sull’agente in relazione alle sue qualità professionali e al suo dovere di informazione sulle norme e sulla relativa interpretazione.

(Cass. civ., Sez. VI, ord. 9/01/2018, n. 288)


CEL: l’impresa che ne sia in possesso può attestare il requisito

Gara per l’affidamento di lavori di risanamento e messa in sicurezza di edifici scolastici.

Il bando prevede, per la categoria scorporabile e non subappaltabile OS7 per € 66.419,29, che l’impresa singola potrà eseguire tali lavorazioni se in possesso dei relativi requisiti di qualificazione.

Il ricorso al TAR

La seconda classificata agisce in giudizio denunciando che l’aggiudicataria aveva dichiarato di possedere il requisito di qualificazione nella categoria OS7 al momento della presentazione della domanda, ma aveva poi presentato una documentazione per un ammontare di lavori eseguiti in detta categoria inferiore a quello stabilito dal bando.

La SA resiste rilevando che l’aggiudicataria aveva, in sede di soccorso istruttorio, presentato altri due certificati di esecuzione dei lavori, che attestavano l’importo richiesto dalla lex specialis.

In primo grado, il ricorso viene rigettato poiché, secondo il Tar, il CEL – Certificato esecuzione lavori - presentato dall’aggiudicataria in sede di soccorso istruttorio, sebbene avente data successiva a quella di presentazione della domanda di partecipazione, si riferiva a lavori conclusi prima della presentazione della domanda.

Con la conseguenza che poteva ben dirsi che il requisito (esperienziale) richiesto dal bando era già maturato prima della partecipazione alla procedura.

L'appello al Consiglio di Stato

La seconda classificata impugna la sentenza sostenendo che, ai fini della individuazione del momento in cui l’impresa aveva acquisito il requisito di partecipazione, rilevava non già la data di completamento dei lavori, come ritenuto dal Tar, ma quella di rilascio del CEL che dimostrava non solo la mera esecuzione dei lavori, ma propriamente il fatto che gli stessi erano stati eseguiti correttamente. In assenza di tale certificazione, i lavori, non potevano essere utilizzati e “spesi” come requisito di partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica.

Ad avviso del Consiglio di Stato, all’esercizio del potere di soccorso istruttorio da parte della SA è seguito, non una mera specificazione della domanda di partecipazione, con l’indicazione della quota parte dei lavori già elencati riferita alla categoria OS7, ma una vera e propria integrazione della stessa, con l’introduzione di un requisito mancante, rappresentato dai lavori non dichiarati in precedenza.

L’aggiudicataria non ha dichiarato, nella domanda di partecipazione, di aver eseguito lavori di categoria OS7, pertanto, legittimamente la SA ha richiesto di precisare la sua dichiarazione comprovando l’esecuzione dei lavori relativi alla categoria OS7 con gli importi previsti nel bando di gara.

A detta richiesta, l’aggiudicataria ha risposto producendo un ulteriore CEL che, insieme a quello presentato unitamente alla domanda di partecipazione, consentiva all’aggiudicataria di raggiungere l’importo richiesto dal bando.

E però, il CEL prodotto da ultimo si riferisce a lavori che non erano stati indicati nell’elenco redatto all’interno della domanda di partecipazione; la aggiudicataria ha quindi dichiarato lavori utili ad integrare il requisito tecnico – professionale richiesto dal bando solo all’esito dell’attività di soccorso istruttorio.

Per questa condotta l’impresa andava esclusa, essendo preclusa l’integrazione della domanda di partecipazione in esito del soccorso istruttorio.

L’appello è fondato anche per un altro motivo.

Il CEL prodotto in sede di soccorso si riferiva a lavori eseguiti prima della domanda di partecipazione, ma il certificato era datato in un momento successivo alla presentazione della domanda.

Secondo il Consiglio di Stato, solamente l’impresa che sia in possesso, al momento della presentazione della domanda, del CEL può dichiarare il possesso del requisito, poiché solo attraverso tale certificazione si è in grado di comprovarlo.

Dunque, il requisito dell’esecuzione dei lavori coincide con quello del possesso del Certificato di esecuzione dei lavori.

La lettura degli art. 86, comma 5 bis, c. app., art. 79, comma 6, e 83, comma 4, d.p.r. 207/2010, portano ad affermare che l’impresa acquisisce il requisito tecnico organizzativo, costituito dall’aver svolto lavori per un certo importo in una certa categoria, col rilascio del Certificato di esecuzione lavori poiché in esso si dà atto dell’avvenuta esecuzione in maniera regolare e con buon esito dei lavori, nonché del risultato delle contestazioni reciprocamente mosse dalle parti contrattuali in seguito all’esecuzione dei lavori.

Indi, l’impresa aggiudicataria che alla data di presentazione della domanda aveva contabilizzato i lavori, ma non ottenuto ancora il Certificato di esecuzione dei lavori, non era, pertanto, in possesso del requisito richiesto dal bando, onde non poteva essere ammessa alla procedura.

(Cons. St., Sez. V, 28/12/2017, n. 6135)